Quanto contano le parole del filosofo Günther Anders, tratte dalle lettere a Klaus Eichmann, figlio dell’ufficiale delle SS Adolf Eichmann, nel nostro tempo? Riscopriamo il nesso fra modernità e passato, per comprendere il presente.

Come ricorda RaiCultura nella sua rubrica “Accadde Oggi” (link all’articolo), non molti sanno della ratline, le vie di fuga che percorsero i criminali di guerra nazisti, e non tutti sanno che all’undici maggio del 1960, Adolf Eichmann – “l’altro Adolf” – era ancora libero e latitante in Argentina.
IL PROCESSO EICHMANN
È il 1950. Adolf Eichmann, immune al processo di Norimberga del ’45, sfrutta l’intricata rete di vie di fuga segrete per rifugiarsi in Argentina, precisamente Buenos Aires. Qui, cambia nome: d’ora in poi sarà noto come Riccardo Klement. Il suo periodo d’oro? La seconda guerra mondiale, durante il Terzo Reich di Hitler. Ufficiale delle SS, fu organizzatore logistico della deportazione di milioni di esseri umani nei lager nazisti.
La sua identità, ignota anche al figlio Klaus, verrà svelata soltanto dieci anni più tardi in un’elaborata missione compiuta dal Mossad (i servizi segreti israeliani). Giustiziato nel 1962, rimase alla storia per i terribili crimini di cui si macchiò e per aver tentato di provare la sua innocenza descrivendosi un “esecutore d’ordini”, un ignavo e indolente “burocrate”. È proprio durante il processo Eichmann che Hannah Arendt coniò la celebre “banalità del male”.

LE LETTERE DI ANDERS
La lettera aperta scritta da Günther Anders venne indirizzata a Klaus Eichmann, figlio del criminale nazista e “indiretto” attore della cattura del padre per mano dell’Intelligence israeliana. Il titolo recita: “Noi figli di Eichmann”. La domanda vien da sè – perché mai saremmo figli di Eichmann anche noi?
Noi, come Klaus Eichmann, viviamo una ferita irreparabile: anche noi negli ultimi decenni abbiamo vissuto credendo che il mostruoso mondo di ieri, da cui traiamo origine, fosse solo un lontano ricordo, convinti di averlo sostituito con un altro. Quello di cui dobbiamo prendere atto è di essere state vittime di una mera illusione: ciò che per noi ha fatto “le veci del padre” è identico al “padre” che aveva dominato qualche decennio fa. Il mostruoso non soltanto è “stato”, ma è stato un’introduzione. Questo perché la discrepanza esiste ora così come esisteva prima.
In parole più semplici, il Mostruoso c’è, c’è stato e continuerà ad esserci nel momento in cui viviamo alimentiamo la discrepanza e la macchinizzazione. Allora come ora, esiste una discrepanza tra l’atto compiuta all’interno di un apparato e le sue conseguenze. Vittime della nostra limitata capacità di immaginazione, incapace di comprendere la portata e le conseguenze delle nostre azioni, viviamo succubi di un moderno con conseguenze sempre meno controllabili. Un esempio? La bomba atomica.
LA SECONDA LETTERA
1988. Klaus Eichmann non rispose mai alla prima lettera di Anders, anzi si schierò al fianco del padre. Il filosofo condannò l’ormai adulto figlio di Eichamann con parole pungenti.
“La verità deve trionfare sui tabù, su tutti. Quindi anche sull’inattaccabilità dei genitori.”.
È così che la seconda lettera rivolta a Klaus assume toni “non così cordiali come quelli di allora” e si trasforma in un’accusa contro l’ennesimo triste risultato dell’indifferenza. La mancata risposta, l’ignavia nel rifiutare il padre e la mostruosità del ruolo da egli rivestito durante il periodo della segregazione ebraica (e non solo), accendono l’aspra critica di Anders. Un altro passaggio importante:
“Le chiedo, signor Eichmann: uno ha il diritto di sporcarsi le mani (e di lavarsele nell’innocenza) solo perchè se si astenesse dal farlo lui si sporcherebbe le mani qualcun altro?”.
E ancora:
“Si diventa forse migliori per il solo fatto che neanche gli altri sono migliori?”.
A seguire, nessuna risposta.