San Francesco, figlio di un ricco mercante, diventa primo letterato italiano e ispira le pitture di Giotto.

La pittura, arte libera o eccessivamente costretta in regole troppo accademiche, viene sempre influenzata da soggetti importanti. Francesco d’Assisi, un frate che voleva vivere nella massima povertà, diede vita alla massima realizzazione della pittura di Giotto.
Giotto precursore del Rinascimento
Non si conosce molto della vita di Giotto, poeta della seconda metà del XIII secolo, il quale ebbe rivoluzionato l’arte figurativa, conducendola verso il fondamentale iter di classicizzazione che l’avrebbe congiunta all’Antico in un nuovo incontro. L’importanza del pittore, così come la sua biografia, si conosce dal giudizio dei contemporanei che sottolineano la tendenza ad un naturalismo antesignano. Cennino Cennini, alla fine del Trecento, scrive nel “Libro dell’arte” dedicato interamente al pittore:<< Giotto rimutò l’arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno”. Il medesimo giudizio viene dato nel Quattrocento da Lorenzo Ghiberti e nel Cinquecento da Giorgio Vasari. Il giudizio indica il passaggio, effettuato proprio dal pittore, dall’arte bizantina, tendente al mosaico, all’irreale, al divino e al simbolismo, all’arte classica, rinascimentale. Assolutamente innovative risultano le sue istanze riguardo l’utilizzo della luce e del colore, ma soprattutto della prospettiva aerea. Il suo realismo trova compimento nelle pitture della “Cappella degli Scrovegni” a Padova nel 1303-1304: la pittura diventa antropocentrica, i tratti fisici vengono dipinti con assoluta fedeltà al reale, ma ciò che rende Giotto il pittore più innovativo della sua epoca ed uno dei massimi di tutti i tempi è la resa psicologica dei personaggi. Ebbe rapporti proficui con i più grandi committenti del suo tempo, viaggiò a Rimini, Napoli, Roma, Padova, in Umbria ed in Toscana, esportando le istanze della sua bottega ed influenzando così l’intera pittura italiana. Secondo la tradizione, si sarebbe formato a Firenze nella bottega del Cimabue, ma la sua arte consiste in una rappresentazione sincretistica di un fusione fra l’arte del suo maestro, quella vaticana e gli influssi della cultura toscana. Nei primi anni della sua attività realizza un lavoro di rinnovamento della pittura iconografica, plasticizzando i soggetti e definendone i tratti espressivi. In seguito allo sviluppo massimo della sua attività, definita a Padova, si dedica alle pitture che riguardano la vita di un personaggio fondamentale nella storia della letteratura italiana: Francesco d’Assisi. I dipinti conservati in condizioni migliori sono quelli della “Cappella Bardi” nella Chiesa di Santa Croce, a Firenze.

I funerali di San Francesco
L’affresco giottesco intitolato “I funerali di San Francesco” che risale al 1325, conservato nella Cappella Bardi, illustra la morte del Santo. Il dipinto raffigura dei frati francescani raccolti attorno al letto di morte del Santo, che a tratti pregano, a tratti si stringono a lui in una profonda tristezza, forse presagendo le sorti del movimento pauperistico che si sarebbe diviso dopo la morte di Francesco. Egli appare sereno, come se stesse accogliendo con consapevolezza, ma anche con gratitudine, questo dono divino, ovvero “sora nostra morte corporale”, come egli stesso scrive in “Laudes Creaturarum”. Il cielo nel dipinto appare azzurro, dettaglio che rispecchia perfettamente il realismo giottesco: il cielo viene reso con i colori dati dal sovrapporsi delle correnti aeree e soprattutto dall’atmosfera. I contorni appaiono mediamente definiti, e ciò indica la fase di passaggio dal bidimensionalismo della pittura bizantina alla volumetria della pittura rinascimentale. I corpi appaiono ben definiti, tridimensionali, la tristezza e la devozione verso Dio sono assolutamente visibili nei volti e nei corpi contratti dei frati. Il tratto più indicativo della conoscenza di Giotto del francescanesimo è costituito dai colori non tetri, ma chiari. La morte è dunque rappresentata come “clara”, nel senso francescano del termine. In “Laudes Creaturarum” l’aggettivo “clarite” , derivante dal latino “clarus”, è utilizzato proprio con il significato latino, ovvero “chiaro, illustre, nobile”. La morte è sorella, perché anch’essa creatura divina, ma anche il processo mediante il quale le anime dei beati ascendono a Dio.
San Francesco, primo letterato italiano
Francesco nacque ad Assisi nel 1181-1182 dal ricco mercante Pietro Bernardone. Dopo una giovinezza trascorsa nelle ricchezze, venne imprigionato per circa un anno a seguito della battaglia che contrappose Perugia ad Assisi nel 1154. Compì in quell’anno una profonda riflessione mistica che gli consentì di divenire ciò per cui oggi è conosciuto: il fondatore del francescanesimo. Dopo aver rinunciato formalmente a suoi beni, si spogliò nella piazza principale di Assisi. Spesso la vita di Francesco è narrata al limite del leggendario, ciò è facilmente esplicabile con il fatto che la mentalità medievale non operasse una distinzione netta fra agiografia e biografia: il misticismo è parte integrante della realtà, e spesso la vita terrena, come in Dante, è figura del mondo ultraterreno ( si tratta della concezione figurale di Auerbach). Tutti i biografi concordano comunque nell’affermare la sua teatralità, Auerbach in particolare. Tommaso da Celano, racconta che durante il suo primo colloquio con il papa, Innocenzo III, “Non potendo contenere la gioia, muoveva i piedi come danzando”. Viene definito “ioculator Domini”, ovvero ‘giullare di Dio’. Il suo movimento, che ottenne piena approvazione nel 1226 con Onorio III, trasse le fondamenta dalle istanze di rinnovamento della Chiesa, corrotta ampiamente da fenomeni come il nepotismo e la simonia, da parte del comune sentire. La sua Regola prevedeva originariamente la necessità dell’uguaglianza fra tutti, un’interpretazione quasi letterale delle Sacre Scritture. Nel 1210 venne approvata da Innocenzo III, ma ebbe la necessità di apporre delle modifiche , in particolare di eliminare il tema dell’uguaglianza con Onorio III. Il Santo non si dichiarò mai contrario alla Chiesa, bensì manifestò delle tendenze contrarie all’eresia catara che vedeva il Mondo immanente come manifestazione del Demonio. Morì, dopo anni di pratica di elemosina, di vita in mezzo al popolo e di carità nel 1226 di una malattia agli occhi. La sua tendenza al minimalismo e alla povertà era tale che Bonaventura di Bagnoregio, uno dei suoi biografi più famosi, racconta che , dopo aver mangiato del pollo durante la sua malattia, Francesco sia andato in giro con una corda al collo definendosi “ghiottone”.
Laudes Creaturarum
Il suo intervento nella scrittura del primo documento letterario italiano fu sensazonale. Il “Cantico delle Creature” o “Laudes Creaturarum” venne scritto con ampia probabilità fra il 1224 ed il 1226, a seguito di una visione che egli ebbe nel monastero di S.Damiano. Il punto di svolta è insito proprio nell’ambito linguistico: per la prima volta si registra un componimento lirico in volgare. Il genere è quello della lauda, ovvero una preghiera in forma artistica che da questo momento in poi avrebbe raggiunto la sua massima espansione, divenendo addirittura nel Quattrocento sacra rappresentazione. Il volgare utilizzato è umbro, molto colto e molto simile a quello del “Placito Capuano”, risalente al 960, che fu il primo documento italiano non letterario. E’ molto evidente l’influsso del latino nel livello fonetico e morfologico come “ke” e “ka”, derivanti dal dileguo di “od” nel “quod” latino, o costrutti come il “cum con ablativo” in relazione al congiuntivo esortativo. Vi sono addirittura dei termini polisemici, come la preposizione “per” che assume valore mediale, causale, o d’agente. Il sistema metrico è quello dei canti ritmici, un classico per l’epoca, i versi sono settenari legati da assonanze. Il modello è sicuramente biblico, ed in particolare il Salmo 114 ed il Cantico di Daniele. Nella canzone è evidente una totale lode e devozione verso Dio, il quale non deve essere nominato invano, ma venire lodato metonimicamente per mezzo delle sue creature. La lode avviene su tre livelli: secundum hominem, secundum deum e secundum se. Ciò significa che ogni creatura viene lodata secondo l’utilità per l’Uomo, secondo la sua manifestazione divina e secondo ciò che intrinsecamente è. Si lodano molti elementi della natura (al contrario di quanto avviene nel Salmo 114), addirittura anche la morte, vista come sorella. Si ritiene che la prima parte faccia riferimento al 1224, la seconda al 1226, quando il Santo ritenne di stare approssimandosi alla morte. Insomma, un semplice uomo che rinunziò pacificamente ai propri beni, influì non solo nell’ordine clericale assolutamente corrotto, ma fu , inconsapevolmente, anche il primo letterato italiano.