Romàn Jakobsòn ha esplorato il ruolo che riveste la poesia nella comunicazione. Iris, tra le tue poesie è l’esempio di quanto importante questo elemento sia nelle nostre vite.
Facciamo un salto al 1998. L’anno in cui Larry Page e Sergey Brin fondano Google nel loro garage e in cui Apple lancia il primo iMac, lo stesso in cui Lucio Battisti muore all’età di soli 55 anni. Nonostante la prematura dipartita del grande cantautore, in radio passano alcuni pezzi che faranno la storia, basti qui menzionare High dei Lighthouse Family o Lollypop (Candyman) degli Aqua. La musica italiana non è da meno, perché è proprio nel 1998 che esce una delle canzoni più famose e romantiche del panorama musicale del nostro Paese: Iris, tra le tue poesie.
Ho trovato qualcosa che parla di me
Biagio Antonacci la scrive e la musica da solo. Probabilmente uno dei suoi maggiori successi, diventa una delle canzoni che più lo rappresenta, a tal punto che quando dovrà fondare la propria etichetta discografica la chiamerà Iris s.r.l. Il brano, nato come un singolo, viene certificato Disco di Platino in Italia e poi inserito nel 2008 nella raccolta Il cielo ha una porta sola e nel 2015 in Biagio.
Nessuno, però, ricorda tutte queste informazioni sul brano. La conoscenza dei più si riduce, come spesso capita, al testo e al ritmo della canzone, tanto che quando ci si trova da qualche parte e si sentono le prime note, è impossibile non canticchiarla. Se non la ricordate, la trovate qui. L’inizio lo conoscono tutti:
Iris tra le tue poesie
Ho trovato qualcosa che parla di me Le hai scritte tutte con blu Su pezzi di carta trovati qua e là.
Il cantante, anche protagonista del testo della canzone, ha ritrovato le poesie di una vecchia fiamma e viene travolto dal vortice dei ricordi, momenti di vita condivisa e non. Si chiede cosa facesse la sua amata prima di trovarlo, chi fosse, che strade abbia percorso nel suo passato e sembra mostrare interesse per quella parte di lei che lui non ha mai conosciuto e che non esiste più.
Questa nostalgia per un passato non condiviso si fonde a una delle dichiarazioni più profonde e più sincere mai scritte e alla supplica ad Iris a non andarsene, al dramma tutto personale di Biagio per non aver rivelato il suo amore nei tempi e nei modi adeguati e all’implacabile sofferenza per una distanza che si tenta di annullare col solo tramite dei fogli conservati.
La poesia diventa, allora, un espediente, un mezzo, un simbolo per l’uomo, l’unico filo che lo leghi ancora ad Iris e alle emozioni della donna, conservate con cura negli anni e riposte nelle parole scelte teneramente da lei solo per Biagio. Un dialogo intimo e magico che non può avvenire con altro tramite se non la poesia stessa.
Non solo parole
In effetti, la poesia non è solamente un genere letterario e le produzioni poetiche non sono unicamente un insieme enigmatico di parole confuse. La poesia è un qualcosa, ma questo qualcosa è difficile da intendere. Per non accontentarci di definizioni provvisorie, tenteremo qui di spiegare cosa essa sia grazie a uno dei contributi di Romàn Ósipovič Jakobsòn dal titolo Che cos’è la poesia?, scritto nel 1933/34.
La poesia, secondo il filosofo russo, non dipende dal contenuto o dal mezzo dell’opera, ma principalmente dall’intenzione di chi la produce. Essenziale perchè qualcosa possa dirsi poesia è il fatto che le parole impiegate non rinviino ad un oggetto esterno, ma siano usate di per sè stesse. In pratica, le parole nel contenuto poetico si autoimpongono come mezzo di comunicazione prioritario.
Proprio perchè la volontà di chi scrive e i termini impiegati sono ciò che permette di definire un qualsiasi contenuto come poetico, la questione dell’autore appare centrale. Biografia e arte si influenzano a vicenda, a tal punto che per Jakobson sono sterili i tentativi di distinguere il vissuto personale del poeta dalla sua produzione.
Ogni epoca ha avuto criteri e canoni differenti per definire cosa fosse la poesia e chiunque abbia voluto cimentarsi nell’ardua impresa di comporre versi che rientrassero in questo genere ha dovuto fare i conti con la critica, che stabilisce di volta in volta i confini di ciò che possa definirsi adatto ad essere definito poetico. Opere diverse, pur avendo lo stesso contenuto, possono essere giudicate pertinenti o no al genere dipendentemente dall’intensità e dalle modalità con cui trasmettono il proprio messaggio.
La funzione poetica
Tutte queste informazioni aiutano a chiarire cosa sia la poesia, ma per definirla in maniera univoca bisogna far riferimento alla teoria di Jakobson che ha riscosso maggior fortuna: quella della comunicazione. Secondo questa teoria, un qualsiasi scambio comunicativo si compone di varie dimensioni. A seconda della dimensione su cui ci si concentra, si possono analizzare diverse funzioni. Le funzioni della comunicazione sono, per Jakobson, sei e di queste fa parte la funzione poetica.
La funzione poetica si può analizzare se ci si concentra sul messaggio e se questo richiede una decodifica. In pratica, l’uso di parole scelte per il loro suono o per le emozioni che suscitano impone che il ricevente comprenda il messaggio ben al di là del suo contenuto o della sua forma. Quando la funzione poetica prevale, si ha una poesia, caratterizzata dall’uso di figure retoriche e di elementi che rendano il suo messaggio non immediatamente comprensibile.
Per quanto questo concetto possa apparire, a prima vista, distante da ciò che oggi definiamo poesia, l’intento del linguista è proprio quello di ammettere che essa possa celarsi ovunque o, quantomeno, in ogni scambio comunicativo. Ai nostri giorni, la poesia è diventata semplicemente un veicolo per suscitare i sentimenti di chi riceve il messaggio, a discapito di tutti gli altri elementi che concorrono a crearla.
Il motto dei nostri tempi è che la poesia si celi ovunque, in qualsiasi elemento possa muovere qualcosa dentro chi legge o ascolta il testo, ma dietro questa constatazione si nasconde l’inquietante monito da cui metteva in guardia Bukowski nella sua To the whore who took my poems:
ma come Dio ha detto,
accavallando le gambe,
vedo che ho creato fin troppi poeti
ma non altrettanta
poesia.
Se, come vogliono i tempi correnti, la poesia si nasconde in ogni cosa, è molto facile proclamarsi poeti, anche a discapito delle opinioni della critica, perchè, in mezzo alle centinaia di lettori, ce ne sarà sempre uno che piange.
Al contrario, è importante ricordare la ragione per cui Biagio si commuove proprio sulle poesie di Iris e non sulla sua lista della spesa dimenticata in casa: perchè su quei fogli di carta non ci sono solo parole, ma un universo inesplorato che esclusivamente scrittrice e lettore conoscono. Soprattutto, perchè, per dirla con Jakobson, un po’ di poesia si cela in ogni forma di comunicazione, sta solo noi a decifrarla.
Infine, perchè il merito della poesia non è solamente permettere all’autore di abbandonare alla carta i fardelli che ha nel cuore, ma anche quello di renderne il lettore partecipe, secondo la propria interpretazione e prospettiva. La funzione poetica risulterebbe nulla se il ricevente non fosse in grado di decodificare il messaggio. Biagio è stato in grado di scrivere una delle più commoventi canzoni d’amore del passato solo quando ha imparato a leggere le poesie di Iris secondo infinite sfumature di lei, cristallizzate nei tratti della sua penna blu.