“Il Milione” di Marco Polo è un’opera letteraria che non smette mai di affascinare, ed è per questo che Netflix gli dedica una serie tv.
L’Oriente ha un fascino che non smetterà mai di ammaliare. Lo sa Marco Polo, che in Oriente ci è stato per 17 anni, e lo sanno i produttori di Netflix, che hanno deciso di produrre una serie tv ispirata all’opera del viaggiatore veneziano. Ma quanto sono rimasti fedeli all’originale?
“Il Milione”: la nascita
A volte, dalle situazioni più improbabili, possono nascere meraviglie. Soprattutto se la situazione improbabile comprende un aspirante scrittore pisano e un intrepido viaggiatore veneziano, compagni di cella in un carcere genovese. Anche se la critica, spesso in maniera eccessivamente aspra, ha stroncato il somnium scribendi di Rustichello- definendolo come un autore di poco conto, scarso e ripetitivo, utile agli studiosi più per questioni linguistiche che per la sua verve creativa- e ha definito la coppia Rustichello – Polo come «la peggiore collaborazione letteraria che qualcuno potesse mai assortire» (parole del noto critico Ettore Camesasca) non possiamo che ringraziare lui e la sua penna – meglio dire piuma- per averci regalato quello che è considerato il primo libro di “narrativa di viaggio”, Le divisament dou monde (“La descrizione del mondo”).
Scritto originariamente in lingua franco-veneta e trascritto poi in lingua d’oil, quello che è ormai noto come “Il milione”, si presenta come un’opera sconvolgente ed emozionante; non tanto una finestra quanto un vero e proprio portale per un universo che al tempo era inimmaginabile: le terre del Khan. Con un territorio che si affacciava sul mar Mediterraneo (grazie a delle conquiste in Turchia), fino all’oceano Pacifico (dopo la presa della Cina), il canato del “Khan dei Khan”, cioè Kublai Khan, nipote del noto Gengis, è il secondo impero più vasto della storia, un mondo sconosciuto e misterioso, contenente un milione di ricchezze e meraviglie. È solo grazie al Milione che si può conoscere e comprendere sia il mito medievale del favoloso Oriente, con le leggende dei Magi e del Prete Gianni, sia la mentalità mercantile italiana del Duecento.
Perennemente in oscillazione tra storia e romanzo, l’opera concentra in sé quella che è la fantasia di Rustichello, mitigata dall’osservazione attenta e scientifica di Marco Polo, temprato e formato dalla classe mercantile veneziana sotto gli aspetti socio- economici. Il Milione è un vero e proprio scrigno delle meraviglie, custode di una realtà tanto diversa e lontana nello spazio, quanto affascinante e pregnante nella storia. Presa coscienza dell’esistenza dell’Oriente, delle sue tradizioni, non se ne può più fare a meno, ed il principale merito del Milione è tutto qui: nell’aver dimostrato che quell’altrove fatato ed impenetrabile esiste per davvero, e può essere esplorato e conosciuto.
Rispetto ad altri documenti di viaggio risalenti al XIII secolo, come per esempio l’Itinerarium di Guglielmo di Rubruck, il Milione va oltre nel vero senso della parola, tant’è che Polo si spinge fino al Catai (Cina settentrionale) testimoniando così l’esistenza di una civiltà mongola sedentaria ed avanzata, paragonabile alla civiltà europea. I mongoli quindi, non erano più i temibili guerrieri nomadi che vivevano nelle tende e si facevano strada a cavallo- come aveva descritto proprio Guglielmo da Rubruck- ma avevano usi e costumi sofisticati, così come le loro città e la loro scrittura.
Alla lettura del capolavoro di Polo, non si può che sentirsi ispirati e desiderare di ambire all’infinito, proprio come fece il mercante veneziano.
“Marco Polo” va in tv
Ad ambire all’infinito però, ci pensa anche Netflix, che con la serie tv “Marco Polo” aveva quasi raggiunto l’agognata meta, prima di cadere nel vuoto.
Definita quasi come un suicidio, la serie tv Marco Polo avrebbe potuto essere uno dei fiori all’occhiello del catalogo dell’azienda, che invece può solo offrire, ancora una volta, una serie tv mediocre, che capitombola all’ennesimo condizionale divenuto (ir)realtà. In maniera ambiziosa, si era pensato di poter seguire pedissequamente quella che era stata l’avventura di Polo, dall’inizio del suo viaggio a diciassette anni, con tanto di traversata da Acri e lungo il deserto, fino alla sua permanenza per 17 anni al servizio del Kublai Khan.
La serie tv, quasi proprio come Rustichello, si perde dinanzi allo sconfinato resoconto del viaggiatore e si va ad impantanare in quei luoghi comuni che lo stesso Polo aveva provato ad estirpare, come per esempio le sanguinose ed interminabili sequenze di battaglie- che sono tra le pagine più criticate della stessa opera, in quanto risultano essere eccessivamente pedanti e soprattutto identiche tra loro. La sceneggiatura guarda al mondo del Khan non con l’occhio di Polo, acutissimo osservatore che realizza che nonostante la distanza il progresso esiste sia ad Occidente che ad Oriente e che si intreccia a tradizioni millenarie, ma guarda a questo mondo inesplorato con l’occhio spaesato dell’occidentale che accecato da tanto splendore e da tanta diversità, volta lo sguardo e preferisce vivere nel mito che si è costruito da solo: un mito di violenza e barbarie, di privazioni e di ostinata avversione verso i popoli adiacenti.
Nemmeno il cast stellare, con Lorenzo Richelmy nei panni del veneziano, Pierfrancesco Favino nelle vesti del padre di Marco, Niccolò e Benedict Wong come Kublai, o splendide scenografie, musiche ed atmosfere, che ricreano egregiamente il fascino dell’Oriente, riescono a tarpare e a oscurare una sceneggiatura a tratti pesante e a tratti frettolosa, che assieme all’enorme costo di produzione, ha segnato la cancellazione della serie tv dopo appena due stagioni, costringendo Netflix a dire addio a quella che doveva essere un fiore all’occhiello del catalogo, e che invece resta incompleta. Il problematico milione questa volta si riferisce non alla quantità di meraviglie che Rustichello fu costretto a trascrivere, e nemmeno al milium che Marco percorse per raggiungere il Khan, quanto più al milione (per la precisione: 90 milioni per la prima stagione, con un “buco” di 200 milioni per due stagioni) necessario per la produzione della serie tv.
Uno su un Milione
Definito come la “descrizione geografica, storica, etnologica, politica, scientifica (zoologia, botanica, mineralogia) dell’Asia medievale” il Milione è un caposaldo della cultura occidentale, usato anche come riferimento per la compilazione del mappamondo di Fra Mauro ed per l’itinerario dei viaggi di Cristoforo Colombo.
Ancora ad oggi, costituisce un unicum nella produzione letteraria italiana, che può vantare un’opera sui generis, dal valore inestimabile, che riesce a catturare la storia dell’ultimo Khanato, una storia fatta di sangue: il sangue versato dei nemici e il sangue di Gengis, che scorre nelle vene dei Mongoli, fieri portatori di un patrimonio che Marco Polo ci ha dato la possibilità di scoprire, abitanti di un territorio distante “un milione di passi”, ma che è sempre a portata di mano, o meglio, a porta di un libro.