Nobile sport o inutile massacro? Hemingway e Ferdinand si confrontano sulla corrida

Le opposte opinioni sulla corrida vengono riassunte in Morte nel Pomeriggio e nel cartone della Fox

In rosso le comunità dove la corrida è stata bandita; in arancione, quelle dove è legale ma bandita in alcune città; in verde dove è legale e in verde scuro dove è anche stata dichiarata patrimonio culturale.

Come si capisce dalla cartina qui sopra, le opinioni degli spagnoli riguardo la corrida sono contrastanti: c’è chi la considera una tradizione nazionale da rispettare, e chi invece un sanguinario rituale da abolire. Quel che è certo, è che dell’una e dell’altra ipotesi ci sono più sostenitori, e uscire da questo dibattito con una risposta è quasi impossibile.

Si fa preso a dire torero

Torero Camomillo, se il toro ti è vicino, tu schiacci un pisolino e non ci pensi più”. Lo Zecchino d’oro ci ha insegnato che si affrontano un toro e un torero, ma la corrida in realtà è più complessa.

Le prime tauromaquìe sono documentate nella Castiglia del IX sec, ma la versione attuale in tre atti rispecchia maggiormente quelle del Basso Medioevo. Nella prima parte, il tercio de varas, il toro entra nell’arena. Un torero inizia a provocarlo usando il capote, un pesante drappo giallo e rosa. Entrano poi i picadores: armati con delle picche, devono colpire il toro sul muscolo del collo, cercando di evitare che i loro cavalli bardati vengano incornati troppo violentemente. Lo scopo di questa prima parte è mettere in risalto il valore del toro e la potenza delle sue cariche, ma anche sfiancarlo: dal muscolo del collo infatti continua a uscire il sangue.

La seconda parte è più “leggera” per l’animale, che deve riposarsi prima del duello finale. Durante il tercio de banderillas entrano a piedi dei banderilladores, che devono infilare nel dorso del toro le banderillas, piccole astine di legno che non causeranno gravi ferite. Quando nel dorso del toro sono state conficcate tre coppie di banderillas, si può passare all’ultima fase.

Il climax della corrida vede nel tercio de muleta il combattimento finale tra toro e matador: deposto il capote, il matador prende la muleta – il drappo rosso che tutti immaginiamo – e la spada. Ha dieci minuti per uccidere l’animale, altrimenti verrà fischiato dalla folla e il toro ferito ugualmente ucciso fuori dalla plaza de toros. Solo se il toro ha combattuto in maniera eccezionale può essere graziato, in modo da riprodursi e continuare la stirpe di valorosi combattenti.

Fasi di una corrida a Madrid

Morte nel Pomeriggio

Un po’ saggio e un po’ romanzo, un po’ manuale e un po’ diario autobriografico, Death in the Afternoon ruota intorno al mondo della corrida. Secondo Fernanda Pivano, Ernest Hemingway ne è affascinato poiché in essa vede l’istante fatale in cui i due duellanti, uomo e toro, formano un corpo unico appena prima di morire. Eppure, l’autore stesso è consapevole della sua crudeltà:

“La corrida non è uno sport nel senso anglosassone della parola, vale a dire non è una gara o un tentativo di gara tra un toro e un uomo. È piuttosto una tragedia; la morte del toro, che è recitata, più o meno bene, dal toro e dall’uomo insieme e in cui c’è pericolo per l’uomo ma morte sicura per l’animale.”

Tutto si basa sull’atavico scontro tra uomo e bestia: se il toro combatte valorosamente, assisteremo a una bella corrida, ma se il toro è codardo il torero non potrà dimostrare le sue capacità. Più che i nomi di toreri come Juan Belmonte, Jose Gomez Ortega o Ignacio Sanchez Mejias dunque dovremmo ricordarci quelli dei tori che hanno permesso loro di toreare così valorosamente.

Eppure a essere consegnati alla storia sono senza dubbio i toreri: un esempio su tutti è Ignacio Sanchez Mejìas, a cui Federigo Garcia Lorca dedicò una splendida elegia funebre, il Llanto por Ignacio Sánchez Mejías, architettato in quattro sezioni e di cui qui propongo i versi iniziali.

Alle cinque della sera.
Eran le cinque in punto della sera.
Un bambino portò il lenzuolo bianco
alle cinque della sera.
Una sporta di calce già pronta
alle cinque della sera.
Il resto era morte e solo morte
alle cinque della sera.

Ferdinand: dissacrare la corrida

In maniera certo più leggera che nel libro di Hemingway, la corrida fa la sua comparsa anche in questo cartone. Il protagonista Ferdinand nasce sì in un allevamento di tori, ma non è minimamente interessato a combattere. Anzi, viene preso in giro perché preferisce prendersi cura di un fiore. “Se sei un toro, o combatti o muori” gli dicono sempre i compagni.

Costretto dalle circostanze a scendere nell’arena contro El Primero, il più valente matador di Spagna, Ferdinand riesce a umiliare il suo carnefice: prima non reagisce alle provocazioni dei picadores, poi ruba la muleta a El Primero e a disarcionarlo quando lui gli salta in groppa. Il matador riesce comunque a ferirlo, Ferdinand si adira e per un momento pare volerlo colpire, ma vedendo un fiore decide di sedersi e attendere la mossa dell’avversario. El Primero vorrebbe ucciderlo e vendicarsi dell’affronto, ma interviene la folla, che colpita dal valore del toro chiede che venga risparmiato.

La corrida in questo film viene senza dubbio sminuita, privata del sangue e della violenza, ma ciò che rimane è il valore del toro che vi partecipa: l’animale è il vero protagonista della corrida. Il suo premio tuttavia è solo la morte, spesso lunga e straziante a causa delle ferite riportate. Resta quindi da chiedersi che senso abbia onorare un toro valoroso con la morte, e se non sarebbe meglio concedere ai tori come Ferdinand una fattoria dove vivere felici e contenti.

Allevamento di toros de lidia, la stessa varietà di Ferdinand, a Salamanca

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