La discussione in Senato
Oggi in Senato si è consumata la rottura della maggioranza Lega-5 Stelle. La mozione No-Tav del M5S è stata respinta, grazie ai voti contrari dell’alleato leghista, mentre sono state approvate tutte le mozioni Pro-Tav, compresa quella del Partito Democratico, il cui segretario Nicola Zingaretti, ha immediatamente chiesto al Premier Conte di recarsi al Colle per rassegnare le dimissioni, certificando così la fine del “governo del cambiamento” basato sul contratto, che prevedeva la “ridiscussione integrale del progetto con la Francia”. Il ministro Toninelli però non sembra essere preoccupato, nonostante il parlamento e parte della maggioranza di governo abbia sostanzialmente ignorato la posizione del Ministero dei trasporti. Insomma, dopo aver mandato giù dei bocconi amari (Renzi li ha definiti, testualmente, “cucchiaini di merda”) tra cui il Decreto Sicurezza bis, il Movimento ha deciso di manifestare per una volta coerenza su uno dei suoi temi storici, perdendo. Il vero tema è però il seguente: la discussione politica degli ultimi mesi è stata monopolizzata dal discorsoTAV. Ora, la domanda che dovremmo porci, se vogliamo ragionare seriamente di politica, non è tanto su chi ha vinto e chi ha perso. La vera domanda è: la discussione sulla TAV è effettivamente una discussione politica?
Per certi aspetti si…
E’ evidente che quello che ha avuto luogo oggi in senato avrà conseguenze politiche. Non si vede proprio come questo governo possa andare avanti. Risulta impossibile credere che Toninelli, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, apertamente No-TAV possa mantenere la sua poltrona nonostante il parlamento si sia chiaramente espresso a favore del TAV, del resto, fino a prova contraria, viviamo in una repubblica parlamentare, e i parlamentari sono i rappresentanti di quel popolo tanto spesso invocato da Lega e 5 Stelle. Ad ora è praticamente impossibile capire cosa succederà (nel 2020 si dovranno fare tante nomine…), ma una cosa è certa: lo strappo nella maggioranza si è consumato per davvero, e questa volta non solo a colpi di tweet.
…per molti aspetti no
Qui emerge però il problema: oltre a queste diatribe “di palazzo”, il tema TAV non è un tema politica. E’ un tema fondamentalmente amministrativo mascherato di politico. Quanto è avvenuto in Senato certifica, come direbbe Max Weber, la morte del parlamentarismo a favore del potere dell’amministrazione. Non vi è stata alcuna decisione politica, per il semplice fatto che la decisione politica era stata presa 30 anni fa, come i 5 Stelle continuamente ricordano. Lo dimostra il fatto che il paradigma scelto per verificare se fare o no il TAV è stata l’analisi costi benefici. Non si è lasciato decidere la politica su un tema politico, si è, giustamente lasciato decidere la tecnica su un tema tecnico, io credo in piena (inconsapevole) coerenza. Tuttavia la discussione che ne è derivata è diventata subito politica, perché in un mondo disertato da ideali anche un treno può fungere da sol dell’avvenire. Mascherare un tema tecnico da tema politico, bisogna fare attenzione, non significa che la politica sia completamente ideologizzata. Significa, al contrario, un’incapacità della politica di produrre visioni di mondo, significa, in realtà, che la politica è priva di utopia. Far cadere una maggioranza di governo su un treno significa venir meno a quella che Weber definiva “etica della convinzione”, ovvero quella forma mentis che, citando ancora Renzi che per una volta è stato molto chiaro, ti permette di ingoiare “cucchiaini di merda” perché sai che sono dei passi necessari per arrivare al tuo ideale. Il punto, pericoloso, è che questo ideale, questo fine su cui orientare l’agire politico, Salvini ce l’ha: la Nazione. Ed è per questo che può cambiare idea sul TAV, perché è pienamente consapevole che, in quanto tema tecnico, non è in alcun modo un suo avversario politico. Lo stesso Partito Democratico ha ormai da anni messo nello sgabuzzino i sogni per una società migliore. Si è rifugiato nel burocratico, ricorderete Renzi che voleva il “partito degli amministratori” (sic!). Dunque per quanto l’ideale che Salvini persegue sia antistorici, folle, geopoliticamente suicida, egli avrà la meglio non solo da un punto di vista politico, ma anche da un punto di vista culturale. E questo non è un problema da intellettuali, da filosofi della politica o da analisti, è, per la sinistra, un problema sostanziale di strategia politica, per il semplice motivo che “il vecchio mondo sta morendo, il nuovo tarda ad arrivare, e in questo chiaroscuro nascono i mostri”, come diceva Antonio Gramsci, fondatore del Partito Comunista Italiano.