La guerra è una tematica sensibile a tutte le arti. Esse sono in grado di raccontarcela attraverso vie diverse.

Da “Guernica” di Pablo Picasso a “Blowin’ in the wind” di Bob Dylan, dal crudo poetare di Giuseppe Ungaretti al “Volto della guerra” di Salvador Dalì: molte esperienze ma un’unica volontà di denunciare il conflitto.
La storia di un partigiano
“Johnny gli sparò senza affanno, senza ferocia, ed il ragazzo cadde, lentamente, così come Johnny lentamente si aderse sui gomiti, nell’ascensionale sospensione davanti al suo primo morto”. Johnny è un giovane combattente arruolatosi tra i partigiani rossi ed ha appena ucciso il suo primo nemico. Nel farlo egli ha provato una sorta di calma, di naturalezza, ed infatti i colpi della pistola sono partiti “senza affanno, senza ferocia”. Dopo aver osservato il corpo morente di quel ragazzo, giovane come lui ma con una divisa diversa, egli percepisce un senso di forte stanchezza e non è nemmeno in grado di provare pietà per il caduto: questo senso di arrendevolezza fisica e psicologica s’incarna nella consapevolezza della tragicità della guerra, considerata sì come concreta lotta per la libertà ma pur sempre atroce, funerea. Questo è uno dei momenti centrali dell’opera di Beppe Fenoglio “Il partigiano Johnny”, èdita nel 1968 e viva testimonianza della lotta partigiana al fascismo, nella quale l’autore proietta anche parte della sua stessa esperienza bellica. Oltre a questo, l’altro romanzo della Resistenza è del 1963 e s’intitola “Una questione privata”. La tematica nodale è la medesima, ma il protagonista Milton si caratterizza diversamente in quanto partigiano badogliano e dunque meno estremista rispetto al collega rosso Johnny. Egli vive a pieno l’esperienza bellica ma la sua mente è occupata perennemente da una “questione privata”, ossia il suo amore per Fulvia e l’ossessione che ella possa aver vissuto una storia d’amore con il compagno d’armi Giorgio. Milton vive dunque un pericoloso intreccio tra il suo dovere militare e un affare sentimentale che lo porterà alla ricerca della sua amata come un moderno e folle Orlando ariostesco. Al destino bellico comune si unisce il destino individuale, appassionato quanto funesto per il suo esito finale…o forse no?


Faber e la sua “poesia in musica”
Tra i “cantori della guerra” merita una nomina speciale anche l’indimenticato Fabrizio de Andrè, cantautore italiano tra i più amati di sempre. La grandezza del suo genio artistico sta nell’averci regalato vere e proprie poesie in musica. Tra le canzoni più celebri ricordiamo “Il pescatore”, “Bocca di rosa”, “Don Raffaè”, “La canzone dell’amor perduto” e moltissimi altri capolavori, come ad esempio il singolo “La guerra di Piero”, pubblicato nel 1964 e inserito nel suo primo album di due anni successivo “Tutto Fabrizio de Andrè”. è complicato e tutt’al più ingeneroso voler cogliere un significato univoco del brano in quanto ricco di infinite sfumature, palesi e celate, ma ciò che balza subito alla mente durante l’ascolto è il rapporto con la guerra vissuto dal protagonista, il giovane Piero, in relazione al nemico che si trova innanzi. A differenza sua, Piero ha paura di uccidere e questa esitazione sul grilletto la pagherà con la vita per mano di “quell’uomo in fondo alla valle che aveva il tuo stesso identico umore ma la divisa di un altro colore”. Muore da ragazzo, muore nel periodo di maggiore floridezza e felicità e il mese di maggio evocato nel testo ne è rappresentazione simbolica. Qui, la denuncia nei confronti della crudeltà della guerra emerge forte come nelle opere di Beppe Fenoglio, ed entrambi gli autori caratterizzano i loro capolavori ponendo al centro la gioventù che non di sangue e morte dovrebbe divenir esperta ma di amore e vita.

Il testo de “La guerra di Piero”
Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma son mille papaveri rossi
Lungo le sponde del mio torrente
Voglio che scendano I lucci argentati
Non più I cadaveri dei soldati
Portati in braccio dalla corrente
Così dicevi ed era inverno
E come gli altri verso l’inferno Te ne vai triste come chi deve
Il vento ti sputa in faccia la neve
Fermati Piero, fermati adesso
Lascia che il vento ti passi un po’ addosso
Dei morti in battaglia ti porti la voce
Chi diede la vita ebbe in cambio una croce
Ma tu no lo udisti e il tempo passava
Con le stagioni a passo di giava
Ed arrivasti a varcar la frontiera
In un bel giorno di primavera
E mentre marciavi con l’anima in spalle
Vedesti un uomo in fondo alla valle
Che aveva il tuo stesso identico umore
Ma la divisa di un altro colore
Sparagli Piero, sparagli ora
E dopo un colpo sparagli ancora
Fino a che tu non lo vedrai esangue
Cadere in terra a coprire il suo sangue
E se gli sparo in fronte o nel cuore
Soltanto il tempo avrà per morire
Ma il tempo a me resterà per vedere
Vedere gli occhi di un uomo che muore
E mentre gli usi questa premura
Quello si volta, ti vede e ha paura
Ed imbraccia l’artiglieria
Non ti ricambia la cortesia
Cadesti in terra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che il tempo non ti sarebbe bastato
A chiedere perdono per ogni peccato
Cadesti interra senza un lamento
E ti accorgesti in un solo momento
Che la tua vita finiva quel giorno
E non ci sarebbe stato un ritorno
Ninetta mia crepare di maggio
Ci vuole tanto troppo coraggio
Ninetta bella dritto all’inferno
Avrei preferito andarci in inverno
E mentre il grano ti stava a sentire
Dentro alle mani stringevi un fucile
Dentro alla bocca stringevi parole
Troppo gelate per sciogliersi al sole
Dormi sepolto in un campo di grano
Non è la rosa non è il tulipano
Che ti fan veglia dall’ombra dei fossi
Ma sono mille papaveri rossi