L’ultimo Samurai: l’autodistruzione positiva del pensiero vs l’uscita dalla minorità illuminista

Il pensiero viene considerato dal samurai come una barriera da rimuovere per ottenere una straordinaria efficienza in combattimento, mentre per gli illuministi è una parte essenziale di noi stessi, necessaria alla nostra libertà.

Locandina del film “L’ultimo Samurai”

Attraverso una scena saliente di questo film, si comprenderà il segreto dell’efficienza samurai, paragonandolo alle idee illuministe di minorità e pensiero.

L’ultimo Samurai: combattere con meccanica apatia

Nel film L’ultimo Samurai, il Samurai viene mostrato come un guerriero fatalmente abile nell’uso della katana, ma da dove viene questa leggendaria abilità? Certamente, da numerosi anni d’addestramento, ma non solo. Ciò che contraddistingue quest’abile guerriero è la sua atipica mentalità, nata da una cultura influenzata da religioni e filosofie diverse, come il buddismo e il taoismo. Ciò viene mostrato in una scena che segna uno snodo fondamentale nel percorso del protagonista. Qui, infatti, si vede Natan Algreen addestrarsi con un samurai nell’uso della katana, perdendo innumerevoli volte contro di lui. Dopodiché, un altro samurai si avvicina a Natan, svelandogli la causa dei suoi fallimenti. Così, con poche ed efficaci parole, riassumerà una parte essenziale della filosofia del guerriero: “Troppa mente,” dice, “no mente”. Questa, infatti, è l’essenza della disciplina samurai. Annullare se stessi: le emozioni, le speranze, le paure. Ogni barlume di soggettività viene annientato per ricercare il vuoto interiore. Un vuoto interiore che permette di trasformarsi in meccanismi dall’ineccepibile efficienza, concentrati unicamente sul loro compito primario: combattere. L’annullamento del pensiero permette all’individuo di annichilire le sue emozioni e sensazioni, così da potersi concentrare solo sull’avversario davanti a sé. Ciò porta allo sviluppo della caratteristica umana che Bergson chiamerebbe memoria-abitudine, ovvero una sorta di memoria istintiva e meccanica che permette all’uomo di agire con estrema velocità, senza pensare, in situazioni simili a quelle passate. Con questa abilità, portata ad una efficienza estrema grazie alla loro tecnica della non-mente, e ad estenuanti sessioni di allenamento, il samurai ha saputo porsi in Oriente come un guerriero estremamente capace. Rispettato o temuto, è diventato, grazie alla sua abilità, nel corso dei secoli, un vero e proprio mito.

Per l’Illuminismo non c’è confronto: la penna batte la spada

Se per il samurai il pensiero è una capacità da limitare per raggiungere la massima concentrazione in battaglia, per gli illuministi invece è una facoltà umana tremendamente importante, fautrice della nostra libertà. Non è un caso infatti che il “motto” illuminista istituito da Kant sia proprio “Sapere Aude” (Osa sapere). Infatti, per gli illuministi il pensiero ci permette, se sfruttato a dovere, di mettere in discussione noi stessi e le cose che ci circondano, ottenendo una capacità critica e soggettiva in grado di donarci uno spiraglio di libertà. Se, invece, il pensiero viene limitato e ristretto, come facevano i samurai, secondo gli illuministi ciò porterebbe ad una entrata nella minorità. Ovvero, senza l’uso consapevole della facoltà intellettiva, l’uomo, abituato a non mettere in discussione la sua cultura e i suoi ideali, sarebbe più portato a sottostare alle regole altrui. Regole che potrebbero essere imposte da persone per le quali un regime dittatoriale sarebbe meglio di una democrazia. Infatti, basti pensare al modus operandi di molti dittatori: creando una società fortemente gerarchizzata e autoritaria, limitano le possibilità intellettive dell’individuo, favorendo il suo restare nella minorità.

In definitiva, se i samurai autoannullano il loro pensiero per combattere meglio sul campo, si potrebbe dire che gli illuministi hanno creato una nuova zona di battaglia: quella intellettuale. Uno scontro di pensieri e opinioni, che permette all’uomo di analizzarsi criticamente attraverso l’uso del suo intelletto, un’arma per capire il mondo in modo soggettivo ma libero.

Thomas Croce

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