Il ritorno in Italia di Silvia-Aisha Romano ha scatenato violente polemiche in tutto il paese. Odio gratuito si è riversato non solo sui social, costringendo la ragazza a chiudere i suoi profili, ma anche nelle principali testate giornalistiche, diffondendo nell’opinione pubblica un resoconto deviato e politicamente scorretto.
John Locke, filosofo inglese nel XVII secolo, difende a spada tratta la ragazza a trecento anni di distanza.
Silvia-Aisha Romano: “eroina” o “traditrice”?
Il 10 maggio scorso è stata liberata, dopo diciotto mesi di prigionia, Silvia Romano, una volontaria di Africa Milele Onlus, un’associazione marchigiana che ha lo scopo di sostenere l’infanzia in diversi Paesi africani. Il suo ritorno però non è stato ben accolto: oltre alle solite stoccate del “che cosa credeva di andare a fare?”, la principale accusa che le viene rivolta è quella di essersi convertita volontariamente all’Islam, la stessa religione dei suoi aguzzini, e quindi di “aver tradito la tradizione e la cultura europea”, quella dei suoi salvatori.
In un articolo de Il Giornale pubblicato questo lunedì dal titolo Islamica e felice Silvia l’ingrata il direttore Alessandro Sallusti scrive: “Tra i simboli della cultura che l’ha rapita, segregata e venduta più volte come donna oggetto e oggetto di scambio e ricatto e la cultura che l’ha scovata e liberata dai suoi carcerieri e che ha pagato il riscatto (quattro milioni di euro), Silvia ha deciso di omaggiare la prima e di umiliare la seconda, che non solo l’ha ricevuta manco fosse un’eroina (non si capisce di cosa) ma ha fatto pure suonare a festa le campane della chiesa – ovviamente cattolica – del suo quartiere. Libera ovviamente la ragazza di fare ciò che crede, libera di avere abbracciato in questo periodo, come pare sia successo, la religione islamica e mettiamo pure in conto la prostrazione psicologica cui è stata sottoposta. Ma proprio per questo, quel velo esibito suona come un insulto alle libertà delle donne e dell’Occidente. È come se un internato in un campo di concentramento tedesco fosse tornato a casa, ricevuto con tutti gli onori dal suo presidente del Consiglio, indossando orgogliosamente la divisa dell’esercito nazista”.
Una lettura veloce e leggera di questo articolo (come purtroppo è la trasmissione della cultura ai nostri giorni) può lasciare facilmente persuasi ad asserire ogni singola parola. Tuttavia è bene sottolineare, anzi evidenziare, due punti che dal noto giornalista sono stati del tutto trascurati (oserei dire volontariamente): in primo luogo il velo non è assolutamente “un insulto alle libertà delle donne e dell’Occidente” dal momento che fa parte di un credo religioso (seguito fra l’altro da molti “occidentali”); in secondo luogo il nazionalsocialismo è un’ideologia politica che mira alla costituzione di un’etica sociale, ma che come tale non può essere neanche lontanamente paragonabile ad una fede religiosa.
Lettera sulla Tolleranza o come distinguere lo Stato e la religione
John Locke, uno dei più importanti filosofi europei dell’età moderna, pubblicò nel 1689 un’opera di estrema bellezza e forza, che dovrebbe essere studiata a memoria in ogni angolo del globo terrestre: Lettera sulla Tolleranza. Il suo intento, all’epoca, era di proporre una soluzione alternativa a coloro i quali vedevano come una minaccia la possibile presa di potere da parte dei cattolici nel Regno Unito: al posto di fomentare la repressione e la violenza nei confronti di chi aveva un credo diverso, imponendo una religione di Stato, il filosofo argomenta l’inutilità di una tale azione politica, dal momento che la sfera spirituale e la sfera giuridica sono assolutamente separate e distinte, sostenendo l’idea di una tolleranza religiosa.
“La tolleranza verso coloro che hanno opinioni diverse in materia di religione è a tal punto consona al Vangelo e alla ragione, che appare una mostruosità che ci siano uomini ciechi, di fronte a una luce così chiara. […] affinché nessuno, dico, faccia imposizione a sé o ad altri, nella veste di suddito fedele del sovrano o in quella di sincero adoratore di Dio, ritengo che si debba innanzitutto far distinzione tra materia civile e religiosa, e che si debbano fissare convenientemente i confini tra chiesa e stato. Se non si fa questo, non si possono in alcun modo regolare i conflitti tra quelli che hanno a cuore effettivamente, o fingono di avere a cuore, la salvezza delle anime, o quella dello stato. Lo stato è, a mio modo di vedere, una società umana costituita unicamente al fine della conservazione e della promozione dei beni civili. Chiamo beni civili la vita, la libertà, l’integrità fisica e l’assenza di dolore, e la proprietà di oggetti esterni, come terre, denaro, mobili ecc”.
Il dovere di uno Stato è quindi quello di proteggere i suoi cittadini e fortunatamente, in questo caso, questo dovere è stato adempiuto. Silvia-Aisha Romano può essere considerata in molti modi, ma è un dato di fatto che attualmente sia vittima di un odio ingiustificato che nasce da opinioni infondate e ignoranti.
“A mio modo di vedere, la chiesa è una libera società di uomini che si uniscono volontariamente per adorare pubblicamente Dio nel modo che credono gradito alla divinità al fine della salvezza delle anime. Dico che è una società libera e volontaria. Nessuno nasce membro di una chiesa; altrimenti ciascuno erediterebbe, insieme alle terre, la religione dei padri e degli antenati, e ciascuno sarebbe debitore della fede ai suoi natali: che è la cosa più assurda che si possa immaginare. Le cose, dunque, stanno così. L’uomo, senza che la natura lo vincoli ad alcuna chiesa, né lo assegni ad alcuna setta, si unisce spontaneamente a quella società in cui ritiene di aver trovato la vera religione, e un culto gradito a Dio. Sicché la speranza di salvezza che vi trova, come è l’unica ragione per entrare nella chiesa, così, allo stesso modo, è anche il criterio per rimanervi. Infatti è indispensabile che con la medesima libertà con cui è entrato gli sia sempre aperta la via dell’uscita, se gli avviene di cogliere un errore di dottrina, o un aspetto incongruo del culto; infatti non vi possono essere vincoli indissolubili, tranne quelli che sono uniti ad un’attesa sicura della vita eterna. Una chiesa è dunque costituita di membri uniti a questo modo, e per il fine che si è detto. […] Il fine di una società religiosa è, come si è detto, il culto pubblico di Dio e l’acquisizione della vita eterna per mezzo di esso. A ciò dunque deve tendere ogni ordinamento; da questi confini devono essere limitate tutte le leggi ecclesiastiche. In questa società non si tratta, né si può trattare di beni civili o di proprietà terrene; non vi si deve impiegare per nessuna ragione la forza, che riguarda completamente il magistrato civile, alla cui autorità sono sottoposti la proprietà e l’uso dei beni esteriori”.
qui trovate il PDF integrale di tutta la Lettera http://www.liceoclassicodettori.edu.it/UserFiles/File/Utenti/Floris/LockeTolleranza.pdf