Resistere grazie a Kant o come la Bellezza ci salverà

Nella Critica della facoltà di giudizio il filosofo Immanuel Kant chiude il suo sistema di pensiero in maniera magistrale incitando alla libertà d’espressione.

Bellezza, Critica e Libertà sono valori che non possono essere accantonati: essi ci aiutano a vivere appieno la democrazia.

Il limite

Sembra quasi una contraddizione: com’è possibile che uno tra i filosofi più sistematici della tradizione occidentale possa fomentare una riflessione a-schematica? Il passaggio è sottile, ma geniale. Il punto cardine fondamentale è che la conoscenza è frutto della mediazione tra intelletto e rappresentazioni del mondo esterno: di conseguenza è sempre veicolata da limiti concettuali “intrinsechi” ad ogni essere umano.  La Bellezza tuttavia non può essere conoscenza: non può rinchiudersi in un ideale o in un concetto. Il perché è molto semplice e intuitivo: “bello è ciò che piace”, e Kant aggiunge  “universalmente senza concetto”.  Com’è possibile allora parlare, scrivere e rendersi partecipi della Bellezza se l’essere umano ragiona delimitando se stesso e il mondo circostante? È proprio la caratteristica di illimitatezza (nel senso proprio di mancanza di limiti concettuali) della Bellezza che permette di sviluppare un senso comune, una coscienza morale, una comunicabilità universale in grado di instaurare un contatto con i nostri simili ed il mondo. Un rapporto che proprio per la sua mancanza di contorni e linee definite non pretende nulla, non ha alcuno scopo o interesse. 

Il culto del Bello, in ogni sua forma, non genera conflittualità.  

Il conflitto

Alla luce di quanto esposto non sembra quindi un caso che ogni movimento di resistenza all’oppressione parta da quella parte della popolazione colta, cioè direttamente dedita alla cultura e alla sua produzione. Oggi si celebra l’anniversario della Liberazione dell’Italia dal fascismo, un movimento culturale-estetico prima che politico perché afferma il concetto della Bellezza, e quindi la sua funzionalità, la sua utilità: dove c’è un utile che prescinde la comunanza, c’è oppressione alla libertà.

Resistere assume quindi un ulteriore significato: non stasi ferrea e compatta verso qualcuno o qualcosa di limitato, ma movimento attivo e eterogeneo verso l’illimitato, la libertà, l’Amore. Benedetto Croce nel suo Manifesto degli intellettuali antifascisti del 1925 l’aveva capito bene: «Quel che importa è che si sappia ciò che si vuole e che si voglia cosa d’intrinseca bontà. La presente lotta politica in Italia varrà, per ragioni di contrasto, a ravvivare e a fare intendere in modo più profondo e più concreto al nostro popolo il pregio degli ordinamenti e dei metodi liberali, e a farli amare con più consapevole affetto.»

La Bellezza

In questi giorni siamo tutti in balia di un clima di terrore generalizzato, che parte da bollettini, da minacce di sanzioni penali, da speranze servite a piccoli sorsi, e che non fa altro che renderci più succubi delle nostre paure e dei giudizi degli altri considerati “più competenti”. La democrazia e la libertà del singolo individuo possono essere influenzabili, ma non per questo devono rendersi tali: ripartiamo da una critica attiva e consapevole, ripartiamo dalla Bellezza. 

«E forse un giorno, guardando serenamente al passato, si giudicherà che la prova che ora sosteniamo, aspra e dolorosa a noi, era uno stadio che l’Italia doveva percorrere per ringiovanire la sua vita nazionale, per compiere la sua educazione politica, per sentire in modo più severo i suoi doveri di popolo civile

Lettura consigliata oggi, domani, dopodomani e ancora poi  https://it.wikipedia.org/wiki/Manifesto_degli_intellettuali_antifascisti

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