La necessità del male in “Lucifer”: il Diavolo come parte integrante della giustizia divina

Lucifer, serie televisiva del 2016 targata Fox, porta sullo schermo la tematica filosofica della necessità del male, accompagnandola ad una spigliata ironia. Il Diavolo, in essa, rappresenta il risultato di un bisogno universale e divino, superando di slancio la classica dicotomia bene-male

Il protagonista della serie è Lucifer Morningstar, interpretato da Tom Ellis. Com’è intuibile dal nome, Lucifer corrisponde, accezione più accezione meno, alla figura negativa per eccellenza della tradizione cristiana, per l’appunto Lucifero, il Diavolo. Tuttavia, sin dalle prime battute della fiction si intuisce come egli non sia malvagio in tutto e per tutto e, a tal seguito, che la stessa nozione malvagità debba necessariamente subire una rivalutazione. Cacciato dal paradiso in quanto angelo ribelle, Lucifer non si dimostra un cinico e diabolico manipolatore; al contrario, il personaggio ripete più volte che il Diavolo non è responsabile dei peccati dell’uomo, quanto piuttosto della sua punizione. Non a caso il suo soprannome preferito è “Il Tentatore”, poiché non intende bloccare gli istinti degli esseri umani: non spinge gli individui a compiere gesti atroci e peccaminosi, ma si limita a punirli, partecipando a quella concezione di giustizia divina che è parte del suo ruolo. In breve, egli rappresenta una sorta di male necessario.

La trama: dall’Inferno a Los Angeles con ironia

Stanco della vita infernale, Lucifer opta per un “trasferimento” a Los Angeles, ove guadagna una discreta fama in quanto proprietario di un locale esclusivo, il Lux. Inoltre, non di rado compie favori nei confronti di persone bisognose, giungendo persino a collaborare con la polizia locale. Tra le file del dipartimento di Los Angeles, il protagonista entra in contatto con l’agente Chloe Decker, con la terapista Linda Martin e con il proprio fratello Amenadiel, un angelo inviato da Dio per convincerlo a tornare all’Inferno. Caratteristica apprezzabile della serie risulta nientemeno che la capacità di coadiuvare la trattazione di tematiche profonde – alla stregua del vero significato del male e del bene – con una brillante ironia. Lo stesso cognome di Lucifer, Morningstar, significa letteralmente Stella del mattino, alquanto buffo se si pensa alla sua natura demoniaca.

La necessità del male

Come ripetuto da Amenadiel nel corso della serie, Lucifer personifica un male necessario all’equilibrio. Morningstar non è malvagio, ma appare tale sulla base della limitata percezione degli esseri umani, cosa che lo infastidisce considerevolmente. Egli non riesce a tollerare e ad accettare di essere indicato come fautore o tentatore di ogni azione immorale compiuta dai viventi. La sua figura funge da immeritato capro espiatorio per ogni atrocità, essendo “molto più semplice affibbiare ad altri le cause dei propri insuccessi”.

Peculiarità del personaggio è riuscire a far confessare alle persone i propri desideri e sogni più arcani, così da condurli verso una amara consapevolezza: il male non esiste per colpa del Diavolo, bensì per predisposizione umana. Gli uomini, nei termini di esseri innatamente egoisti, sono portati a produrre, diffondere e alimentare la malvagità in modo inevitabile. E questa “abilità” è tale da stupire persino Lucifer, che spesso si sorprende di quanta e quale cattiveria sia capace la summenzionata specie. Gli stessi sacrifici compiuti in suo onore lo disgustano, siccome postulano una figura negativa in cui egli non si rispecchia minimamente.

Il Diavolo è dunque il risultato di una necessità universale e divina, quella di scovare e punire i peccatori. Ciò che nondimeno si tende a scordare, come scritto da Marco Giusto e Luigi Santoro in laCOOLtura, è che l’aguzzino non solo non corrisponde al peccato, ma contribuisce alla sua espiazione. Lucifer entra pertanto a far parte di un progetto ben chiaro, la tanto bramata giustizia divina che non può compiersi senza il pagamento del fio: “Da capro espiatorio […] a strumento di Dio, parte integrante del grande piano”.

– Simone Massenz

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