Opulenza, divertimento e speranza sono i termini che più di tutti descrivono i ruggenti anni ‘80, anni di cambiamento sociale e politico accompagnati dalla musica di Rino Gaetano, di Madonna e dei Depeche Mode. Anni in cui il tempo scorreva velocemente, gli anni di Bettino Craxi, della scala mobile e di Rino Gaetano.
Attraverso una panoramica storica del governo Craxi e la canzone “Gianna”, guardiamo da vicino la spensierata Italia degli anni ‘80.
BETTINO CRAXI
Era il 21 luglio 1983 quando l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini incaricò Bettino Craxi di formare il nuovo esecutivo che, sostenuto dal pentapartito, si insedierà il 4 agosto dello stesso anno e rimarrà in carica fino al primo agosto 1986, guadagnando così il gradino più basso del podio nella classifica dei governi più duraturi della Repubblica italiana (ad occupare le prime due posizioni non poteva che essere il suo amico di vecchia data Silvio Berlusconi). Il fatto che dopo quarant’anni l’Italia sentisse la necessità di non essere più rappresentata dalla Democrazia Cristiana, la dice lunga sulla società dell’epoca. Si stavano pian piano rimarginando le ferite degli anni di piombo, si avvertiva il peso dell’infinita guerra fredda e Craxi questo lo aveva capito talmente bene, da essere deciso a rappresentare per gli italiani colui che avrebbe dato allo Stivale un nuovo volto. Tra i numerosi tentativi sono sicuramente da ricordare il Decreto Berlusconi, il Concordato con la Santa Sede, gli interventi sul debito pubblico e il cosiddetto “decreto di San Valentino” con cui, ironia della sorte, si pose fine all’unità sindacale. Con quest’ultimo Craxi tagliò tre punti della scala mobile, uno strumento istituito dopo la guerra attraverso il quale si legava automaticamente la variazione dei prezzi di alcuni prodotti ai salari degli italiani, al fine di proteggerli dall’inflazione. Tagliando i tre punti, il rapporto tra il costo della vita e i redditi non era più direttamente proporzionale ma creava un dislivello in virtù del quale i più manifestarono il loro malcontento. Nonostante la poca fortuna di alcune mosse politiche, la parabola di Craxi può dirsi del tutto conclusa solo nel 1992, quando a causa delle sue mani non più tanto pulite, fu costretto a rifugiarsi ad Hammamet dove morirà il 19 gennaio 2000.
RINO GAETANO E “GIANNA”
Se si pensa all’Italia degli anni ‘80, la mente non può che andare Rino Gaetano che a suon di chitarra è riuscito a lasciare un’impronta indelebile nel cuore di tutti, parlando con il suo affezionato pubblico di amore, vizi, speranze, anticonformismo e chi più ne ha più ne metta. È in quest’ottica che il cantautore si è presentato alla ventottesima edizione del festival di Sanremo assieme alla sua “Gianna”, un’entità personificata che sembra accogliere al suo interno i vizi della società italiana dell’epoca, trattati con una bonaria allegria tutta made in Italy. È quindi così che tutte le illusioni, gli agi, le apparenze e le maschere degli italiani a cavallo tra gli anni ‘70 e ‘80 entrarono nelle case e fecero ballare grandi e piccini, forse inconsapevoli del fatto che il brano raccontasse proprio di loro. Se difatti da un lato il testo mette in luce gli aspetti più discutibili dell’Italia dell’epoca, dall’altra parte si configura come un inno alla vita, ad una vita pura, così com’è, non abbellita da capelli cotonati e spalline. Ecco perché “la notte la festa è finita” e “la gente si sveste”, perché si libera dalle sovrastrutture che governano le vite di tutti e ci rendono schiavi. Questo è cantato con la leggerezza tipica di quegli anni, sorella di quell’ aria di cambiamento che ha aperto la strada a Craxi e che, mattone dopo mattone, ha distrutto il muro di Berlino.
L’ITALIA DEGLI ANNI OTTANTA
Nel 1989 al Festival di Sanremo Raf presentò il brano “Cosa resterà degli anni ‘80”, come se non solo sentisse l’urgenza di cantare il tempo che passa, ma anche di mettere in luce la straordinarietà di un decennio che ha visto mutare il volto del mondo intero. Un mondo che appariva stanco di essere servo di guerre e tensioni politiche, un mondo a cui serviva leggerezza e spensieratezza per esorcizzare il dramma umanitario che si stava consumando tanto nella Penisola, quanto negli altri Paesi. È quindi così che cambia la musica, il modo di vestire, di vivere, tutto viene esasperato in nome della libertà individuale e di un tempo che sembrava passare in un battito di ciglia. Questa “nuova società” si configurava come la perfetta fusione tra il vecchio e il nuovo, un ponte tra ciò che è stato e ciò che siamo oggi, insomma un momento di incredibile cambiamento che, per certi aspetti, si è rivelato essere momentaneo e apparente. Guardando all’Italia, il periodo di grande benessere economico inaugurato dal governo Craxi ne è la conferma: l’inflazione da cui Gianna doveva difendere il suo salario sebbene fosse passata dal 12,30% al 5,20%, nascondeva un enorme aumento del debito pubblico taciuto agli italiani che investivano soldi nella costruzione di un’immagine quanto più in linea con gli standard sociali, certi che questi sarebbero tornati esattamente come erano arrivati. O ancora, dietro alla diffusione delle reti televisive private fortemente promosse da Craxi, si nascondeva il tentativo di disumanizzare il singolo rendendolo un mero schiavo del capitalismo. È quindi così che una società basata su vizi e apparenze ad un certo punto ha dovuto fare i conti con la realtà, lisciare i capelli, togliere l’ombretto e i vestiti sgargianti per tornare con i piedi per terra e non sostenere più “tesi e illusioni”.