Quali sono le connessioni tra rischio, vita e morte? Ce lo spiegano Guccini e Beck

Vita e morte accompagnano da sempre l’uomo, cosa succede quando si inizia a riflettere sistematicamente su come gestire i rischi?

Centrali nucleari, pandemia, vaccini, incidenti d’auto. Costanti rischi a cui siamo sottoposti ogni giorno e che bisogna valutare. Illusione e ossessione del controllo oppure progresso?

Una canzone scritta ad una amica

Francesco Guccini è un cantautore italiano, che ha raggiunto la massima fama durante la seconda metà del secolo scorso. Nelle sue canzoni ci sono temi ricorrenti, c’è un esplicito impegno politico, con posizioni apertamente di sinistra ma ci sono anche molte riflessioni esistenziali. Riflette con “Cirano” e “L’avvelenata” sulla propria vita di cantautore, su valori esistenziali e tanto altro.

In “Canzone per un’amica” Guccini canta di una ragazza, sua amica, che si mette in macchina per un viaggio, in cerca di libertà, di pace, divertimento e spensieratezza. La sorte però, il fato, la prende per mano e la conduce sulla strada della morte. Un tragico incidente le porta via la vita.

Guccini riflette a questo punto con sentimenti contrastanti di rabbia, dolore, frustrazione e impotenza sulla vita e sulla morte e sul senso di questa. Assistere a un tragico incidente che porta via la vita a una ragazza, magari neanche trentenne, lascia un vuoto che è molto difficile da descrivere e da comprendere. La prima domanda, che forse probabilmente rimarrà senza risposta per tutta la vita, è semplice: perché? E la seconda, quasi immediata, fa ancora più male ed è: si poteva evitare?

Ulrich Beck e la società del rischio

Beck è stato un sociologo molto importante dello scorso secolo, che ha trattato diversi temi ed argomenti. Divenne molto famoso per quello che è stato il suo testo principale, ovvero la “società del rischio”. Il testo è uscito nel 1986 e parla della necessità che si impone nelle società moderne di ripartire i diversi rischi che la modernità produce.

Andiamo con calma per comprendere cosa vuole dire. Un esempio è calzante e riguarda l’anno di uscita del suo libro, ovvero il 1986. Durante questo anno un reattore nucleare a Cernobyl ha tragicamente manifestato dei guasti che hanno provocato un disastro ambientale che ha distrutto diverse vite, animali, vegetali e umane.

La modernità ha prodotto delle necessità nuove e dei modi per farne fronte. Il lavoro di massa, le industrie che camminano di giorno e di notte, richiedono molta energia. Il nucleare è stato, ed è tutt’ora, in alcuni paesi una delle fonti principali da cui ricavare energia. Tuttavia i rischi connessi a questo li conosciamo, purtroppo bene. Proprio per questo andrebbero divisi in maniera equa tra le diverse nazioni e tra le diverse popolazioni, cosa che come sappiamo, non avviene.

Progresso o illusione di controllo?

Che le cure mediche più efficienti, le cinture di sicurezza, modelli di auto più sicuri e protetti, e copriprese della corrente per i bambini siano una buona cosa lo sostengono un po’ tutti. La modernità ha prodotto numerose scoperte scientifiche e tecniche che migliorano la vita di tutti noi, però a volte la fiducia nella tecnica e nella scienza può nascondere un’illusione di controllo.

Come prima scrivevo la prima domanda di fronte a un tragico evento è perché è successa una cosa tanto tragica, la seconda è se si poteva evitare. Gestire i rischi serve infatti proprio a questo, eliminare gli imprevisti il più possibile, per garantire a tutti una vita il più possibile sicura. Ma quanto questo è possibile?

Se infatti il progresso tecnico e scientifico permette una migliore gestione dei rischi, è anche vero che una copertura totale non esisterà mai. Dietro quella domanda “si poteva evitare?” potrebbe infatti annidarsi una non accettazione della vita e della sua dose necessaria di sofferenza. Nietzsche sostiene che questo si aggira nelle nostre vita come un ragno velenoso, ci punge e non ci fa accettare la realtà e quello che è successo. Ci spinge a trovare un colpevole, nel tentativo di non accettare la vita. Se quindi il progresso tecnico è un bene, non dobbiamo lasciarci accecare dalla sua lucentezza. Non è tutto oro quel che luccica.

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