Attentato alle Torri Gemelle, al Bataclan di Parigi, alla stazione dei treni di Bologna: quante stragi riusciremmo ad aggiungere a questa lista? Innumerevoli, poiché il terrorismo esiste da sempre: scopriamone le radici.Il terrorismo è ormai un tragico scenario molto comune nella nostra società iperglobalizzata. Ma siamo sicuri che sia un fenomeno così recente? In realtà, non lo è. I sociologi preferiscono fissarne la data di nascita intorno al 1400, pur avendo caratteristiche molto diverse da quelle di oggi; l’accezione che noi conosciamo può retrodatarsi a metà Ottocento, in Russia. Tutti sappiamo cos’è il terrorismo, ma ci siamo mai chiesti cosa spinge gli attentatori ad agire? Le scienze sociali hanno provato varie volte a rispondere, soffermandosi soprattutto sul terrorismo rosso, su quello nero e sulla più recente jihad. In tutto questo, anche Fabrizio De André ha provato a dare una sua risposta.
Il Bombarolo di De André: l’atipico terrorista rosso
Nel 1973 vede la luce l’album Storia di un impiegato, disco-simbolo del cantautore genovese Fabrizio de André. Fra le varie tracce, tutte legate dal fil rouge del protagonista, ossia un umile impiegato durante la rivoluzione culturale sessantottina, vi è anche l’iconica Il Bombarolo. In essa viene descritto l’intento terroristico dell’insoddisfatto giovane che, dopo aver fabbricato una bomba artigianale, decide di farla esplodere davanti al Parlamento. La canzone ci guida durante la minuziosa preparazione dell’attentato, visto come un riscatto dell’insoddisfatto lavoratore. Egli, per una volta nella vita, si sente potente, in quanto un’enorme folla dipende esclusivamente dai suoi gesti. In questa follia, partecipa anche il tempo metereologico: la tristezza è evocata dalla pioggia battente, che esordisce proprio al momento di uscire di casa. Nonostante i numerosi sforzi dell’uomo, tutto ciò che riesce a far esplodere è un piccolo chiosco di giornali di fronte al Parlamento, lasciando l’attentatore particolarmente amareggiato. Con questa conclusione, De André vuole suggerirci che il suo piano non avrebbe mai funzionato, in quanto deciso e attuato da solo, lontano dal gruppo. E aveva terribilmente ragione.
Il terrorismo come perversione della modernità
Terrorismo e modernità: come parlare dell’uno, se non si menziona l’altro? Ad oggi è praticamente impossibile. Difatti, dalla Rivoluzione russa del 1917, tali metodologie si sono diffuse in tutto il mondo, soprattutto negli stati totalitari, siano essi comunisti o nazi-fascisti. Si parla di ‘logica del terrore‘, declinata sempre in modo diverso, ma con il medesimo obiettivo: sovvertire l’ordine costituito. Spesse volte, il terrore proviene dal basso, da autoproclamati brigatisti del popolo, ribelli alle istituzioni, che mettono un freno alla disgregazione della società moderna, situata in un mondo-pantano. Essi si sentono in dovere di distruggere quest’ultimo, insieme ad un’élite di eletti, contraddistinti da una conoscenza gnostica. Proprio questo tipo di sapere porterà i saggi a guidare il popolo cieco ed ignorante verso la Rivoluzione, vista come evento salvifico e benefico per tutta l’umanità. Essa, di fatto, implica la fine del mondo come lo conosciamo e, contemporaneamente, la conclusione della Storia: dopo ciò, vi sarà solamente la massima felicità desiderabile per la società.
Viaggio nella mente di un terrorista
Una visione violenta e apocalittica, basata su una mentalità binaria permeata dall’ideologia: il Bene contro il Male, gli amici contro i nemici. Questi ultimi non sono solamente coloro che si oppongono alla rivoluzione, ma anche quelli che non si attivano in prima persona per attuarla. Proprio per questo, essi vengono considerati inutili al nuovo ordine mondiale, oltre che traditori del popolo e, quindi, meritano solo la morte. Grazie al loro ruolo di guide, i brigatisti riescono ad insegnare la pedagogia del terrore: mentalità binaria, repressione del dissenso e del pensiero critico, demonizzazione del nemico fino alla sua spersonalizzazione e disumanizzazione (e, conseguentemente, facile e necessaria uccisione). Un altro importante precetto da trasmettere agli adepti è il completo abbandono della propria vita precedente: è necessario lasciare indietro i propri affetti, la propria casa ed i propri oggetti personali per non essere ostacolati nella realizzazione della Rivoluzione.
Il terrorismo di oggi e la formazione delle fobocrazie
Negli ultimi decenni si è passati, principalmente, ad un’ottica terroristica religiosa, con la nuova primavera araba e il richiamo alla jihad di immigrati di seconda o terza generazione, emarginati dal mondo occidentale, che vedono nella lotta santa dell’Islam la chiave di volta della loro esistenza. Una lotta che inizia con la radicalizzazione in moschee occidentali o, più spesso, nell’infosfera, e termina in Siria come foreign fighters del sedicente Stato Islamico. Terrore incontrollato, che può colpire in ogni dove e in ogni momento nelle grandi città europee, mietendo numerose vittime innocenti, oltre all’attentatore, martire per l’Islam. Terrore che le nostre moderne democrazie occidentali, sempre più insicure e delegittimate nel mondo globalizzato, sfruttano per accrescere la loro sovranità sui cittadini, trasformandosi in Stati di Polizia e fobocrazie, tenute insieme proprio dalla paura, che unisce tutti in un’ottica di solidarietà forzata.