Un medico monzese, Erik Sganzerla, studiando le lettere del poeta, è arrivato a una nuova e affascinante conclusione: niente depressione ma spondilite anchilopoietica giovanile, una malattia rara che insorge dopo i 16 anni. Il dottore, 68 anni e da venticinque direttore della Neurochirurgia dell’ospedale San Gerardo-Università Bicocca, ci offre un ritratto alternativo: “Leopardi non era un depresso, non era uno sfigato come direbbero i ragazzi di oggi, non era affetto da malattia tubercolare ossea.”
Il neurochirurgo ha ricostruito le fasi della malattia, il presentarsi dei primi sintomi, la loro evoluzione, arrivando a formulare una nuova affascinante ipotesi che smonta quella finora più citata di «Morbo di Pott» (o spondilite tubercolare). L’indagine di analisi da lui condotta è stata puramente clinica e scientifica, ha infatti analizzato i vari disturbi raccontati dallo stesso poeta e da altre testimonianze, vedendole come conseguenza a un unico problema.
“Dalle lettere sappiamo che Leopardi non è nato gracile e gobbo, anzi il fratello Carlo lo descrive come un bambino vivace e leader nei giochi” — spiega Sganzerla —. La deformità spinale, una cifosi dorsale, insorge dopo i 16 anni come si trova conferma nelle parole del marchese Filippo Solari che scrive di aver lasciato “Giacomino di circa 16 anni sano e dritto” e di averlo ritrovato dopo 5 anni ‘consunto e scontorto’ “. A chi non andrebbe via il sorriso, avendo tutti questi problemi fisici? Non si parla, dunque, di depressione che porta un indebolimento fisico, bensì il contrario. Non è nulla di ‘certificato’, ma a quanto pare c’è la possibilità di aver sbagliato per anni, a etichettare Giacomo Leopardi come lo sfigato depresso a cui non ne va bene una. Depressione e letteratura: un binomio che ci piace, l’idea del letterato tormentato, il cui genio emerge grazie a una sensibilità accentuata, la stessa che porta alla depressione.
Come Mrs. Dalloway, il personaggio creato da Virginia Woolf e raccontato nel film ‘The hours’, dove la malattia diventa una scelta. Già nel lontano 1837 (anno di morte del poeta) la depressione era una malattia diffusa, tant’è che era anche utilizzata come diagnosi quando i reali disturbi erano poco chiari. Ebbene, secondo l’Oms, la depressione sarà la malattia cronica più diffusa al mondo, entro il 2020. Dovremo però fare una X su ‘Giacomo Leopard’, nella lista dei poeti depressi.
Ida Luisa De Luca