La dittatura del denaro nella vita di tutti i giorni ci permette di essere uomini liberi? I Pink Floyd e Orwell ci spiegano quanto il “dio quattrino” condizioni le nostre scelte quotidiane.
Come si può essere davvero liberi in un mondo regolato da norme vincolanti e divinità posticce? Probabilmente molti di noi si sono trovati più volte come Gordon, protagonista di un romanzo di Orwell o i Pink Floyd a riflettere sul ruolo centrale che riveste il denaro nella vita dell’uomo, ma è davvero giusto o quantomeno possibile uscire da un sistema tanto radicato da renderci schiavi di esso anche nel tentativo di fuoriuscirne?
Money: il denaro come origine del male
Money è una famosa canzone dei Pink Floyd scritta da Roger Waters che appartiene all’album The Dark Side of the Moon in cui ogni brano analizza un aspetto oscuro della natura umana. La canzone si apre con il suono di un registratore di cassa seguito da quello delle monete che scandiscono il tempo in 7/4. Secondo un’ipotesi alternativa, il rumore iniziale è quello di una slot machine dall’inserimento della moneta all’attivazione del rullo: se tale interpretazione fosse corretta, la scelta sarebbe ancora più significativa perché alluderebbe ad uno dei modi più pericolosi per investire soldi. Money è una critica ironica incentrata sul denaro da accumulare e da destinare ad uno stile di vita lussuoso e dispendioso. Fin dai primi versi l’autore chiarisce la necessità dell’essere umano di trovare un lavoro ben retribuito per incrementare sempre più il proprio capitale. Nella seconda parte della canzone c’è l’intenzione di tutelare il proprio bottino tenendolo lontano dalle mani altrui. L’ autore definisce il denaro un crimine e la radice di ogni male. Emblematica è “share it fairly but don’t take a slice of my pie”: la frase racchiude in sé tutta l’avarizia dell’uomo, di colui che è d’accordo nella ripartizione del capitale purché non venga toccata la sua parte.
Fiorirà l’ aspidistra
Gordon Comstock è il protagonista del romanzo di George Orwell Fiorirà l’aspidistra. Il giovane è animato da una forte ambizione letteraria e, per mantenersi, fa il commesso in una libreria mentre cerca di buttare giù idee per un nuovo componimento che possa renderlo famoso. Gordon aspira ad un’esistenza anacoretica, in cui il desiderio di uscire da quel mondo in cui “il denaro è virtù e la povertà delitto” è ancora più ardente del suo amore per la scrittura. Il protagonista afferma che da quando aveva sedici anni crede tutto sia legato alla dicotomia imprenditori/salariati in cui i primi, gli eletti, il cosiddetto “clero monetario” rispondono al comandamento “guadagna quattrini”, mentre gli schiavi e i subordinati hanno l’obbligo morale e materiale di non perdere il posto. Quando era sedicenne lesse la storia di un falegname che nonostante avesse perso ogni ricchezza ed impegnato tutti i suoi averi, non si è mai liberato della sua aspidistra: da quel momento Gordon ha considerato la pianta come il simbolo della vita borghese strettamente legata a rigide norme ordinarie che reprimono e sopprimono il genio artistico che risiede negli individui. Le finestre londinesi decorate con bianche tendine attraverso le quali è possibile scorgere l’aspidistra diventano per il protagonista la metafora della sottomissione a convenzioni sociali dalle quali cerca di prendere le distanze per quanto più gli è possibile.
Rinascita o resa?
L’ intero romanzo è attraversato dalla dittatura del dio quattrino a cui l’uomo non riesce a venire meno. Nel corso della narrazione il protagonista si impegna attivamente nella lotta al denaro, giungendo però ad un paradosso: la volontà di liberarsi della supremazia dei soldi non farà altro che incatenarlo ancor di più condizionando ogni sua scelta, estremamente vincolata dalla sua ossessione di uscire dal capitalistico sistema che regge la società. Gordon entra in un circolo vizioso che comprometterà non solo la sua vita professionale ma anche relazionale, soprattutto nel rapporto con l’amata Rosemary. Il protagonista si abbandonerà ad un vittimismo autodistruttivo che lo porterà a vivere nello squallore e nella più totale solitudine finché una notizia sorprendete e inattesa segnerà la sua rinascita. Inaspettatamente Rosemary gli rivelerà di essere incinta e la sua vita cambierà radicalmente: inizierà ad apprezzare la piantina tanto odiata arrivando a definirla “l’albero della vita”, si caricherà di tutte le responsabilità rigettate fino a quel momento in quanto ritenute una misera sottomissione alle norme del conformismo e rientrerà nei canoni borghesi, alzando bandiera bianca nella sua guerra al denaro ed entrando a tutti gli effetti nel flusso capitalistico che regola la società odierna. Lo scotto da pagare è, però, alto poiché implica una rinuncia alle aspirazioni letterarie che acquisterà concretezza nel momento in cui Gordon getta via la poesia che ha composto nel corso del romanzo. C’è un passaggio dall’estrema povertà dovuta al progressivo declassamento sociale a cui si è volontariamente sottoposto ad una condizione di ricchezza legata alla scelta di accettare l’impiego presso l’azienda pubblicitaria che è sempre passata sotto il suo sguardo critico come strumento di “capitalismo imputridito”.
Angela Orsi