La madre le sequestra il cellulare e lei twitta da un frigorifero: aveva ragione Aristotele?

“L’uomo è animale sociale”. Questo sosteneva Aristotele. La storia nel corso dei secoli non è cambiata. Oggi lo diremmo omettendo la ‘e’ finale trasformando ‘sociale’ in ‘social’ ma il principio è lo stesso. Cosa accade dunque se togli ad un animale sociale il mezzo per arrivare alla socievolezza?

Così la ragazza twittava dal suo frigorifero: “Non so se questo coso potrà twittare sto parlando dal mio frigorifero. Che diamine mia madre mi ha confiscato di nuovo tutti i miei dispositivi”

Dorothy, 15 anni, è stata punita dalla madre con il sequestro del cellulare dopo che aveva rischiato di mandare a fuoco la casa, poiché si era distratta ai fornelli mentre utilizzava i social. Lei però senza connessione proprio non riusciva a stare, fino al punto da chiedere aiuto e supporto ai suoi amici tramite il suo frigorifero, a quanto pare molto intelligente. Questo simpatico avvenimento ci fa riflettere su cosa sia internet per coloro che lo usano, e sopratutto per coloro che lo useranno negli anni a venire.

Aristotele: il primo influencer della storia

Perché i social network hanno avuto così tanto successo? Semplice: la facilità nella connessione interpersonale. Che piaccia o no, non è più necessario fare chilometri o uscire per forza di casa per restare in contatto con chiunque si voglia. Non è necessario aspettare l’arrivo di una lettere, dal momento che in tempo reale si mandano e ricevono messaggi di ogni tipo  (foto, audio e video) da ogni angolo del globo. Velocità, connessione e facilità di uso. Questo è il tridente d’attacco social. Il tutto è giustificabile con Aristotele. La teoria aristotelica dell’animale sociale sostiene che l’uomo per natura sia portato alla socievolezza. Chiunque vuole connettersi con i propri simili. Se pensiamo infatti al comportamento di un neonato che, appena lasciato solo, cerca di richiamare attenzione questa tesi appare quantomeno condivisibile. Celebre è l’esperimento condotto da Federico II di Svevia che, volendo scoprire se l’idioma fosse innato o meno, isolò un gruppo di neonati privandoli dei rapporti umani basilari, dando loro comunque viveri. I piccoli addirittura morirono. Per l’uomo dunque i rapporti interpersonali sono importanti tanto quanto cibo, acqua e sonno. Un bisogno radicale e radicato. Una questione di sopravvivenza. Per raggiungere uno scopo c’è sempre bisogno di mezzi. Essi, nel tentativo di raggiungere lo scopo della socievolezza, sono cambiati negli anni, mai mutando tuttavia la loro funzione.

Dai giornali ai social network: le varie facce di una medaglia

Quello che ha fatto la piccola Dorothy è stato cercare di sopravvivere. Se si venisse privati del cibo lo si cercherebbe di ottenere in un modo o nell’altro. Così essendo stata privata dei mezzi per comunicare, li ha cercati con forza, fino a ritrovarsi a twittare dal frigorifero. Se l’uomo è un animale sociale per natura allora ha cercato dalla notte dei tempi di socializzare. Si sente spesso dire infatti che i social di oggi riducono i rapporti cosiddetti reali, che isolino più che connettere. Semplicemente è cambiato il lato del fiume. Prima di Internet si comunicava ugualmente, ma in modo diverso. Dalle pitture rupestri, alla prima forma di linguaggio, fino all’invenzione della stampa, tutto è comunicazione, e, di conseguenza, socializzazione. I cellulari non hanno sostituito nulla, hanno piuttosto continuato una tradizione perpetuando un movimento che parte dalla preistoria. Da allora infatti, la comunicazione tra gli uomini è andata via via semplificandosi (senza mai tuttavia banalizzarsi) e velocizzandosi. Non c’è dunque nulla di negativo nel modo di comunicare odierno, tranne ovviamente eventuali atti di violenza o bullismo, i quali però esistono anche al di fuori dei social.

La potenza del pubblico e della folla virtuale

Non è necessario che gli uomini siano riuniti fisicamente, per far sì che fra di loro si crei un’unione intellettiva“. Lo diceva Gabrielle Tarde nel 1901, prima di Facebook e di Instagram. Lui pensava alla stampa, che riteneva essere l’invenzione, insieme alla locomotiva, più decisiva per la modernità. Tarde anticipa il concetto di folla virtuale. Lui chiamava questo tipo di organizzazione sociale ‘pubblico‘. Un pubblico è un gruppo di persone lontane fisicamente fra di loro, accomunate da uno stesso interesse dichiarato. Che sia il pubblico di chi guarda la stessa serie TV, o il pubblico degli utenti di Telegram, non fa alcuna differenza. La proliferazione dei social network ha aumentato il numero di pubblici esistenti, differenziandoli e caratterizzandoli sempre di più. Non sappiamo se possa essere dichiarato ‘pubblico’ quello di chi twitta dai frigoriferi, ma quello composto da chi usa Twitter lo è sicuramente. Dorothy ha denunciato a chiare lettere l’esistenza del pubblico virtuale. Un’organizzazione che è diventata a nostra insaputa molto importante per noi. Il pubblico è il campo dove si giocano i nostri rapporti con gli altri uomini, di conseguenza è irrinunciabile la partecipazione ad esso, o, molto più frequentemente, a più di essi. Dorothy e Aristotele hanno età diverse e vivono a distanza di secoli, ma essenzialmente l’unica cosa che li differenzia davvero è che uno parla in greco e l’altra in inglese. Sono uniti, insieme a tutti noi, dal desiderio di unione e condivisione, pulsione innata nella natura umana.

Marco Braconi

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