Per questo San Valentino, niente fiori, cioccolatini o gioielli. Indossate delle belle corna (ne abbiamo tutti almeno un paio nell’armadio, no?), tanto sono sempre alla moda. Attenzione quando passate tra le porte, però!
Quando gli scrittori fanno coppia si dice: chi di corna ferisce, di penna perisce. O forse non era proprio così. Poco cambia, comunque, perché per essere una vera coppia di letterati le corna sono necessarie. “Corna”, che volgarità! Forse sarà meglio parlare di relazioni aperte, di scambi, di ménages à trois. Tutto estremamente necessario, altrimenti di che scriverebbero mai? Non parliamo certo del firmacopie di Fabio Volo. Ma, come dice un’illustre pensatrice della nostra era che noi tutti conosciamo, le corna stanno bene su tutto, ma anche Francis Scott Fitzgerald forse ne avrebbe fatto a meno.
1. Simone de Beauvoir & Jean-Paul Sartre
Non fidatevi mai di chi vi propone il tradimento per essere felici in coppia o di chi non vi invita mai a casa sua, a meno che non sia uno studente modello della facoltà di filosofia della Sorbona di Parigi, affetto da strabismo e di nome Jean-Paul. Talmente innamorati della decostruzione dei dogmi della borghesia perbenista che li aveva allevati come bovini in cattività che questi due, amanti del bonding riletto in chiave esistenzialista, hanno vissuto 51 anni di amore indissolubile, senza alcun vincolo coniugale (per carità, zero catene o collari). Il segreto per un amore visceralmente perpetuo? Ménages à trois con l’amante di uno dei due e mai, MAI, lasciare lo spazzolino a casa dell’altro. Non a caso, Simone è stata la paladina del diritto delle donne ad avere i toy-boy in cantina, antesignana del femminismo contemporaneo. Molto, molto libertina, ma anche molto, molto felice.
2. Zelda Sayre & Francis Scott Fitzgerald
Zelda e Scott, Scott e Zelda, la coppia che scoppia degli sfavillanti Roaring Twenties, quelli che, oggi, si bloccherebbero e sbloccherebbero su Whatsapp o Instagram e toglierebbero lo status di “ufficialmente fidanzato con” su Facebook ogni volta che non sono d’accordo se sia più buono il tè alla pesca o al limone. Tra la bozza di un nuovo romanzo rubato dalle idee dell’altro ed un party in casa Stein, i due trovano addirittura il tempo, impegnati com’erano nel curare le loro depressioni, di rendere indimenticabile il loro on-off continuo. Lei, Zelda, sempre in prima linea in discoteca, accettava di baciare qualunque sconosciuto che le offrisse un Martini al bancone. Unica condizione: il permesso di raccontare quelle avventure là, una volta tornata a casa, per soggiogare, vinto dalla gelosia, il povero Francis. Insomma, ogni giorno una notte da leonesse per Zelda, se non fosse che quella dispersa, nell’alcol e nel narcisismo, era lei. Tra mille pretendenti, lei scelse di sposare proprio quell’uomo che la faceva sentire protetta, quando la chiudeva a chiave, birichina (perché era del team tè al limone), nella sua stanza.
3. Elsa Morante & Alberto Moravia
Immagino la storia di questi due come una serie tv firmata HBO dal titolo Promiscuità & the city. Appassionata della Beat Generation e di appartamenti in via del Babuino a Roma, Elsa fa un’inquietante collezione di amori non corrisposti dai suoi amici omosessuali (Luchino Visconti, Pier Paolo Pasolini, Bill Morrow e forse anche Tiziano Ferro), che si sommano a quegli amanti un po’ pazzi, come quel tale, Richard, che le scriveva come intimidazione, quando lei si rifiutava di fare del sexting protetto, peggio per te se non sei una Woolf. E di Alberto che dire? Si crede padrone di Elsa (e, in gran segreto, anche della letteratura), le dirà, separate le loro strade, quando verrai sarò quasi felice. Lei sempre innamorata di altri, lui sempre innamorato di lei, anche nel letto di altre. Un’ex sostanzialmente ingombrante cui Dacia Maraini chiederà il permesso di sposare l’ex marito per non arrecarle un dispiacere, dato che era una sua fan. Avvolta in una pelliccia di visone durante una manifestazione contro il nucleare, Elsa le aveva dato il benestare, con la taciuta certezza che anche lei, un giorno, avrebbe indossato delle belle corna simili alle sue.
4. Virginia Stephen & Leonard Woolf
Per la prima volta, prendere il cognome del marito non azzera il tasso di libertà personale di una donna, ma, anzi, la fa passare alla storia, per cui chiamatela pure Virginia Woolf. La complicità di questi due fu sublime sin dai tempi del Bloomsbury Group, quando Virginia ancora non aveva una stanza per sé o un cocker al guinzaglio, fino a diventare sinceramente profonda, come le acque in cui lei si annegò, stringendo tra i pugni, in tasca, quei sassolini assassini. Non ci fu rapporto saffico con Vita Sackville-West che tenesse a rovinare l’amore che Virginia e Leonard avevano promesso di scambiarsi reciprocamente, finché dose eccessiva di Veronal non li separò nel 1941. A parlare di loro due è stata, e sarà per sempre, la lettera d’addio che lei gli dedicò: Quello che voglio dirti è che devo tutta la felicità della mia vita a te. Sei stato completamente paziente con me, e incredibilmente buono. Voglio dirlo – tutti lo sanno. Se qualcuno avesse potuto salvarmi, saresti stato tu. Tutto se n’è andato da me tranne la certezza della tua bontà. Non posso continuare a rovinarti la vita. Non credo che due persone possano essere state più felici di quanto lo siamo stati noi. Addio Virgi, anche noi ti abbiamo amata.
5. Alda Merini & Giorgio Manganelli
Che gioia è sapere che anche Alda Merini ha interpretato il ruolo di lolita indie e di rovina-famiglia nella vita di Giorgio Manganelli. Lei 15 anni e poetessa esordiente, lui 27 e sposato con tanto di figlioletta a casa, una storia che solo Nabokov poteva inventarsi e che solo questi due potevano interpretare magistralmente. Fu tutto breve, come la parola amore che si legge tormento, nemmeno loro si accorsero di come fosse iniziata e poi finita. Si frequentavano clandestinamente, credevano di essere la reincarnazione di Orfeo ed Euridice che giocano a “guardie e ladri”. Giorgio non riusciva ad ottenere la separazione consensuale dalla moglie e, così, Alda soffriva, ma quando ottenne il divorzio lei lo lasciò comunque. Too bad too late. Forse, a lasciarlo è stata l’altra Alda, quella che le parlava di nascosto da tutti, nel disordinato silenzio della sua mente, quella per cui le venne diagnosticato il disturbo bipolare e che la fece finire in un ospedale psichiatrico. Ma che la fece finire, soprattutto, single.