“I mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno lodati”, continuazione dell’aforisma machiavelliano, che sembra trovare forma e plasmarsi nella figura di Azzurro, capovolto da principe idilliaco a cattivo.
“C’era una volta una Principessa bellissima, vittima però di un tremendo incantesimo che poteva essere spezzato solo dal primo bacio d’amore”, quello di un orco. Ops qualcosa è andata storta! Che fine ha fatto il principe Azzurro? Se è vero che quella di Shrek è la fiaba della caduta dei pregiudizi, della distruzione degli stereotipi e di una logica rovesciata, Shrek non è un orco verdastro mangia-bambini, ma genuino e sensibile degno dell’amore del gentil sesso; Azzurro al contrario, non è il classico eroe-protagonista che salva la Fiona, rinchiusa in un castello sorvegliato da un terribile drago sputa-fuoco, è un antagonista dai connotati di un principe famoso nella tradizione letteraria, quello di Machiavelli.
Prince Sharming
Prince Sharming compare nello specchio, dalle luci sferiche a neon, del lugubre camerino di Azzurro nella locanda La Mela Avvelenata, come se gli servisse da promemoria al suo ego narcisista e cinico: si specchia come fosse il più bello del reame ed è incapace di percepire nella sua pelle la pur seppur minima vibrazione che produce un sentimento. Infatti aspira a usurpare il trono passato nelle provvisorie mani di Shrek, dopo che sua madre, la Fata Madrina, ha trasformato il legittimo re in un rospo. Lo fa solo per il titolo, per i prestigi che ne derivano, perché quello è il copione da rispettare, incurante dell’amore che la Fiona nutre per Shrek e della stessa stabilità del regno holliwoodiano. Così raduna tutti i cattivi delle fiabe. Giunto al castello riesce a catturare Fiona e le altre principesse, grazie alla corrotta Raperonzolo, diventata sua nuova compagna. Anche Shrek viene catturato e Azzurro organizza un’esibizione pubblica con l’intento di deridere e uccidere l’orco dinnanzi ai sudditi del regno e finalmente autoproclamarsi e autoincoronarsi re. Prima di scoprire il finale andiamo a ritrovo per scoprire quali furono i motivi di Azzurro che plasmarono la materia motivante da cui ripartire per vendicarsi e prendersi una volta per tutte ciò che gli spettava.
Azzurro machiavellico
Come chi ha i paraocchi, o come chi focalizza il suo obiettivo su un solo soggetto, ignora quello che gli accade intorno: Shrek è arrivato prima di lui, ha scalato la torre, ha svolto un’impresa ardua, ha rotto l’incantesimo e ora è il soggetto e l’oggetto dell’amore con Fiona. Le gesta di un orco sembrano dare uno schiaffo morale all’ex aspirante re, che ferito nel suo orgoglio e impedito nel suo sogno egoista decide di affidarsi ai poteri della madre, la Fata Madrina. Questa subdolamente cerca di far leva sulle aspettative e sulla insoddisfazione del padre, sul sentimentalismo e sui sogni argentei di Fiona, commissionando più e più volte di uccidere Shrek. Ogni tentativo si rivela fallimentare ed è proprio il fallimento a fornire ad Azzurro la giustificazione machiavellica secondo cui “il fine giustifica i mezzi”. Il fine di Azzurro è nitido nella sua mente poco lucida. I mezzi, quasi mai buoni, sono tutte le vicissitudini che hanno imposto a chi il fine l’ha guadagnato con mezzi puliti e discreti. I compagni di Shrek si liberano e si precipitano a salvarlo, ma è infine Artù,che riconosciute le sue responsabilità, interviene e riappacifica tutti, spodestando Azzurro e accettando di fare il re. Non appena Azzurro viene spodestato cerca di uccidere Artù ma la draghessa non glielo permette facendo cadere una torre sopra di lui schiacciandolo. Il motto che ha accompagnato tutto l’itinere di Azzurro non può che ricordarci il best-seller di Machiavelli, Il Principe, e le sue qualità.
Il Principe
Niccolò Machiavelli nasce a Firenze, quella rinascimentale. Ricoprì cariche politiche e fu autore di opere politiche. Dopo le prime e giovani, durante l’ozio di una vita ritirata, per motivi sempre politici, scrisse il suo capolavoro, Il Principe, dedicato a Giuliano de’ Medici, appena rientrato a Firenze dopo la caduta della Repubblica. Nella lettera di Machiavelli a Vettori, dopo una excusatio manifesta, invita l’amico a far recapitare la lettera a Giuliano così che si renda conto delle sue competenze politiche e del diritto a rivestire quelle cariche da cui era stato estromesso. L’opera dal titolo latino De princibatibus, ultimata nel 1513, consta di XXVI capitoli che possono essere raggruppati in quattro sezioni. Quelli incaricati di delineare i vizi e le virtù che rendono un principe oggetto di lode o di biasimo sono i capitoli XV-XXIII (terza sezione). Il contrasto tra politica ed etica che per Machiavelli sono da intendersi come due cose a sé stanti. Se un principe prediligesse mantenere un comportamento sempre morale in politica finirebbe col minare se stesso e lo Stato, perché l’etica giudica ciò che è Bene e ciò che è Male, mentre la polita l’utile e il dannoso. Quindi succede che un comportamento buono risulti politicamente dannoso e viceversa. Un principe, a detta di Machiavelli deve preferire essere temuto per la sua crudeltà anziché amato per la sua pietà, altrimenti alla prima occasione di vulnerabilità potrebbe essere aggredito. Il parallelismo tra le qualità del principe di Machiavelli e Azzurro sembra palesarsi. Ma come il principe arrivi a conquistare tale potere, il che ci ricorda sempre l’aspirante ascesa al trono di Azzurro, è ben illustrato nel capitolo VII (prima sezione). Lo scrittore individua nel principe ideale quello che sa fondere la virtù con la fortuna, con il delitto che fa capolino.
«… e nelle azioni di tutti li uomini, e massime de’ principi, dove non è iudizio da reclamare, si guarda al fine. Facci dunque uno principe di vincere e mantenere lo stato: e mezzi saranno sempre iudicati onorevoli e da ciascuno lodati»
N. Machiavelli, Il Principe, cap. XVII
E’ qui che emerge la massima machiavellica, subdola, “il fine giustifica i mezzi”, nel senso che, è lecito per un principe acquistare potere attraverso il tradimento e l’assassino dei rivali e forse la perpetua violenza per mantenerlo. Azzurro non sembra farsi scrupoli quando è disposto a mettere in repentaglio la vita di chi lo ostacola in questa ascensione. Eppure il fine del principe machiavellico sembra essere più virtuoso, egli giustifica i mezzi perché non mira alla gloria ma al potere che garantisca benessere allo Stato e quindi ai cittadini tutti.