Sin dal Novecento le case editrici vanno alla ricerca di un modo per allargare il pubblico di lettori. La soluzione è il lancio di un nuovo prodotto: il libro tascabile.
La dimensione ridotta, la rilegatura in brossura e il prezzo contenuto sono le principali caratteristiche dei tascabili, il cui merito principale sta nell’aver permesso alla cultura di dialogare con un pubblico più ampio di lettori.
Il formato tascabile con Aldo Manuzio
Spesso si attribuisce alla figura di Aldo Manuzio l’invenzione del tascabile. In realtà bisogna sfatare questo mito. Il formato tascabile, che corrisponde al formato in ottavo, esisteva già precedentemente ed era utilizzato principalmente per stampare testi devozionali e di manualistica. Qual è allora il ruolo di Manuzio nella storia del libro tascabile? Manuzio è responsabile di aver sorpreso i suoi lettori stampando in un formato ridotto le opere della letteratura classica, solitamente stampate in un formato più grande, l’in quarto. Questi testi, chiamati “enchiridia” (letteralmente “che stanno in una mano”), presentavano una scrittura corsiva ed erano privi di quegli enormi apparati di commenti che riempivano le grandi edizioni in folio. Il nuovo pubblico a cui si rivolgevano era fatto di umanisti, studiosi, maestri, colti gentiluomini, per i quali la lettura sarebbe divenuta un momento di svago. Questo nuovo formato più maneggevole, infatti, avrebbe reso più semplice il trasporto e permesso ai lettori di avvicinarsi ai grandi classici attraverso una lettura più intima e libera.
Quei libri umili e grigi che hanno democratizzato la cultura in Italia
La rivoluzione del tascabile in Italia avviene sicuramente nel 1949 con la creazione della Biblioteca Universale Rizzoli, la BUR, con cui Angelo Rizzoli, prima di tutto editore di periodici, entra nel mercato dei libri. Il progetto nasce dalle menti di Luigi Rusca e Paolo Lecalldano con lo scopo di aumentare la percentuale di lettori in Italia. Si trattava di volumetti con una copertina di solo testo di colore grigio dal prezzo contenutissimo, circa 50 lire per 100 pagine. Per ridurre al minimo i costi si sceglie infatti di pubblicare solo classici, quindi testi fuori diritti, e con una copertina priva di illustrazioni e rilegatura in brossura. Il primo titolo pubblicato è “I promessi sposi” e fino al 1972 la collana arriva al numero 2487 con “Fatti e detti memorabili” di Valerio Massimo. Nel 1972 si chiude la prima serie, la cosiddetta “vecchia BUR”, per ripartire poi nel 1974 con il nuovo direttore editoriale Mario Spagnol. Questa seconda serie ha uno spirito nuovo, le copertine sono affidate a John Alcorn che disegna un logo liberty e cornici per titoli, e ai testi fuori diritti si aggiungono narrativa contemporanea italiana e straniera, saggi e manuali. Con l’editor Evaldo Violo vengono prodotto 3200 titoli rivolti a un lettore ormai più consapevole. Nel 2004 viene rinnovata la “terza BUR” che deve adattarsi a un nuovo pubblico di consumatori che richiedono un continuo aggiornamento del catalogo dei classici e una continua rivisitazione grafica.
Gli “Oscar dei libri”
Gli Oscar Mondadori inaugurano lo sbarco delle collane tascabili in edicola. Il prezzo fisso che viene dato alla nuova collana è di 350 lire. Nel 1965 una massiccia campagna pubblicitaria annuncia l’uscita di questi libri con testi sotto diritti, contemporanei, senza note o introduzioni. La copertina si distingue in modo eclatante dalle grigie e tristi copertine della Vecchia BUR, presentando una grafica pensata con evidenti intenti di marketing: in primo piano il prezzo, più grande del nome dell’autore, il nome della collana è riportato in alto, come una testata periodica, “Gli Oscar settimanali”. Le illustrazioni sono a colori con un tecnica che richiama le locandine dei film. Questi accorgimenti fanno percepire la collana come non impegnativa, rivolta a un pubblico più ampio. L’innovazione sta, come anticipato, nei nuovi canali di distribuzione: non solo le librerie ma soprattutto in punti vendita frequentati giornalmente, come le edicole. La tiratura di 210mila copie della prima uscita si esaurisce in una sola settimana e nel primo anno gli Oscar vendono 8 milioni e mezzo di copie. Un successo senza precedenti. Questo nuovo tipo di collana rende sicuramente difficile la vita della BUR che fino alla seconda serie non riesce ad adattarsi ai nuovi gusti. La collana diventa una vera e propria casa editrice interna alla Mondadori e ancora negli anni Duemila rappresenta il 45% del fatturato della casa madre, con più di 4000 titoli in catalogo. Possiamo dire che l’obiettivo, costituire gli “Oscar dei Libri”, è stato pienamente raggiunto.