Una vecchia conoscenza
Il condensato di Bose-Einstein venne teorizzato negli anni ’20 da Satyendra Nath Bose (1894-1974), fisico indiano padre della particella subatomica denominata in suo onore: il “bosone“. Bose, collaborò in seguito con Albert Einstein che considerò lo studio abbastanza importante da poter essere pubblicato. Peculiarità di questo stato della materia è la sua misteriosità, a differenza degli altri quattro (solido, liquido, aeriforme e plasma) di cui abbiamo conoscenze molto più approfondite e certe. Sul condensato non vennero effettuate prove sperimentali fino agli anni ’90. Si ottenne infatti in questo decennio in laboratorio da Eric Cornell, Carl Wieman e Wolfgang Ketterle, grazie soprattutto all’enorme progresso della fisica nelle basse temperature: si iniziarono ad impiegare i laser per diminuire la temperatura a livelli mai raggiunti fino ad allora.

Le caratteristiche
La struttura del condensato di Bose-Einstein è molto complicata. A grandi linee si tratta di un gruppo di atomi raffreddato fino a temperature così basse da raggiungere quasi lo zero assoluto (-273,15 °C). Questa temperatura è raggiungibile, come citato in precedenza, adoperando il raffreddamento tramite laser. Quest’ultima si tratta di una tecnologia sperimentata negli anni ’90 nel quale, attraverso un fascio di fotoni, si fu in grado di “rallentare” i movimenti degli atomi di una nube gassosa (e recentemente anche nei liquidi). Per l’appunto, una volta raggiunta questa temperatura i movimenti degli atomi, solitamente di rubidio, rallentano moltissimo. Non hanno quasi l’energia libera necessaria per farlo. Successivamente, per poterli raffreddarli ulteriormente, gli scienziati utilizzano anche il cosiddetto “raffreddamento per evaporazione“.
A questo punto, tutti i super-atomi si comportano come fossero un’unica entità ed entrano nello stesso stato energetico che permette loro di comportarsi non più come singole particelle, ma come un’unica onda.
Il condensato nello spazio
Il problema principale di ottenere questo particolare stato della materia sulla Terra è il fatto che sia possibile osservarlo solo per pochi decimi di secondo. Nello spazio invece, grazie alla microgravità, la sua durata è di ben dieci secondi. La NASA ha dunque recentemente inviato sulla Stazione Spaziale Internazionale questo “laboratorio portatile” delle dimensioni di un frigorifero denominato Cold Atom Laboratory (CAL) che è stato in grado di ottenere il condensato a partire da una nube di atomi di rubidio.
In futuro, l’aver prodotto questo stato della materia nello spazio, ci permetterà di studiare meglio nuovi strumenti dotati di laser in grado di fornirci precise misurazioni, ad esempio, della gravità terrestre.
William Mongioj