L’Italia saluta Alberto Arbasino, lo schietto analista di neoavanguardia della società borghese

Alberto Arbasino, l’intellettuale “low profile” come egli stesso si definiva, si è spento a Voghera, sua città natale, lasciando sull’Italia e sul mondo della letteratura un segno incancellabile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Low profile” è la parola d’ordine, diceva, sullo stesso esempio del suo “genitore” letterario Carlo Emilio Gadda. Il celebre scrittore, poeta, saggista, giornalista e critico teatrale si è spento dopo una lunga malattia, all’età di novant’anni compiuti lo scorso 22 gennaio. L’autore, esponente di spicco della neoavanguardia del Gruppo 63, è noto per le sue disamine, a volte impietose, sulla piccola borghesia italiana. Doveroso quanto piacevole è ricordare oggi sulla nostra testata la sua imponente figura, unendoci al dolore della famiglia e dell’Italia intera per questa grande, immensa perdita.

Il peso della storia sulla letteratura: temi, stili e forme in Arbasino

Chiunque abbia avuto il piacere di leggere un volume di Alberto Arbasino sarà sicuramente rimasto colpito dalle sue peculiarità linguistiche: la sua è una lingua scarna, che si adatta al livello dei suoi personaggi, nella quale (come ben ricorda Angelo Guglielmi) la materialità prevale sull’intensità. Ogni frase è una finestra aperta sulle case dei lavoratori negli anni della ripresa dal dopoguerra. Le sue trame sono intrecciate ad una fitta rete di citazioni, abilmente incastonate nel testo quasi a nascondere il difetto formale dell’ipercitazionismo. La letteratura per lui è puro esercizio di indagine, subordinata alle vicende storiche del suo tempo: lo scrittore, che accoglie dal giornalismo il suo scopo di ricerca analitica, non lavora più per narrare le accomodanti vicende del focolare né per cantare di drammi privi di una finalità ultima o della collocazione in un’eterna memoria storica. Le casalinghe di Voghera, espressione da lui coniata, si fanno ignorante e squallida espressione di una nuova cultura emergente, atrocemente pop e kitsch, che l’intellettuale studia dall’alto con il distacco di chi ha acquisito, mediante l’esperienza e l’analisi, la capacità di superare i limiti imposti alla gente comune. La critica feroce alle abitudini della sua contemporaneità, marcata a tratti da un moralismo estremo, è il filo conduttore della sua opera.

In gita a Chiasso: l’innovazione e la neoavanguardia

Arbasino è un uomo, prima che un artista, che vive di evoluzione e di aggiornamento continuo. Viaggia, si muove, apprende ciò che scrive il resto dell’Europa e se ne fa portavoce, in un’Italia che ritiene ancora troppo autoreferenziale, tanto da consigliare una gita a Chiasso (oltre il confine) agli intellettuali suoi contemporanei. Vive la sua omosessualità, apertamente dichiarata, con molta trasparenza: la sua narrazione dell’amore omoerotico manca del lirismo tragico di Pasolini, ma è leggera sia nelle forme espressive che nella trama, più vicina alle narrazioni americane. Ne L’Anonimo lombardo, definito dell’autore “romanzo epistolarfrocesco”, l’omosessualità studentesca è considerata in maniera assolutamente naturale, totalmente esente dal dramma della diversità. Allo stesso modo, in Fratelli d’Italia, il viaggio di due giovani omosessuali per l’Europa si pone quasi da cornice per fornire al lettore una visione completa sul panorama socioculturale italiano. La sua azione intellettuale si estende alla poesia, alla saggistica, alla critica, persino ad un attivo impegno politico che lo porterà, nel 1983, all’elezione alla Camera dei Deputati nelle liste repubblicane. La sua figura si mantiene, nonostante la volontà di mantenere un basso profilo, in contatto con le realtà contemporanee più attive sul piano intellettuale, quali il celeberrimo Gruppo 63 del quale è fervido partecipante. Scrive su Il Corriere della Sera e su La Repubblica, confermando anche nei pezzi giornalistici il suo stile ironico e crudo.

Alberto Arbasino, uomo e autore

L’immagine dell’uomo Alberto Arbasino che ci viene restituita dalle interviste e dalle testimonianze non è molto diversa dall’immagine che i suoi scritti ci offrono. Durante la cerimonia di premiazione del premio letterario Boccaccio, a Certaldo, abbandonò la sala, spazientito da convenevoli troppo prolissi: “Sono qui da due giorni a sentire fanfaluche e convenevoli. Io questo premio non lo voglio, tenetevelo, me ne vado”. Persino all’interno della discussione ancora immatura sui diritti del mondo LGBTQ+, pur facendone parte, si pose spesso in maniera polemica e critica. Si distaccò da prese di posizione politica estrema, criticando il fascismo come il comunismo per gli aspetti che non condivideva. Il suo viaggiare poliedrico fra le varie realtà fisiche ed artistiche ha sicuramente marchiato a fuoco la letteratura di un’epoca difficile come la sua, offrendo al lettore di oggi spaccati sinceri, composti secondo nuove forme. Il suo dono al mondo di oggi, insieme ad opere dal valore inestimabile, è un pungente sorriso carico di sarcasmo. Grazie, Alberto. Che la terra ti sia lieve.

 

 

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