Ancora una volta salta agli onori della cronaca una delle numerose sfide diffuse online in cui si invita a mettere in pericolo la propria integrità fisica per seguire una moda. Infatti, tra le tante challenge online , alcune sono profondamente dannose e possono portare anche a seri danni per la salute della persona.
In questo caso, il ragazzo quattordicenne stava partecipando alla blackout challege, una sfida in cui la persona si mette in condizioni di parziale soffocamento, privandosi dell’ossigeno fino quasi a svenire. Il ragazzino in questione ha deciso di partecipare alla challenge utilizzando una corda da arrampicata, ma purtroppo non è riuscito a interrompere il gioco ed è deceduto.
Altri casi
Non è la prima volta che sentiamo parlare di incidenti simili: l’anno scorso ha fatto notizia la blue whale challenge, in cui i partecipanti dovevano sottoporsi per 50 giorni a prove atte a minare la loro salute mentale e a far commettere atti di autolesionismo, con lo scopo di indurre al suicidio.
Non tutte le sfide sono cosí pericolose e articolate, tuttavia ce ne sono molte che possono provocare danno. Per esempio esiste una sfida per cui si cerca di mangiare una pannocchia mentre la si fa ruotare ad alta velocità su un trapano. Pur non essendo creata con lo scopo di fare del male (a differenza della blue whale challenge) ha provocato ad alcune persone la perdita dei denti incisivi o lo sradicamento di ciocche di capelli rimaste impigliate nel trapano.
La ricerca del pericolo
Il motivo per cui queste sfide, spesso pericolose e insensate, tendono ad avere tanta presa su adolescenti e preadolescenti è indubbiamente legato al gusto per il brivido. Infatti, in questa fase della vita, vi è una forte ricerca di stimoli nuovi e gratificanti, uno dei quali può essere la sensazione di sovraeccitazione e sollievo portata dall’essere scampati a una situazione di pericolo.
Il problema è che, specialmente durante la prima adolescenza, il cervello tende a non registrare gli stimoli pericolosi con la stessa intensità del cervello adulto. La percezione di pericolo è molto attutita, pertanto la sua ricerca può portare a mettersi in forte pericolo senza rendersene pienamente conto (come avviene per l’appunto nella black out challenge).
Egocentrismo adolescenziale
Inoltre, durante l’adolescenza, lo sviluppo del pensiero logico e dell’introspezione porta a esplorare molto di più se stessi e il mondo esterno. Questo crea a una sorta di egocentrismo, per cui ci si ritiene speciali rispetto a tutti gli altri e si ha la sensazione che il mondo giri intorno a sé. Ritenendo se stessi così importanti, si tende a pensare che sia impossibile che possa succedere qualcosa di brutto, ci si sente invincibili rispetto ai propri pari.
Per esempio, nei casi estremi, si può essere convinti che anche se si fanno le gare con il motorino o si fa uso di droghe è impossibile esserne danneggiati, perché si è speciali rispetto agli altri.
Questo è anche il ragionamento che ha portato tanta gente a partecipare alla blue whale challenge, erano curiosi di vedere quali fossero le famose 50 prove ed erano convinti che a loro non sarebbe potuto succedere niente.
Il fascino del gruppo e il controllo delle emozioni
Durante l’adolescenza, vi è una maggiore attivazione dell’Amigdala, parte del cervello responsabile della gestione delle emozioni. Al contrario, i lobi prefrontali (implicati nelle capacità di ragionamento, pianificazione e autocontrollo) non sono ancora ben sviluppati. Questo fa si che gli adolescenti siano più suscettibili agli stimoli emotivi e facciano più fatica a ragionare quando sono sottoposti a forti emozioni. Tale fenomeno è molto osservabile specialmente nella prima fase e viene pian piano mitigato dallo sviluppo del lobo prefrontale, che si conclude attorno ai 20 anni.
Questa difficoltà nel controllo dei comportamenti, unita dal forte fascino che il gruppo esercita sull’adolescente, può portare a fare scelte che normalmente non si farebbero perché trascinati dall’entusiasmo generale.
Conclusione
Il coinvolgimento nel gruppo è positivo dal punto di vista adattivo, perché porta a sviluppare competenze relazionali e sociali e ad iniziare a riconoscere le differenze tra gli altri e se stessi, ma rende anche difficile per l’adolescente ragionare con la propria testa.
C’é da dire che la ricerca del brivido, la sensazione di invulnerabilità e la tendenza a seguire il gruppo variano da persona a persona e possono essere piú o meno marcati in individui diversi. Inoltre, hanno lo scopo di spingere l’individuo a mettersi in gioco, imparando il piú possibile dall’esparienza e dagli altri.
Tuttavia, come abbiamo visto, potrebbe anche portare al decidere di mettere in pratica un trend pericoloso solo perché i propri amici lo fanno o perché si vuole imitare un personaggio che si ammira.
Quindi, quando si parla di sfide finite male, non si puó dare la colpa solo alla persona, all’età, a internet o ai genitori, ma c’é da tenere in considerazione tutti gli elementi, tenendo presente che spesso il caso ha un ruolo fondamentale.