Scopriamo i buchi neri con il film di Stephen Hawking e le novità sulla Via Lattea

Potrebbe esserci un secondo buco nero al centro della galassia nonostante non abbiamo ancora trovato prove.

È questo quello che lascia intendere un nuovo articolo presente su The Conversation scritto dall’astrofisica Smadar Naoz che ha realizzato un nuovo studio apparso per il momento su arXiv.

Un possibile secondo buco nero

Secondo Naoz e colleghi il buco nero che si trova al centro della nostra galassia, denominato Sagittarius A*, potrebbe in effetti avere un compagno più piccolo che gli orbita intorno. Naoz e colleghi non hanno trovato prove dirette della presenza di un secondo buco nero ma sono fiduciosi nel fatto che possa effettivamente esistere perché poggiano sull’idea relativa al fatto che le galassie si evolvono perlopiù fondendosi l’una con l’altra. E dato che si crede che ogni galassia abbia al proprio centro un buco nero che ne guida tutto il processo gravitazionale, ciò vuol dire che debbono esistere al centro di molte galassie coppie di buchi neri. Se al centro di una galassia ci sono due buchi neri e non uno solo, l’attrazione gravitazionale che i due corpi generano è diversa in quanto i due buchi neri supermassicci orbitano l’uno intorno all’altro e allo stesso tempo esercitano una attrazione sulle stelle e sulla materia che si trova intorno. Per comprendere questo complesso movimento gravitazionale, i ricercatori hanno innanzitutto esaminato l’orbita  di S0-2, ma non hanno trovato prove riguardo alla possibilità che possa esserci un altro buco nero supermassiccio. Potrebbe però essercene uno con una massa più piccola, così piccola che non altera l’orbita di SO-2 in una maniera che risulta rilevabile con gli strumenti che oggi possediamo.

Al centro della via Lattea oltre al buco nero supermassiccio Sagittarius A* e alla stella S02 potrebbe esserci un secondo buco nero supermassiccio.

Hawking e i buchi neri

Stephen Hawking intuì che un buco nero non può che aumentare di dimensioni, mai restringersi. Comprese che la massa di un buco nero determina le dimensioni dello spazio che circonda la singolarità all’interno del quale nulla può uscire. Intuì che un buco nero non può spezzarsi, neppure nel caso di una collisione con un altro buco nero e arriva ad accostare l’espansione continua dell’orizzonte degli eventi con un altro concetto: l’entropia, che misura il grado di disordine di un sistema. La contestazione venne avanzata da un giovane fisico israeliano, Jacob Bekenstein, il quale non vedeva connessioni tra buchi neri ed entropia. La diatriba Bekenstein-Hawking sembrava finita a vantaggio del secondo quando lo scienziato inglese volle dimostrare che Bekestein avesse torto, scoprì che il ragionamento del giovane fisico non era poi così errato. A tale conclusione giunse lavorando contemporaneamente con la Relatività generale e la meccanica quantistica, cosa che nessuno aveva mai fatto prima. Da decenni i fisici tentano di unificare le due teorie, cosa che che porterebbe a una Teoria del Tutto. Secondo la teoria quantistica lo spazio vuoto è tutt’altro che vuoto, con coppie di particelle che nascono spontaneamente: una è materia ordinaria, l’altra antimateria. Secondo Hawking queste particelle possono diventare reali se nascono vicino a un buco nero, perché una delle due può essere risucchiata dal buco nero prima di annullare la sua partner, che resta così nell’Universo.

Il Big Bang – secondo Hawking – ha origine da un buco nero “inverso”.

La Teoria del Tutto

La Teoria del Tutto, del premio Oscar James Marsh sulla vita di Stephen Hawking, ha incassato negli Stati Uniti oltre 27 milioni di dollari, mentre nel primo weekend in Italia ha fruttato quasi 1,4 milioni di euro. Un successo per l’icona della cosmologia moderna. Hawking a novembre aveva dichiarato che il film gli ha dato l’opportunità di riflettere sulla sua vita dicendo che nonostante sia gravemente disabile abbia avuto successo nel lavoro e abbia viaggiato tanto. Si è inoltre complimentato con Eddie Redmayne per avere vinto il Golden Globe come migliore attore, complimentandosi per aver passato diverso tempo con persone affette da sclerosi laterale amiotrofica, per potere essere credibile. Il cosmologo ha trovato nel film un’esperienza emozionante e la cosa più simile a un vero e proprio viaggio nel tempo.

Stephen Hawking, classe 1942: la sua fama è paragonabile a quella di Albert Einstein.

 

 

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