La filosofia sull’intelligenza artificiale è stata meramente ridotta al comportamentismo di Skinner

L’intelligenza artificiale ancora non ha trovato una sua propria filosofia, ma molti la paragonano al comportamentismo di cui ci parlava Skinner.

In questo articolo parlerò di una condizione che ormai interessa tutti in modo globale, e cioè quella dell’intelligenza artificiale. Molti, anzi, tutti, parlano di questa materia, si sono formate delle classi e degli schieramenti che possiamo dire dividano il mondo in due, abbiamo il lato dei tecnici, quindi tutto ciò che comprende, ingegneri, fisici, matematici e programmatori e poi da un altro lato, abbiamo tutta la parte intellettuale, quasi teorica di chi parla di intelligenza artificiale, quindi filosofi, pensatori e studiosi teorici. Uno che ha definito l’intelligenza artificiale, vista dai tecnici, come al ritorno al omportamentismo di Skinner -che svilupperò più avanti- è Giovanni Piana, in un articolo intitolato “A proposito dell’espressione intelligenza artificiale” articolo, scritto nel 1987, quindi non molto vicino alla tecnologia che conosciamo oggi.

A proposito dell’espressione intelligenza artificiale

In termini tecnici l’intelligenza artificiale è un ramo dell’informatica, che permette la programmazione e la progettazione di sistemi che permettono di dotare le macchine di caratteristiche che vengono considerate tipicamente umane. Si tratta cioè, non solo di intelligenza intesa come capacità di calcolo o di conoscenza di dati astratti, ma anche e soprattutto di tutte quelle differenti forme di intelligenza che sono riconosciute dalla teoria di Gardner, e che vanno dall’intelligenza spaziale a quella sociale, da quella cinestetica a quella introspettiva. Si parlò per la prima volta di intelligenza artificiale nel 1956, durante un convegno svolto in America, dove furono presentati alcuni programmi già capaci di effettuare alcuni ragionamenti logici, in particolar modo legati alla matematica.  Il programma Logic Theorist, sviluppato da due ricercatori informatici, Allen Newell e Herbert Simon, era infatti in grado di dimostrare alcuni teoremi di matematica partendo da determinate informazioni.

 

Il problema semantico delle macchine

Durante la metà degli anni sessanta, ci si accorge che quanto realizzato fino ad allora nel campo delle macchine non era più sufficiente, perchè questo tipo di tecnologie viaggiava così velocemente -come dopo tutto accade anche nei giorni nostri- che non si riusciva a soddisfare le nuove necessità, che erano quelli di realizzare macchine che andavano oltre la semplice soluzione di teoremi matematici, più o meno complessi. La nuova tendenza che si andava creando era quella di ricercare soluzioni a problematiche più vicine alla realtà dell’uomo, come la soluzione di problematiche le cui soluzioni potevano variare a seconda dell’evoluzione dei parametri in corso d’opera. Una delle maggiori sfide dell’epoca divenne quindi quella di cercare di riprodurre software e macchine che potessero ragionare e prendere delle soluzioni in base all’analisi di differenti possibilità. Ma questo tipo di problema prevedeva, prima di poter essere risolto, la soluzione di un altro step, ossia quello di realizzare dei percorsi semantici per le macchine, ossia un linguaggio che permettesse di programmare le diverse possibilità previste da un ragionamento, semplice o complesso che fosse.

 

 

Riesumiamo il comportamentismo di Skinner

Alla base delle problematiche legate allo sviluppo di sistemi e programmi di Intelligenza Artificiale vi sono tre parametri che rappresentano i cardini del comportamento umano, ossia una conoscenza non sterile, una coscienza che permetta di prendere decisioni non solo secondo la logica e l’abilità di risolvere problemi in maniera differente anche a seconda dei contesti nei quali ci si trova. Ed è proprio qui che Giovanni Piana, nell’articolo citato sopra si ferma a riflettere e scrive :

Essa dovrebbe tuttavia evitare il rischio di una ripresa acritica di una concezione comportamentistica nelle sue forme più vecchie e logore.

Possiamo usare proprio questa citazione, per dire che il problema dell’intelligenza artificiale è proprio quello di attaccarsi alla teoria comportamentista di Skinner, questa si basa solo sulla cognizione di stimolo-risposta, infatti si afferma che l’uomo è una “tabula rasa” e che diventa ciò che è solo ed esclusivamente a questa condizione. Da questo prende piede una sorta di riduzionismo comportamentistico, che si riduce ad un istanza di formalizzazione completa dei processi mentali, per approdare ad un ipotesi di riduzione dei meccanismi formali a meccanismi fisico materiali.

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