La religione in 10 parole: scopriamo alcuni dei termini religiosi più diffusi

Il lessico religioso è costituito da molte parole dall’etimologia non sempre certa, diamo un’occhiata ad alcune di esse.

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Tutti abbiamo un’idea di cosa sia la religione,  ma è difficile darne una definizione, così com’è difficile individuare le caratteristiche che rendono un insieme di credenze e/o culti una vera e propria religione. Quando parliamo di religione ci vengono in mente diverse parole come divino, sacro, fede, dogma, culto, rito…  Alcuni dei concetti designati da questi termini sono comuni alla stragrande maggioranza delle religioni esistite ed esistenti tutt’oggi.

1. Cos’è la “religio”?

Il dizionario Treccani definisce la religione come:

il complesso di credenze, sentimenti, riti che legano un individuo o un gruppo umano con ciò che esso ritiene sacro, in particolare con la divinità, oppure il complesso dei dogmi, dei precetti, dei riti che costituiscono un dato culto religioso.

Il termine “religione” deriva dal latino religio, ma non è chiara l’etimologia e il significato del verbo da cui, a sua volta, religio deriverebbe:

  • secondo Cicerone l’aggettivo religiosus viene da relegere (ex relegendo, in “De natura deorum”) che vuol dire raccogliere di nuovo, ripercorrere o rileggere; quindi, l’aggettivo indicherebbe colui che assume un atteggiamento diligente, colui che ripercorre in maniera precisa e scrupolosa tutta una serie di azioni nei confronti di esseri sovrumani, quali sono le divinità.
  • secondo Lattanzio, invece, che nelle “Divinae institutiones” critica l’ipotesi ciceroniana, religio deriva dal verbo religare, ossia legare, connettere, alludendo al vincolo che ci tiene legati al Dio cristiano.

Di sicuro la definizione così come il tentativo di ricostruire l’etimologia della parola “religione” dipendono dal tipo di culto a cui si fa riferimento: Cicerone quando definisce la religio  (nel “De inventione”) e quando ne stima l’etimologia fa riferimento alla religione del suo tempo, quindi a una forma di politeismo; mentre Lattanzio, scrittore e apologeta cristiano, lo fa in un’ottica monoteistica.

Oggi, alla luce anche dello sviluppo delle ricerche e degli studi comparati, gli antropologi e gli storici delle religioni tendono a elaborare una definizione più ampia e in un certo qual modo universale, tenendo sempre però in considerazione il fatto che non è possibile definire la religione in maniera astratta perché non si può prescindere dalla cultura, dalla geografia e dalla storia di una determinata società presso la quale è nata quella specifica credenza religiosa.

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2. Tra sacro e profano

Una delle caratteristiche comuni a tutte le forme religiose è la separazione tra la dimensione sacra e quella profana. è pur vero che in alcune religioni tale separazione è più netta e marcata, quindi il divino non può “mischiarsi” con la dimensione umana se non in determinati e limitati contesti (ad esempio durante un sacrificio o un rito); presso altri culti, invece, le due dimensioni non sono del tutto separate: ad esempio in alcune religioni (specialmente in quelle politeistiche) gli dei possono vivere tra gli uomini e unirsi a essi.

Il termine” sacro” deriva dal latino sacer (= consacrato) che a sua volta viene dalla radice indoeuropea *sacattaccare”, “aderire” da intendere nel senso di “cosa legata alla divinità”; ancora, *sac potrebbe indicare qualcosa che è stato sanzionato, determinato e, quindi, “un qualcosa che è stato stabilito appartenere agli dei”.

L’etimologia del suo contrario è più certa: profano < pro + fanum. Fanum indicava in origine il bosco, il recito e ancora il luogo sacro e poi il tempio; dunque, “profano” indica ciò che è davanti al tempio, fuori dal recinto sacro, fuori dal dominio divino.

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3. Ortodossi, eterodossi ed eretici

Il lessico religioso può essere definito binario: eresia-ortodossia rappresenta un’altra coppia oppositiva oltre a quella sacro-profano.

L’ortodossia dal greco όρθος, orthos “retto” + δόξα, doxa “opinione” designa la corretta credenza, ciò che è conforme alla pura e sana opinione.

Il suo contrario è eterodossia o, in alcuni casi -specie quando si fa riferimento alla religione cristiana-  eresia: da heteros (diverso) + doxa l’eterodossia indica il seguire un insieme di credenze diverso da quello orthos, retto e considerato “vero” dall’autorità religiosa o dalla maggior parte dei fedeli.

L’eresia indica la dottrina contraria alla fede ortodossa o meglio che nega alcuni dogmi comunemente accettati; rappresenta il seguire una dottrina diversa da quella preponderante; l’eresia è considerata “deviante” e falsa dalla comunità religiosa ortodossa. Deriva dal termine greco αἵρεσις, (h)aìresis che a sua volta viene dal verbo αἱρέω (h)airèō, “prendere”, ma anche “scegliere”. L’eresia è, quindi, una scelta, una presa di posizione. L’eretico è colui che sceglie di allontanarsi dall’ortodossia. Eterodosso ed eretico vengono spesso utilizzati come sinonimi.

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4. Fede e dogma

Il termine “fede” deriva dal latino fides e indica la fiducia, la lealtà, ma anche il mantenere la parola data, il rispettare un patto; inizialmente assume un significato prettamente giuridico e, soltanto in un secondo momento, entra nell’ambito religioso e corrisponde a una credenza, a una convinzione.

Oggi, definiamo la fede come quell’atteggiamento di colui che accetta una verità senza avere prove evidenti; avere fede vuol dire credere in maniera certa, senza vacillare e con assoluta convinzione, mettendo da parte la razionalità. Si parla di fede soprattutto nelle religioni monoteistiche: ci si affida completamente a Dio, ci si abbandona alla sua volontà.

Il dogma può essere definito come una verità di fede, è un’affermazione dottrinale considerata vera, assoluta e, soprattutto, indiscutibile: chi non accetta un determinato dogma o un insieme di dogmi è considerato eretico.

“Dogma” viene dal sostantivo greco δόγμα, dogma < verbo δοκέω, dokeo= “decidere”, “stabilire” e può essere tradotto con opinione, dottrina, decisione, giudizio.

5. Culto e Rito

Il termine “culto” deriva dal latino cultus < verbo colere ossia coltivare, ma anche curare, onorare, venerare. Il culto è propriamente la cura, la venerazione rese per una divinità attraverso specifiche pratiche, atti di adorazione; indica l’insieme delle azioni svolte per venerare gli dei.

Il “rito” da ritus dalla radice *rta che indica l’andamento, la disposizione, il muoversi in modo corretto e lato sensu l’usanza; rimanda al concetto di ordine. Il rito (o rituale) -effettuato in maniera religiosa ossia precisa, scrupolosa- permette di uniformarsi all’ordine universale, il dharma (che presenta la stessa radice *rta).

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