La poesia in lingua d’oc cela un lato piccante, scopriamolo con un’opera del primo trovatore, Guglielmo IX d’Aquitania.
La lirica dei trovatori occitani è impetuosa e raffinata: in particolare, la poesia di Guglielmo IX -con i suoi riferimenti sessuali espliciti- ci rimanda ai triangoli amorosi della serie tv spagnola “Élite”.
L’evoluzione della poesia in lingua d’oc
La produzione delle liriche in lingua d’oc abbracciò un periodo di circa duecento anni, andando dal 1090 al 1292. L’acme si raggiunse intorno alla fine del XII secolo e il declino di tale tradizione iniziò già tra il 1209 e il 1229 quando ebbe luogo la cruenta crociata contro gli albigesi, bandita da Papa Innocenzo III per sradicare l’eresia catara. Alcuni poeti riuscirono a salvarsi emigrando nelle regioni vicine come la Catalogna e l’Italia settentrionale e poterono, quindi, continuare a comporre, diffondendo i temi e i motivi cortesi in tutta Europa.
In totale, il corpus di rime trobadorico conta più di 2 500 poesie, ma -contrariamente a quanto si pensi- l’amore non è l’unico topos cantato in queste liriche: certo, ne rappresenta il fulcro soprattutto nella canso (=la canzone d’amore per eccellenza), affiancato e/o sostituito -però- da tematiche civili, sociali, culturali se parliamo di sirventes e da dialoghi spumeggianti e polemici tra due o più interlocutori se parliamo di tenso.
Inoltre, l’amore non è esclusivamente analizzato in quanto sentimento romantico, nobile, cauto e raffinato, caritatevole, casto, a tratti elegiaco e platonico; al contrario, alcune liriche sottolineano proprio il carattere più licenzioso e passionale dell’amore.
Guglielmo IX: il primo trovatore
Tale lato “libertino” dell’amor cortese emerge già nelle prime liriche del più antico trovatore: Guglielmo IX d’Aquitania (1071-1226). Egli fu duca di Aquitania e conte di Poiters, grande feudatario, signore potente e incallito dongiovanni, tanto da guadagnarsi il titolo di “uno dei maggiori ingannatori di donne”.
Guglielmo IX scrisse solo 11 composizioni (e una di queste, l’ottava, è di dubbia attribuzione), ma nel loro numero limitato, le 11 poesie trattano temi eterogenei. Il suo corpus è suddivisibile in tre sezioni:
- liriche burlesco-oscene;
- liriche d’amore;
- un canto legato al filone religioso.
Sicuramente, Guglielmo descrive in modo saggio la dolcezza dell’amore nelle poesie della seconda sezione; citiamo, ad esempio, quella in cui paragona l’amore a un fragile biancospino.
“Il nostro amore è paragonabile| al ramo del biancospino| che sta sull’albero, tremante| di notte, alla pioggia e al gelo, | fino all’indomani, quando il sole si diffonde| sul ramoscello, attraverso le verdi fronde”.
Guglielmo va “in pellegrinaggio”
Ma il suo più celebre è la “romanza del gatto rosso” il cui tono rimanda ai fabliaux in lingua d’oil e alle successive novelle boccacciane; qui, emerge il temperamento impenitente e focoso di Guglielmo. Infatti, l’io narrante (cioè Guglielmo) vive un’avventura erotica e viene coinvolto in un ménage a trois. Mentre percorre la cosiddetta via Limosina verso il santuario di Santiago de Compostela, Guglielmo incontra due nobildonne Agnes ed Ermessen, sue conoscenti, che -però- non riconoscono Guglielmo e credono che egli sia muto.
Le madonne vogliono coinvolgere il pellegrino (in realtà, Guglielmo) in un “triangolo” amoroso: lo invitano a casa propria, lo ospitano accanto al fuoco, lo nutrono con capponi, pane bianco, vino e pepe.
“Il nostro proposito non verrà mai rivelato da lui” affermano Agnes ed Ermessen riferendosi al fatto che Guglielmo è muto e che, dunque, non può rivelare a nessuno il piano delle due affascinanti donne. Per assicurarsi dell’essere muto di Guglielmo gli aizzano contro il loro gatto dal manto rosso (da qui il titolo dell’operetta): nonostante le ferite e i graffi del micio, Guglielmo non proferisce parola… è muto sul serio! O, almeno, questo è ciò che credono Agnes ed Ermessen.
Per ben 41 giorni Guglielmo se ne sta con le donzelle e nell’explicit scrive, utilizzando termini scurrili e metafore spinte: “Sentite bene quante volte le fottei: | centoottantotto volte, | così che per poco non ruppi il mio equipaggiamento| e i miei arnesi“.
Il triangolo di Guglielmo… a prova di Élite
L’avventura sessuale di Guglielmo, uomo instancabile e mai sazio, rimanda a quello che è un vero e proprio topos nella letteratura erotica: il “triangolo”. In questo caso, non inteso come una relazione tra due alle spalle di una terza persona, bensì come coinvolgimento consapevole e non tacito di tre individui in un rapporto carnale.
E se parliamo di ménage a trois, non possiamo non menzionare il trio più hot di Netflix: Omar, Ander e Patrick di Élite 5.
I tre partner sono coinvolti contemporaneamente in un rapporto sessuale di gruppo ove dominano l’attrazione reciproca e una furente passione.
Ovviamente, il triangolo di Guglielmo è improvvisato e non è omosessuale (infatti, abbiamo due donne e un uomo, Gugliemo), mentre quello di Élite è omosessuale e inizialmente Patrick si avvicina a uno solo dei due ragazzi, prima ad Ander, poi a Omar, andando -poi- a costituire il triangolo finale. Ma la foga con cui Guglielmo descrive le 41 giornate trascorse tra le braccia di Agnes ed Ermessen rimandano al fuego del terzetto de Las encinas.
Il far riferimento a triangoli amorosi rende la narrazione più piccante e dinamica, perfino Guglielmo IX d’Aquitania ne sapeva qualcosa.