I poeti -come scrive A. Merini- “lavorano di notte […] e nel buio […] e nel loro silenzio/ fanno ben più rumore/ di una dorata cupola di stelle”.
Poesia e follia vanno spesso di pari passo, il poeta “maledetto” e “folle” è, in genere, un artista incompreso, un genio che si distingue dalla massa, pericoloso per la sua diversità, che scrive testi oscuri e di difficile interpretazione, che conduce una vita appartata e nasconde qualche segreto.
1. Lucrezio, il presunto matto
Tra i cosiddetti poeti maledetti dell’antichità troviamo Tito Lucrezio Caro, uno dei poeti-filosofi più noti della letteratura latina. Vissuto nel I secolo a.C., è autore di un poema didascalico: il “De rerum natura” che illustra la dottrina filosofica dell’epicureismo.
Il mito della follia di Lucrezio risale alla prima epoca cristiana, già San Girolamo nel—- scrive: “Dopo essere impazzito per un filtro d’amore e aver scritto negli intervalli della follia alcuni libri, che Cicerone emendò, Lucrezio si suicidò all’età di 44 anni”.
Per intervalla insaniae, dunque nei brevi intervalli di follia, Lucrezio avrebbe scritto la sua opera. Ancora, Lattanzio scrive che Lucrezio “delirat”, quindi delira, ma letteralmente il termine indica l’uscire dal solco; forse, Lucrezio si allontanava dal “sentiero battuto” per indagare aspetti alternativi nella sua trattazione. Anche il poeta dell’età flavia, Stazio, ci parla del “furor” di Lucrezio, anche se presumibilmente riferendosi al suo stile alacre.
Per la scelta degli argomenti trattati, insomma, Lucrezio fu definito “pazzo”; il mito della pazzia, quindi, potrebbe essere legato alla stessa trattazione della filosofia epicurea, i cui precetti erano certamente anti-cristiani.
Epicuro e, di conseguenza, Lucrezio credevano nel tetra-farmaco: 1) non aver paura della morte perché la morte è assenza di tutto e l’anima è mortale così come il corpo; 2) non aver paura degli dei perché questi non esistono o, se esistono, vivono negli “intermundia” e non si curano delle vicende umane; 3) il dolore è facilmente sopportabile perché temporaneo; 4) il piacere è facilmente conseguibile.
Ma molti critici suppongono che la pazzia di Lucrezio sia assimilabile al suo pessimismo; addirittura parlano di depressione patologica, (Canali lo definisce “poeta dell’angoscia”) seguendo anche la chiusa del libro VI del “De rerum natura”, finale tragico che richiama la peste di Atene del 430 a.C..
2. Apuleio, il mago
Apuleio, autore latino del II secolo d.C., è conosciuto per aver scritto il primo romanzo della letteratura latina pervenutoci integro “Le metamorfosi”, e anche l’Apologia, un’autodifesa per rispondere all’accusa di aver utilizzato della magia per piegare una donna al suo volere.
Entrambe le sue opere più importati richiamano l’esoterismo e il misticismo: nelle Metamorfosi il protagonista Lucio viene trasformato in un asino, in seguito all’assunzione di un filtro magico, e per riacquistare la forma umana dovrà superare una serie di difficoltose prove. Nell’explicit diverrà sacerdote del culto di Osiride.
Nell’Apologia, invece, vi sono reali riferimenti biografici all’autore perché nel 155 d. c. Apuleio sposò la madre di un amico, la matrona Pudentilla, e venne accusato di averla costretta a nominarlo erede principale delle sue fortune.
I parenti della moglie lo accusarono di averla piegata con la magia e Apuleio dovette difendersi pronunciando una lunga e dotta orazione in 103 capitoli; egli arrivò a dire che preferiva essere chiamato “scienziato” e non “mago” e che era solito utilizzare solo e soltanto la magia bianca e mai nera. Inoltre, come il protagonista del suo romanzo, partecipò a diversi riti misterici e si avvicinò alle religioni orientali, in particolare ai misteri di Esculapio e ai culti eleusini.
3. Virgilio, l’indovino
Intorno al poeta per eccellenza della letteratura latina, al “poeta vate”, è nato un mito del “poeta-mago-profeta”. Come? L’origine delle doti veggenti di Virgilio è da ricercarsi nelle Bucoliche, la prima opera scritta dall’autore tra il 42 e il 39 a.C..
Nell’egloga IV della suddetta raccolta di componimenti bucolici, l’autore preannuncia la nascita di un bambino che avrebbe portato un’epoca di prosperità nell’intero impero. In epoca cristiana, gli studiosi credettero che Virgilio avesse previsto la nascita di Gesù, cosa ovviamente impossibile perché Virgilio nacque nel 70 a.C. e morì nel 19 a.C., prima della nascita di Cristo.
Da qui, poi, l’attribuzione a Virgilio di proprietà magiche e taumaturgiche.
In realtà, le altre due interpretazioni proposte risultano molto più razionali: il misterioso fanciullo potrebbe essere: 1) il figlio di Asinio Pollione, amico dello stesso Virgilio, che sarebbe nato da lì a breve; 2) un bambino mai nato, il figlio di Pompeo e della sua prima moglie, la figlia di Ottaviano; la relazione, però, ebbe vita breve e i due non ebbero figli maschi.
Inoltre, nel napoletano, ove venne sepolto Virgilio, si sono tramandate una serie di leggende sui presunti poteri di Virgilio che, secondo il mito, avrebbe realizzato e nascosto diversi talismani con funzione apotropaica.
4. Platone che parla di “follia poetica”
Il filosofo Platone nel dialogo “Ione” paragona il poeta a un posseduto (enthysiasmos) che, ispirato dalle Muse e attratto a loro con la forza di un potente magnete, quasi arriva a perdere coscienza ed è capace di entrare e uscire dalla sua immaginazione delirante.
Nel “Fedro” aggiunge: ” Quanto alla divina follia ne abbiamo distinto quattro forme, a ciascuna delle quali è preposta una divinità: Apollo per la follia profetica, Dioniso per la follia iniziatica, le Muse per la follia poetica, mentre la quarta, la più eccelsa, è sotto l’influsso di Afrodite e di Amore”.
Il poeta, invasato dagli dei, attraverso la sua follia, coglie una verità profonda, celata ai comuni mortali.
I poeti sono il tramite tra il mondo noto e quello ignoto, tra il possibile e l’impossibile.