Il brano Pornoromanzo di Brunori Sas sembra ispirarsi al più celebre romanzo di Vladimir Nabokov, Lolita. Scopriamo cosa hanno in comune!

Chi non conosce un’ opera affascinante e allo stesso tempo scioccante come la Lolita di Nabokov? Pochi invece hanno ascoltato Pornoromanzo, un brano composto da Brunori Sas e contenuto nel suo tezo album, Il cammino di Santiago in taxi.
Lolita, un romanzo che sconvolge
Vladimir Nabokov, scrittore di origini russe, ma naturalizzato statunitense, compone Lolita come un insieme di memorie lasciate da un professore, chiamato con lo pseudonimo di Humbert Humbert e in attesa di essere processato per omicidio. Lo scritto, per volontà dello stesso autore, deve essere pubblicato dopo la sua morte (avvenuta il 16 novembre 1952 per trombosi coronarica) dall’avvocato che ha assunto la sua difesa.
Dopo la prefazione dell’ editore, in realtà scritta da Nabokov, prende avvio il vero e proprio romanzo, in cui la voce narrante risulta essere quella di Humbert Humbert. Nato in Europa e con un matrimonio fallito alle spalle, il protagonista giunge a trentasette anni in una triste cittadina del New England, dove si stabilisce nell’abitazione della vedova Charlotte Haze. Lì il professore conosce Dolores, più spesso chiamata Lolita, l’ adolescente figlia di Charlotte. L’incontro fra il pensionante e la fanciulla, da lui definita ‘ninfetta’, viene descritto nei termini di una vera e propria apparizione folgorante. Da questo momento in poi il professore arderà d’ amore e di passione per la ragazzina. La speranza di continuare a vivere con lei lo spinge a sposare Charlotte che, deceduta in un incidente stradale, lo lascia vedovo. la scomparsa della moglie è solo un pretesto per far sì che il desiderio d’ amore a lungo covato da Humbert per la figliastra possa esprimersi liberamente e realizzarsi. Dopo aver prelevato la ragazzina da un campo estivo, il professore la porterà con sé in un viaggio senza meta per quarantotto stati americani, iniziato nell’agosto del 1947 e conclusosi un anno dopo. Inutile dire che Humbert cerchi di possedere Lolita, di ottenere il suo amore e il suo affetto accontentandola in ogni singola richiesta materiale e in ogni capriccio, ma privandola della sua libertà. Esasperata dalla sua condizione, l’ adolescente fugge con l’ aiuto del signor Quilty, l’ autore di una commedia per la quale Lolita stava recitando. Qualche anno dopo, in seguito ad incessanti ricerche, Humbert trova la ragazza, ormai è sposata, incinta, una ‘ninfa d’ autunno’, la cui bellezza è sfiorita a causa dello sviluppo e della gravidanza. In quest’ occasione Lolita rivela il nome dell’ uomo che l’ha aiutata a scappare e che Humbert uccide nel settembre 1952. Alla fine del romanzo, tuttavia, il lettore viene a conoscenza anche della triste sorte di Lolita, scomparsa il 25 dicembre 1952 a causa di alcune complicazioni durante il parto.
Quanto c’è di Lolita in Pornoromanzo?
Stupisce scoprire che nel terzo album dell’ artista cosentino Brunori Sas, Il cammino di Santiago in taxi, ci sia un brano dai contenuti forti come quelli di Pornoromanzo. Già l’incipit della canzone:
‘Tu sei mia/, disse un professore in preda alla mania/, per la ragazzina di periferia/’
introduce l’ascoltatore a un tema inconsueto nella tradizione musicale: la passione travolgente di un uomo adulto, un professore, come nel caso di Humbert Humbert, per una ragazzina maliziosa. Il protagonista dell’ opera di Nabokov, infatti, confessa di essere stato sedotto dalle arti ammaliatrici della ‘ninfetta’, considerata intraprendente e sfrontata, più come una cacciatrice che una preda. Tuttavia tanto le memorie dell’ imputato quanto le parole della canzone di Brunori lasciano intravedere un rapporto sempre al limite fra un amore vero, reciproco ma tormentato e una situazione di abuso e violenza. Il primo ritornello recita infatti:
‘Ma levati i pantaloni/ che voglio fare l’amore/ lo voglio fare con te/’
mentre il secondo sostituisce ‘voglio’ con ‘devi’ . Se in un caso si esprime il forte desiderio sessuale dell’ io, nell’altro questo sembra trasformarsi in vera e propria violenza, rendendo dunque complicata l’ interpretazione del testo. Molto interessante è sicuramente l’ ultima strofa della canzone:
‘E se poi ti farò male/ non mi condannare/ è pur sempre amore/ Beh che c’è?/ Cos’ hai da piangere?/ Se tu muori morirò con te’
Innanzitutto il ‘fare male’ e l’ allusione al dolore non sono relativi solo all’abuso sessuale, ma in generale al morboso sentimento che il professore prova nei confronti della giovane. Si può interpretare anche come un implicito riferimento all’opera di Nabokov, in cui Lolita non è altro che un soprannome per Dolores, il cui significato è ‘addolorata’, con richiamo alle sofferenze provate dalla Madonna. Il fatto che la ragazzina pianga e che l’io del brano di Brunori giustifichi il dolore cantando ‘è pur sempre amore’ tolgono ogni dubbio sulle possibilità che la piccola Lolita ( ormai possiamo chiamarla anche così) ricambi il sentimento provato dall’adulto, mettendo in luce i tratti di una passione ossessiva e malata.

Una storia crudele e senza compromessi
La chiusa della canzone sottolinea le caratteristiche di un amore senza compromessi, senza alternativa oltre alla morte, l’ io infatti non riuscirebbe a sopravvivere alla scomparsa dell’ amata. Nel capolavoro di Nabokov Humbert non si rassegna alla fuga della piccola Lolita, la cerca, la trova, vuole convincerla a seguirlo, ma il desiderio di vendetta che lo porta ad uccidere Quilty prevale su quello di avere ancora con sé la figliastra. Humbert muore prima di Lolita, ma la ‘ninfetta’ si spegne solo un mese dopo di lui, suggerendo al lettore che i due personaggi siano legati dal destino nella vita e nella morte.
Lolita e Pornoromanzo non stupiscono solo per il tema crudele di cui trattano, ma anche per lo stile con cui un grande romanziere e un grande cantautore riescono a parlarne. Non nascondono le ambiguità del sentimento e delle ossessioni dell’ adulto che prova attrazione per una bambina, ne mostrano il lato più amaro, ma pur dando la parola al carnefice, non alla vittima, riescono a far trapelare la sofferenza e il dolore che un essere innocente è costretto a sopportare.