L’addio dopo la morte: ecco come lo hanno raccontato Tacito e De André

Raccontare la morte di qualcuno non è mai facile, tantomeno trovare le giuste parole dopo una perdita. Ecco cosa accomuna De André e Tacito.

Gli Annales di Tacito raccontano della morte di Lucio Anneo Seneca, il filosofo per eccellenza della corte di Nerone, il quale non solo affronta la morte con coraggio, ma riesce anche a consolare chi gli sta intorno. Perché, però, associare Tacito e De André?

La morta di Seneca: quali furono i motivi?

Gli Annales sono un’opera di tacito di tipo storiografico, la quale racconta in maniera annalistica il periodo di tempo che va dal principato di Augusto alla morte di Nerone. All’interno degli Annales viene raccontata anche la morte del filosofo Seneca, con una particolare attenzione ai motivi e ai dettagli. Prima di passare al racconto della morte di Seneca è meglio cercare di spiegare le motivazioni che spinsero il filosofo al suicidio. Seneca dopo tanti anni a servizio della corte nero in Jana si era ritirato a vita privata.purtroppo una serie di circostanze lo videro al centro della congiura dei Pisoni. Durante quegli anni, infatti, un gruppo di uomini stanco del comportamento di Nerone e delle sue eccedenze, decise di organizzare una congiura ai suoi danni. Il filosofo fu ritenuto colpevole di aver preso parte al gruppo e, per questo motivo, venne spinto al suicidio dello stesso Nerone. Come fece però Nerone a sapere della congiura? Tra gli uomini del gruppo c’era un liberto, milito, il quale li tradì e di conseguenza la congiura venne sventata. Non abbiamo modo di sapere se Seneca prese parte o meno alla congiura, forse ne era solo a conoscenza.

La narrazione della morte

dedica ben tre paragrafi e la descrizione della morte di Seneca: molto importante quello centrale che vede non solo la parte in cui Seneca recide propri polsi delle mani e poi quelli dei piedi, ma anche il momento in cui la moglie viene trasferita in un’altra stanza. Ad assistere alla sua morte infatti c’era anche la moglie, Paolina, la quale come viene raccontato nel terzo paragrafo sopravvisse pochi anni in più rispetto a Seneca ma, dopo la sua morte, divenne pallida e sciupata facendo presumere una morte dello spirito. Nel primo paragrafo invece, Seneca chiede delle tavolette prescrivere il proprio testamento, tavolette che non gli verranno fornite.il filosofo però non si abbatte quindi decide di fare un testamento orale: lì erano presenti anche una serie di suoi amici ai quali chiese di ricordare la sua vita e che da questa potessero trarre insegnamento nel bene dell’amicizia. Sorprende molto la lucidità con cui Seneca affronta la morte, dato che ricorda a coloro i quali stanno assistendo alla sua lenta agonia di non piangere e dimostrare fermezza perché quella era uno dei principi della saggezza. Alla fine chiederà il suo amico e la somministrazione di un veleno per accelerare il processo, veleno che purtroppo non farà effetto, visto che il corpo di Seneca era già troppo debole.

Preghiera in Gennaio: la morte di Luigi Tenco

Accomuna il racconto di Tacito e quello di De André  il fatto che entrambi i testi sono stati scritti per ricordare un suicida.  Era il 1967 e Fabrizio de Andrè era di ritorno dal funerale di Luigi Tenco, il quale era morto suicida. Dopo essere ritornato Faber scrive Preghiera in Gennaio, canzone in cui chiede a Dio di accogliere Luigi Tenco in paradiso.

L’ho dedicata a Tenco. Scritta, o meglio pensata nel ritorno da Sanremo dove c’eravamo precipitati io, la mia ex moglie Enrica Rignon e la Anna Paoli. Dopo aver visto Luigi disteso in quell’obitorio (fuori Sanremo peraltro, perché non ce l’avevano voluto) tornando poi a Genova in attesa del funerale che si sarebbe svolto due giorni dopo a Cassine, mi pare, m’era venuta questa composizione. Sai, ad un certo punto non sai cosa fare per una persona che è morta, ti sembra quindi quasi di gratificarla andando al suo funerale, scrivendo – se sei capace di scrivere e se ne hai l’idea – qualcosa che lo gratifichi, che lo ricordi… forse è una forma… ma d’altra parte è umano, credo… non l’ho di certo scritta apposta perché la gente pensasse che io avevo scritto apposta una canzone per Luigi, tant’è vero che non c’era scritto assolutamente da nessuna parte che l’avevo composta per lui.

Le parole di De André sono sempre molto toccanti e l’intento della canzone/preghiera è quello di cercare di assicurare, o meglio di chiedere, un posto a Luigi Tenco tra i beati, benché si sia tolto la vita. Ovviamente gli scritti di tacito e di de Andrè sono non solo molto distante a livello cronologico, ma sono anche tanto diversi a livello di impostazione. È stato scelto di associarli di creare questo parallelismo perché in entrambi casi qualcuno che andato via non c’è più e sebbene siano passati secoli e secoli, le parlano sempre la stessa importanza: sia Luigi Tenco che Seneca vengono ricordati da qualcuno che ancora in vita e non solo vengono anche ricordati con un certo coraggio e una certa nostalgia.

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