Ritrovata tartaruga delle Galapagos ritenuta estinta: che effetti ha l’isolamento geografico?

La natura non smette di riservare sorprese. Di recente infatti è stata ritrovata una specie di tartaruga delle Galapagos, ossia Chelonoidis phantastica. L’evento è eccezionale perché si riteneva che si fosse estinta da oltre un secolo. La specie rinvenuta è endemica di una delle isole dell’arcipelago, quindi la scoperta assume ancora più importanza. Ciò offre uno spunto di riflessione sugli effetti che l’isolamento geografico può avere sugli animali che vivono in tali luoghi.

Le tartarughe giganti sono gli animali più rappresentativi delle Isole Galapagos

Dettagli e conferme del ritrovamento

L’esemplare ritrovato è una femmina adulta individuata dagli esperti del Parco Nazionale delle Galapagos sull’isola Fernandina, una delle 19 isole che compongono l’arcipelago. Il primo organo a rendere nota la scoperta è stato il quotidiano locale El Universo. Successivamente anche il Ministro dell’Ambiente ecuadoriano ha confermato la notizia. L’ultimo esemplare di questa specie fu avvistato nel 1906, e da allora non venne più avvistata. Adesso quindi le specie di tartaruga che si possono trovare sono 12, poiché questa si va ad aggiungere alle 11 già note, cinque delle quali si trovano sull’isola Isabela, la più grande dell’arcipelago.

L’isolamento delle Galapagos ha portato alla formazione di specie uniche come l’iguana marina

Isolamento geografico delle Galapagos

La lontananza dal continente di queste isole ha permesso lo sviluppo di specie uniche al mondo, come l’iguana marina e la sula dai piedi azzurri. La particolarità è tale che fu proprio qui che Charles Darwin trovò l’ispirazione per la sua teoria dell’evoluzione. Egli infatti notò che i fringuelli avevano la forma del becco diversa a seconda della loro dieta. Un altro dettaglio di rilievo è la ridotta concentrazione di insediamenti stabili: gli abitanti infatti sono pochi, quindi l’influenza dell’uomo è molto bassa. Le specie perciò si sono sviluppate in un ambiente incontaminato. Anche i turisti che visitano le isole non possono trattenersi troppo a lungo proprio per questo motivo.

Il drago di Komodo è un esempio di gigantismo insulare

Nanismo e gigantismo insulare

L’isolamento geografico può portare le specie ad avere dimensioni diverse rispetto a quelle a loro affini che si trovano nel continente. Quando le specie che vivono nelle isole sono più grandi si parla di gigantismo insulare, quando sono più piccole invece si tratta di nanismo insulare. Il gigantismo insulare è dovuto all’assenza di fattori in grado di limitare le dimensioni massime degli individui. Alcuni esempi sono il dodo, il geco della Nuova Caledonia e diverse specie di insetti. Molte di queste specie col tempo si sono estinte, spesso per mano dell’uomo. Il nanismo insulare invece si deve alla scarsità di nutrienti presenti: in questo modo gli individui possono sopravvivere senza la necessità di nutrirsi troppo. Alcuni esempi sono la tigre di Bali, due specie di mammut e vari dinosauri. Anche in questo caso numerose specie con tale caratteristica si sono estinte.

In Sicilia c’erano elefanti nani simili all’attuale elefante asiatico

E in Italia?

Nelle isole italiane ci sono stati casi di nanismo e gigantismo. I più noti sono gli elefanti nani, oggi estinti ma un tempo diffusi in tutto il Mediterraneo. In Sicilia c’erano quattro specie, mentre in Sardegna ce n’erano tre, una delle quali appartenente ai mammut. Altre specie erano presenti a Cipro, Creta, nelle Cicladi e nel Dodecaneso. Per quanto riguarda invece il gigantismo insulare possiamo citare i toporagni giganti che vivevano nelle isole mediterranee, nonché alcune specie di barbagianni. L’isolamento geografico quindi ha tanti effetti sulle specie che vivono in questi ambienti, e tutto ciò le rende uniche al mondo. Poiché spesso si tratta di specie endemiche, ovvero esclusive di una determinata zona, la loro conservazione dovrebbe avere un ruolo di primo piano.

Matteo Trombi

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