Evita Peron, moglie del presidente argentino Juan Peron, ha goduto di enorme popolarità per tutto il corso della propria carriere da sindacalista e first lady di Argentina. “Il Simulacro”, racconto di Borges tratto dalla raccolta “L’artefice”, ci racconta una storia apparentemente semplice di quell’estate che stronco prematuramente la vita di Evita. Ma il tutto è condito dalla poetica di J.L. Borges .

Il simulacro
La trama è piuttosto semplice. Nel luglio del 52′, in un paesino del Chaco, un ragazzo decise di allestire una capanna con fiori, candele e un tavolato sopra il quale mise una scatola contenente una bambola bionda. Borges racconta di come gli abitanti del paesino accorsero a fare omaggio alle presunte spoglie esposte nella capanna, facendo le condoglianze all’uomo che veniva chiamato generale. Questo artificioso rito funebre potrà sembrare a noi privo di senso, ma contestualizzato nell’Argentina di quegli anni e dopo una serie di importanti eventi assume un significato particolare.
“Sono le 20:25 minuti, l’ora in cui Evita Peron è passata all’immortalità”. Queste sono le parole che hanno interrotto quotidianamente i notiziari della sera argentini dal 1952 al 1955. Il 1952 è l’anno della prematura morte di Evita Peron. Il 1955 è l’anno in cui il marito di Eva, Juan Domingo Peron, è stato deposto dalla carica di presidente dell’Argentina. Attrice di successo, filantropa, sindacalista attenta alla causa dei diritti dei lavoratori e dei più poveri, Eva Duarte, detta Evita Peron, è stata un simbolo per il popolo argentino negli anni in cui Peron è stato presidente. La sua prematura morte a causa di un tumore nell’estate del 1952 fu un evento che scosse l’intera Argentina, in particolar modo i numerosissimi sostenitori del peronismo. La storia che ci racconta Borges va letta proprio in questo clima. Il racconto si apre con una anonima descrizione del macabro rito funebre che ogni argentino dell’epoca avrebbe letto come un ultimo saluto del generale Peron alla moglie. Ma Borges svela subito la finzione, che peraltro è resa credibile dal fatto che il cadavere di Evita, che alla morte è stata mummificata, è stato falsificato.

Il narratore nella poetica di Borges
Quando il rito funebre viene scoperto una farsa Borges disorienta il lettore che in quel momento comprende che qualsiasi storia venga raccontata, sia essa la ricostruzione di eventi reali o immaginari, è rilegata al campo della finzione. L’atto di raccontare stesso imprime alla narrazione un senso che è il narratore a creare. Ma nella poetica di Borges il narratore non è autorità su ciò che racconta, è bensì un mezzo tramite cui la storia viene raccontata. Questo modo di concepire l’autore rispecchia il modo di concepire la creatività che la cultura greca ci ha trasmesso. Poeti e tragediografi greci aprivano le proprie opere con una preghiera alla muse, dee dell’arte che tramite gli artisti davano al mondo storie. La preghiera dell’artista era ricolma di speranza di essere all’altezza della storia per cui la musa lo ha scelto come tramite. L’artista è uno specchio, produce il riflesso tramite il quale quella storia ci giunge. Proprio per questo quando l’autore riflette una storia ancora prima della storia sta raccontando se stesso.

Secondo Borges l’umanità non ha fatto altro che raccontare sempre le stesse tre storie: una di viaggio, una di guerra e una d’amore. Chi le narra non fa altro che dare loro un volto nuovo, che senza ombra di dubbio è il riflesso del suo volto. “Il simulacro” è una storia d’amore, la storia dell’amore tra Evita Peron e il popolo argentino. Su questa storia incombe però un’ombra, quella di Borges, e la sua passione per il folklore e per i giochi letterari.
Edoardo Dal Borgo