La fantascienza di Star Trek potrebbe non sembrare più tanto assurda quando si parla di lotta ecologista.
Per cercare di salvare il rinoceronte bianco dall’estinzione, sono stati creati due embrioni da trasferire in una madre surrogata. Nonostante sia una manovra di massima urgenza, sicuramente è meglio di quando l’equipaggio dell’Enterprise è tornato indietro nel tempo per salvare le balene.
La scienza aiuta sempre chi ne ha bisogno
Se solo qualche secolo fa l’uomo avesse pensato di dover salvare degli animali dall’estinzione sarebbe parso assurdo. L’unica altra volta che era stato fatto, se si sceglie di credere, è stato quando Noè ha caricato sulla sua arca una coppia di ogni specie animale esistente per salvarla dal diluvio universale.
Logicamente parlando, attuare una manovra del genere è assolutamente infattibile. Ciò però non toglie che qualcosa va fatto. Come riporta il sito italiano del WWF: ‘Nessuno conosce il numero esatto di specie che si estinguono ogni anno, ma sappiamo che è oggi minacciato il 23% dei mammiferi e il 12% degli uccelli‘. Forse queste percentuali potranno anche sembrare basse, ma se si pensa che ogni briciola del pianeta è stata creata dalla Natura stessa per mantenere in vita l’ecosistema in cui tutti viviamo, anche un 1% sarebbe preoccupante.
Le attività umane guidate dall’egoismo sono la causa di questa situazione. Introduzione di specie ‘aliene’ in habitat che non le dovrebbero ospitare, la distruzione dei suddetti habitat (che sia intenzionale, come la deforestazione, o non intenzionale, banalmente come lo scioglimento dei ghiacci causato dall’inquinamento), il poco rispetto che l’uomo ha verso quel cerchio della vita di cui parlava Mufasa ne ‘Il Re Leone’…
Considerato tutto questo è spontaneo pensare che sia l’uomo a dover proteggere ciò che per anni ha distrutto. Ma come fare? In questi momenti, fortunatamente, la scienza accorre in aiuto; come è stato per il rinoceronte bianco.
Due piccoli embrioni per salvare una grande specie
Il rinoceronte bianco settentrionale è stato dichiarato nel 2008 ‘probabilmente’ estinto in natura. L’ultimo esemplare maschio è morto l’anno scorso e sulla Terra ne sono rimasti solo due femmine. Insomma, la situazione pare abbastanza disperata per una specie che di fatto è stato l’uomo a condannare con il suo bracconaggio.
Dunque che fare? Ricorrere alla scienza. Il consorzio nazionale degli scienziati ha infatti da poco annunciato che due embrioni sono stati ricavati dagli ovociti, fecondati con lo sperma di due maschi purtroppo ormai morti, degli ultimi due esemplari. Cesare Galli, scienziato membro del consorzio e leader della ‘missione’, ha spiegato che gli embrioni rimarranno al sicuro e che nel prossimo futuro verranno poi trasferiti a una madre surrogata.
Come è stato possibile tutto ciò? Grazie alla scienza e alle qualità di questi scienziati che hanno raccolto gli ovociti dalle due femmine in Kenya. Ovviamente, gli ovociti raccolti sono stati più di due, ma solo questi sono riusciti a formare embrioni vitali, ora crioconservati e al sicuro. Nonostante tutto questo appaia davvero magnifico e sia portatore di speranza, il pensiero che si debba ricorrere a modi artificiali per creare una vita che senza l’intervento dell’uomo ora potrebbe nascere del tutto naturalmente è preoccupante. Il fatto di sfruttare una meraviglia scientifica per salvare una specie non è però prerogativa dei nostri tempi; o almeno, non di quelli non fantascientifici.
‘Star Trek IV: Rotta verso la Terra’ potrebbe diventare realtà?
Anche se parlare di embrioni fa pensare più a Jurassic Park, la scienza che aiuta l’uomo a salvare delle specie in pericolo è più argomento di un altro film. Anzi, forse sarebbe più opportuno parlare di fantascienza. Era infatti il 1986 quando Leonard Nimoy portava sul grande schermo un tema oggi più che mai attuale, mischiandolo con una storia che già da anni era nel cuore di tanti.
‘Star Trek IV: Rotta verso la Terra’ è il quarto episodio di una saga spaziale iniziata nel 1966 come serie tv e poi sfociata in una sequela di film che continuano ancora oggi. I protagonisti sono noti ai più: Kirk, capitano della nave spaziale USS Enterprise, e Spok, il suo vice vulcaniano, sono infatti una delle coppie più famose del mondo della fantascienza. Insieme a loro ci sono poi anche il dottor McCoy, Scotty, Uhura, Sulu e tanti altri che insieme compongono l’equipaggio dell’Enterprise.
Ma qual è il collegamento tra un film di fantascienza degli anni ’80 e la creazione di due embrioni in grado di salvare una specie animale in via di estinzione? Se si è seguita la storia dei film originali, ci si ricorderà che nel quarto episodio della saga, Rotta verso la Terra appunto, i protagonisti sono costretti a tornare indietro nel tempo fino al XX secolo per salvare una razza ormai estinta: le balene. Nel futuro, infatti, la Terra è minacciata da una sonda spaziale che emana segnali in grado di distruggere le fonti energetiche terrestri e di destabilizzare l’atmosfera del pianeta. La sonda di per sé non ha intenzioni bellicose, bensì mira soltanto a mettersi in contatto con le balene, le quali sono però purtroppo estinte.
Anche se in maniera fantascientifica, il film rende palese cosa potrebbe accadere se l’uomo continua a non rispettare la natura attorno a sé. Lasciando perdere la distruzione del mondo da parte di una sonda spaziale, il pianeta potrebbe autodistruggersi da solo a causa della mancanza di importanti pezzi che reggono il sottile equilibrio che lo manda avanti. La visione distopica di Star Trek non sembra poi così assurda in un 2019 in emergenza climatica. E quel che fa più impressione è che il viaggio nel tempo sembra costituire sempre più una valida alternativa agli embrioni in provetta. La scienza, come la realtà e la fantasia hanno dimostrato, aiuterà sempre chi ne ha bisogno, anche se l’uomo deve tenere bene a mente il fatto che quella, per sua natura, non può fare miracoli. Davvero è necessario ricorrere al viaggio tra i secoli per assicurare all’umanità e alla Terra un futuro?