La 10yearschallenge: la concezione di tempo secondo Bergson

In una società in cui la riservatezza potrebbe sembrare una debole particolarità del carattere, l’unico antidoto sembrerebbe il dimostrare di essere il contrario. Il continuo mostrare di sé stessi è una prerogativa dei social network, di cui la società odierna si è fatta portavoce.

Ovviamente l’utilizzo di queste piattaforme non è unicamente da imputare ad uno scopo negativo, difatti lo scopo reale è quello di avvicinare e rendere sempre accessibile l’identità di qualcuno o qualcosa. Ma il problema non sussiste qui, bensì nel momento in cui quest’identità viene utilizzata per mascherare la propria o addirittura per crearsene una nuova e diversa da quella reale, nel momento in cui ci copriamo di maschere e rimaniamo intrappolati in questo stratagemma che in realtà aveva uno scopo totalmente opposto.

Immagine presa da Google.

Spesso, però, il reale utilizzo dei social consta proprio in questo e senza rifletterci si mostra un’immagine di sé che non coincide con quella reale. Oltre alla possibilità della creazione di dissonanze, la conseguenza che più ci riguarda e quella di cui andremo a parlare, è quella di trasformare il proprio ‘io’ in relazione alle richieste sociali.

 

Cos’è la 10yearschallenge?

La richiesta che in questi ultimi giorni ha popolato le nostre bacheche è la 10yearschallenge, che, per chi non lo sapesse, ha lo scopo di porre a confronto una foto scattata dieci anni fa con una odierna. Inutile dire che ci sono stati tantissimi confronti interessanti e divertenti, ma esaminiamola da un punto di vista soc

Dietro questa ‘challenge’ sembrerebbe nascondersi la necessità di dimostrare il non cambiamento, il fatto che nella realtà non è cambiato nulla e il tempo non ci ha resi diversi; oppure il contrario, l’estrema evoluzione a cui il corpo è stato sottoposto. In base all’utilizzo che se ne vuole fare, queste opposte opzioni hanno un significato completamente diverso, per esempio: riallacciare i rapporti persi dimostrando di non essere cambiati, oppure cercare di riscattarsi dimostrando invece di essere una persona totalmente opposta rispetto a quella di dieci anni fa.

Al centro di queste percezioni esteriori del sé si pone il concetto di tempo. Il tempo, riprendendo la definizione della Treccani, è l’intuizione e la rappresentazione della modalità secondo la quale i singoli eventi si susseguono e sono in rapporto l’uno con l’altro (per cui essi avvengono prima, dopo, o durante altri eventi), vista volta a volta come fattore che trascina ineluttabilmente l’evoluzione delle cose o come scansione ciclica e periodica dell’eternità. Perciò il cambiamento è una nozione centrale nel concetto di tempo, il cui passare implica la deformazione dello spazio che ci circonda.

 

La concezione di tempo in Bergson

Lo stesso Henri Bergson, la cui filosofia incise profondamente nella cultura del Novecento, più conosciuto per la sua concezione di tempo: egli distingue il tempo della scienza, il cui scopo è quello di misurare; con il tempo della vita, che possiede come prerogativa principale la ‘durata’. Per quanto il tempo della scienza sia composto da istanti tutti uguali e allo stesso tempo diversi, poiché ogni minuto possiede la stessa durata del minuto precedente e di quello successivo, ma è da essi distinto e separato; il tempo della vita non può essere ripetuto, è composto da attimi irripetibili, in cui l’uomo costruisce la propria coscienza.

Di conseguenza il tempo vissuto non coincide con il tempo oggettivo; l’illusorietà del concetto di tempo che si comprime e si dilata a seconda del sistema di riferimento, del nostro stato d’animo e dalla nostra coscienza.
Ne consegue quindi che per il tempo non esistono singoli istanti ma un loro continuo fluire non scomponibile, in quanto vissuti nella loro durata reale nella coscienza di ognuno.

Di fronte a questa concezione del tempo è facile ritrovarsi e ritrovare alcuni atteggiamenti quotidiani che spesso, senza rifletterci, non ci lasciano altra scelta che prendere la via dell’estrema uguaglianza che lascia in disparte le peculiarità dell’individuo per trasformarle in prerogative comuni. Senza cogliere a pieno, quindi, l’opportunità di fare proprio il tempo della vita.

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