Vediamo come la filosofia governa noi stessi e la realtà che crediamo di comprendere 
Dr House ci mostra come la nostra profondità sia allo stesso tempo ermetica e fuori dal nostro controllo, e come perfino per quanto riguarda le nostre emozioni non siamo noi a determinarci
Verità elementare Watson
Conoscete tutti il dr House, no? Un medico dotato di una tragicità grottesca, un misto di genialità e di sarcasmo alla Gogol. Ebbene, il dr. Greg House è un cinico misantropo il cui scopo costante è trovare una verità da ricostruire. Tuttavia, la faccenda consta di una speciale profondità, che potremmo definire paralogistica. Lui visita un singolo caso a settimana, la maggior parte delle volte un caso che nessun altro medico è riuscito a risolvere, perché i sintomi sono come tessere di un puzzle sparpagliate qua e là e il suo scopo è di rimettere insieme i pezzi ed ottenere la verità, nient’altro che la verità. Tuttavia qui si incorre in un errore, meglio, in una confusione di termini tra verità e soluzione, che ( parlando in termini Kantiani) chiameremo paralogismo, ovvero confondere due termini simili che hanno però funzioni diverse. Pensiamoci, se alla conclusione di ogni puzzle Greg avesse scorto la verità, perché avrebbe continuato? La sua è un’ossessione più che un obiettivo, è quasi una mania e probabilmente il suo unico “obiettivo “diagnostico, allora perché non fermarsi? Perché, ogni volta che è risolto un puzzle, passare a quello successivo e ostinarsi a snobbare la verità appena trovata? Perché, poi, non trovare appagamento in un singolo caso ma , anzi, diventare sempre più cinico e misantropo e ossessionato? Ad una prima impressione, House potrebbe sembrarci un hegeliano : la verità è un puzzle, il puzzle si risolve con la razionalità, con la logica, ogni conoscenza è quindi appannaggio della razionalità e al di fuori esiste la superstizione. Ma House non crede in Dio, e non lo fa perché lui sa che la razionalità non è verità, perché lui sa che un puzzle è solo una ricostruzione e una ricostruzione non è applicabile oggettivamente, altrimenti perché nessun altro medico avrebbe le sue stesse intuizioni? Esatto, perché House vede la razionalità laddove gli altri vedono un dono, vede la verità laddove gli altri vedono una diagnosi, e allora si sente solo, non comprende il perché di tutta questa incomprensione, si domanda se sia tutto davvero razionale e allora passa ad un altro caso e poi un altro e la verità diventa più incomprensibile man mano che lui ne scuce il velo, capisce che potrebbe essere tutto un inganno e diffida di se stesso. Crede, sospetta, che se gli altri non vedono la sua verità, ci deve essere qualche difetto, e il divino prende sempre più il sopravvento sulla sua autocoscienza,lo incalza sul perno della sua stessa razionalità. È un circolo vizioso, House lo insegue, e scambia la verità con l’incastro, o meglio con una sua forma di verità. Commette un paralogismo.
L’ermeneutica delle parole
Tuttavia , in House, esiste una differenza marcata tra metodologia e scopo che potrebbe spiegare questa ambiguità tra razionale e divino. Se dobbiamo ascoltare Hegel, tutto è razionale e tutto tende per natura al razionale. Questo tendere viene chiamato fenomenologia ed è lampante ad ogni uomo. Nello show, non lo è, se non per House. Questa irregolarità lo porta a non commettere l’errore di non farsi comprendere nella sua razionalità, così per raggiungere la tanto agognata verità House è allo stesso tempo il più irrazionale fra i personaggi, il più testardo, originale, anarchico. Egli è combattuto, e per sciogliere questo conflitto non può che essere irrazionale nell’irrazionalità. Altrimenti, sarebbe incompreso e la sua razionalità sarebbe ermetica, strumento del divino. House è diviso tra due visioni del mondo che spaziano tra due differenti necessità: la necessità che esista il vero e la necessità che venga capito. Se così non fosse, il vero sarebbe estraneo e inintellegibile, costituirebbe l’irrazionale. È una dissoluzione di ogni criterio diagnostico per il nostro medico, che più si avvicenda nel completare i suoi puzzle più ne annebbia il mistero.

A giocare con la propria realtà ci si sente soli
Tuttavia, se House possiede una razionalità unica, che è quasi un dono divino, come provare che le sue siano effettivamente verità e che, la sua sia effettivamente una realtà evidente? Se ci pensiamo, House viene spesso frenato o avvertito, consigliato durante le varie applicazione del suo metodo irrazionale per scopi razionali. Sappiamo che House viene spesso psicoanalizzato da Wilson, un oncologo suo migliore amico, e viene riportato ad un piano “ di comicità concreta” e spesso trascinato in diatribe di scherno dai suoi medici subalterni, che compongono il suo team. In un qualche modo, la coscienza e la realtà di House non convivono dentro di lui, per questo ha bisogno di una realtà che non contempli il “ razionala” ma che sia materia, non forma e che essa persista al di fuori di lui. Potremmo dire che gli amici che lo circondano fungono da inibitori e che senza di loro, la razionalità snervante e intuitiva di House, che gli altri non vedono e che lo porta a dubitare delle sue deduzioni lo porterebbe alla follia. Così possiamo osservare come in un solo uomo convivano percezione e realtà, ma allo stesso tempo incomprensione e intuizione e come il limite tra lui e gli altri costituisca l’equilibri tra fenomeno e noumeno, ovvero tra i due distinti livelli di realtà di cui parla Kant e che sostano sul piano rispettivamente dell’intellegibilità e della “ non conoscenza “. A questo punto entra in gioco la sua ossessione, la sua brama di risolvere ad infinitum che lo porta a ripercorrere tante verità che offuscano il mistero. Questo è chiamato da Kant, metafisica.
Lo scopo finale
La metafisica funge da idea-guida da raggiungere, che però si configura come percorso , verso il paradiso o la felicità che sia, e possiamo immaginare che la risoluzione in serie verso verità di obnubilamento lo conducano sempre più verso una sensibilità conoscitiva vicino alla razionalità che tanto agogna, egli attraversa un cammino metafisico. Che però, lo dirige verso l’infelicità. Cosa possiamo dire su di lui,allora? E su ogni uomo? Perché, in fondo, quanto di quello che siamo è veramente deciso in un contesto di apparente semplicità e quanto ci sembra sotto controllo ma è in realtà più profondo di quanto pensiamo? Pensiamo spesso che il nostro modo di ragionare, di fare, di parlare sia umano, ma come possiamo che i nostri pensieri le nostre azioni il nostro linguaggio siano conformi alle altre persone se, in fondo, siamo i soli a vivere il nostro mondo?