Il film
Abe Lucas, professore di filosofia cinico, disilluso ed ormai completamente disinteressato alla vita, decide di trasferisri nel Rhode Island per andare ad insegnare nel college di Baylinn. Qui preceduto dalla sua fama, verrà in un primo momento corteggiato da Rita, collega di Abe, professoressa di chimica, per la quale egli però non riuscirà a provare nessun sentimento.
Sempre più depresso, Abe ha problemi di alcolismo, accompagnati da un classico blocco dello scrittore e all’ incapacità di avere un qualsiasi rapporto con le donne.
Toccato il fondo conosce Jill (Emma Stone), una sua studentessa rimasta folgorata dal fascino del professore, con il quale inizierà una relazione sentimentale.Un giorno, seduti in una caffetteria, i due ascoltano casualmente una conversazione in un tavolo vicino, nella quale una madre esprimeva tutta la sua disperazione per la perdita dell’ affidamento dei figli a causa di un giudice (il giudice Spangler) amico dell’ ex marito.
Abe rimane inorridito dalla vicenda ed insieme a Jill discute, sul piano teorico, se si possa considerare giusto o meno eliminare questo Spangler, causa di tanto dolore e ingiustizia. Qui per la prima volta, ed è questa la chiave di lettura del film, Abe deciderà di passare dalla teoria alla pratica, dalle parole ai fatti.
Decide di uccidere il giudice Spangler.

Is life worth living?
Questa scellerata decisione è per il professore un punto di svolta. Paradossalmente Abe riesce a trovare nella volontà di uccidere una spinta per andare avanti, un impulso vitale che riuscirà a dare un senso nuovo ai suoi giorni, un motivo per esistere.
Woody Allen qui gioca sulla speculazione filosofica , o più brutalmente su quel “mondo teorico di stronzate filosofiche” che non hanno nulla a che vedere con la realtà. È questo il punto: ci si pone la domanda esistenzialista per eccellenza, ovvero se valga o no la pena di vivere un’esistenza ,apparentemente, priva di significato. Sul piano teorico possiamo arrivare a sostenere la folle tesi che sì, il suicidio è una opzione non soltanto valida, ma forse addirittura quella migliore. Opzione questa che nella pratica non prenderemmo minimamente in considerazione, nemmeno per un istante.Lo stesso Abe, citando Kant, ci fa capire che in un mondo perfettamente morale, dove ognuno di noi vuole e deve dire sempre e soltanto la verità (imperativo categorico), se ci trovassimo nella situazione di dover rivelare ad un ufficiale nazista l’ubicazione di Anna Frank, per comportarci in una maniera teoricamente morale, dovremmo indicare immediatamente il nascondiglio di quest’ultima. Ancora, quello che sulla carta è logicamente giusto, nel mondo reale appare ad ognuno di noi come una mostruosità, che nessuno si sognerebbe di descrivere come una buona azione.
Il nucleo della questione è che, secondo Allen, c’è differenza tra questi due piani, e per trovare serenità e concretezza nella vita è necessario abbandonare i nostri dilemmi filosofici per inseguire ciò che il nostro intuito animale ci indica come giusto. Pascal ci dice di allontanare da noi tutto quello che è “divertissement” (distrazione) che ci impedisce di analizzare, filosoficamente, il mondo intorno a noi, e ci riduce ad essere marionette che vivono una vita di cui non riescono a cogliere il significato. Allen ci dice l’opposto. Irrational man, appunto, l’uomo irrazionale. Questa è la ricetta per la felicità: fare, non pensare.
Matteo Carloni