I media occidentali coniarono il termine Primavera di Praga per indicare i moti popolari a sostegno del processo di riforme promosso da Alexander Dubček.

L’elezione di Alexander Dubček come Primo Segretario del Partito Comunista cecoslovacco diede avvio ad un intenso programma di riforme nel paese. Queste ultime posero le basi per la Primavera di Praga. Di fatto, in questo periodo storico il programma politico di Dubček era volto alla liberalizzazione politica ed economica della Cecoslovacchia. L’evento ebbe una tale importanza che segnò per sempre una generazione ed influenzò i movimenti studenteschi sessantottini in tutta Europa.
Dubček propone nuove riforme per la Cecoslovacchia
Alexander Dubček si insediò alla guida del governo cecoslovacco il 5 gennaio 1968, sostituendo Antonín Novotný. Dubcek era un riformista ed in quanto tale decise di attuare politiche liberali nel suo paese. Nonostante la Cecoslovacchia continuasse a far parte della sfera sovietica, la riforma democratica risulta necessaria per riprendersi dai danni provocati durante la Seconda Guerra Mondiale. Le abitudini del paese cambiarono drasticamente dopo l’attuazione di un decentramento economico e politico accompagnato da nuove libertà amministrative e di espressione. I cittadini cecoslovacchi ottennero anche nuovi diritti e ne furono entusiasti. Nel paese si assistette anche alla rinascita dei sindacati e alla fondazione di nuovi partiti politici. Una delle riforme volute da Dubček riguardava la divisione della Cecoslovacchia in una federazione formata da tre repubbliche: Slovacchia, Boemia, Moravia Slesia. Tuttavia, in seguito si decise di proporre una duplice divisione in due nazioni la Repubblica Ceca e la Slovacchia.

L’Unione Sovietica reagisce alla Primavera di Praga
Le riforme liberali di Dubcek misero in apprensione l’Unione Sovietica, preoccupata per le possibili ripercussioni che queste ultime avrebbero potuto provocare nel Blocco Sovietico. In particolare, vi era la paura che altri paesi del Blocco potessero adottare l’esempio cecoslovacco. Questo avrebbe significato mettere in pericolo il Patto di Varsavia, ovvero l’alleanza militare creata fra i paesi degli Stati socialisti. Inoltre, la posizione di Praga minava le alleanze internazionali e allontanava di fatto la Cecoslovacchia dal regime sovietico. Per questo il governo dell’Unione Sovietica decise di intervenire militarmente fra la notte del 20 e 21 agosto 1968. L’esercito arrestò Dubček e i suoi ministri, privandoli della loro posizione di potere. La gente scese quindi in piazza per protestare contro questo inammissibile atto di violenza. In particolare, il giovane socialista Jan Palach decise di darsi fuoco per opporsi alla repressione dei sovietici alla Primavera di Praga.

I protestanti cecoslovacchi scendono in piazza
La popolazione cecoslovacca scese in piazza e iniziò una fervente protesta contro l’invasione sovietica. I protestanti cercarono invano di convincere i soldati ad unirsi alla loro manifestazione. Un ingente numero di persone decise di circondare i carri armati. Emblematiche le scene di tali avvenimenti. Tuttavia i loro sforzi furono vani. Infatti, l’esercito sovietico intervenì comunque violentamente sulla popolazione locale, provocando decine di morti. Molti cecoslovacchi decisero per questo di abbandonare il loro paese. Dubček venne sostituito da Gustáv Husák. Con lui venne reintrodotto il vecchio regime e ripristinato un acceso socialismo. Questo momento della storia cecoslovacca venne conosciuto con il nome di normalizzazione. I moti della Primavera di Praga ebbero un’importanza storica non indifferente ed hanno ispirato l’arte e la letteratura. In particolare, il cantautore modenese Francesco Guccini ha dedicato all’evento una canzone pubblicata nel 1970. Lo scrittore Milan Kundera ne raccontò le violenze nel libro L’insostenibile leggerezza dell’essere.