Divorziata, decapitata, morta, divorziata, decapitata, sopravvissuta. Questa è la triste filastrocca usata oggi per ricordare le sei martiri che affiancarono la vita di Enrico VIII. Ma chi erano?

Enrico VIII nacque nel 1491, figlio di Elisabetta di York ed Enrico VII. Il padre era salito al trono dopo aver sconfitto definitivamente Riccardo III nella Guerra delle Due Rose, dando inizio alla dinastia Tudor. Il regno di Enrico VIII, iniziato nel 1509, segnò per sempre la monarchia inglese. Egli fu infatti colui che, con il famoso Act of Supremacy (Atto di Supremazia) del 1534, separò la Chiesa Anglicana da quella di Roma. Ma oltre questo la sua vita è anche (e purtroppo) il ritratto spiacevole di una sfilza di ben sei matrimoni tristemente fallimentari. Oggi, in occasione dei 482 anni dal matrimonio con Catherine Howard, li ricordiamo tutti.
CATERINA D’ARAGONA
Quello con Caterina d’Aragona, figlia di Ferdinando e Isabella di Castiglia, non fu un matrimonio d’amore. La donna era infatti la sposa di Arturo Tudor, fratello di Enrico, e con lui doveva succedere a Enrico VII. Nel 1502, però, Arturo si ammalò e morì, lasciando il trono al fratello minore Enrico. Il matrimonio con Arturo non fu mai consumato, così fu possibile concedere la ragazza al nuovo re, nonostante tra i due corressero sei anni di differenza (lei era infatti nata nel 1485). Dopo l’incoronazione di Enrico, avvenuta nel 1509, e il matrimonio, iniziò subito la caccia all’erede. Enrico confidava infatti di avere presto un figlio maschio che potesse succedergli. In vent’anni di matrimonio Caterina ebbe ben sei gravidanze, di cui solo una ebbe successo. Nel 1516 nacque infatti una bambina sana, Maria, la futura Bloody Mary. Fu ben presto chiaro, però, che Caterina non avrebbe mai dato a Enrico ciò che voleva. Si appellò così alla Bibbia cercando una scappatoia dal suo matrimonio. Tentò di aggrapparsi al fatto che Caterina fosse già stata moglie di Arturo e perciò impura. Con questo voleva rendere il suo matrimonio nullo, ma non aveva fatto i conti con se stesso. Anni prima, infatti, si era vantato con la corte, dopo la prima notte di nozze, di aver trovato Caterina inviolata, perciò la sua scusa cadde presto nel vuoto. Non aiutava che Caterina volesse proteggere il suo matrimonio ad ogni costo, tanto da appellarsi direttamente al Papa per farsi riconoscere i suoi diritti. La situazione non lasciava ad Enrico altra scelta che abbandonare la Chiesa. Iniziò una serie di modifiche all’assetto religioso del paese ed emanò l’atto di Successione che vedeva la sostituzione di Caterina come regina. Nonostante la scomunica e le continue sollecitazioni del Papa, con l’Atto di Supremazia del 1534 Enrico si distaccò definitivamente dalla Chiesa di Roma. Nasceva così la Chiesa d’Inghilterra, con il re detentore del potere spirituale e temporale.
Ritratto di Caterina d’Aragona.
IL MATRIMONIO CON ANNA BOLENA
Non era solo la volontà di un erede che spinse Enrico a divorziare da Catherine. Tra le numerose dame presenti alla carte inglese una aveva in particolare attirato l’attenzione di Enrico. Anna Bolena (Anne Boleyn, in inglese) era figlia di una famiglia di spicco della nobiltà, ricchi mercanti e frequentatori assidui del palazzo del re. Sua sorella era già stata amante di Enrico, ma Anna, secondo le fonti non particolarmente bella, dalla pelle olivastra e con una strana sporgenza su una mano, puntava a ben altro. La ragazza riuscì ben presto ad ammaliare il re con i suoi discorsi, la sua grazia e la sua spigliatezza, e non ci volle molto prima che Enrico cedesse all’amore. Le mandava spesso lettere, in cui professava la sua passione, ma, sebbene ricambiato, non divennero mai amanti. Anna infatti disse al re che si sarebbe concessa solo se fosse stata sua moglie. La promessa di un erede maschio e l’amore bruciante mossero Enrico verso il divorzio da Roma e da Caterina, che, esiliata, morì nel 1536. Nel 1533 Enrico ed Anna si sposarono in tutta fretta in Francia, per un motivo ben chiaro. Anna era, infatti, già incinta, e il non essere sposato avrebbe reso l’erede indegno del trono. La gravidanza fu un periodo felice e pieno di speranza per Enrico, che neanche per un secondo aveva pensato che potesse invece nascere una bambina. Organizzò persino un torneo per festeggiare il nascituro, preparando con largo anticipo i comunicati che ne annunciavano la nascita al popolo. Dovette presto ricredersi. Nel settembre del 1533 Anna diede alla luce una bambina, chiamata Elisabetta, ben lontana da essere il maschio che Enrico aveva chiesto. La delusione fu cocente e inasprì il rapporto tra il re, insofferente alla troppa intelligenza della moglie, e Anna, sempre più gelosa per i tradimenti. Anna subì diversi aborti spontanei nel corso dei tre anni successivi ed Enrico iniziò a credere ai pettegolezzi che dipingevano la regina come un’adultera, incestuosa e una strega, venuta a corrompere il re con promesse fasulle. La presenza di un’ altra donna, Jane Seymour, damigella di Anna e amante del re, presto convinsero Enrico a sbarazzarsi di Anna. La fece imprigionare nella Torre di Londra, e dopo un processo sommario fu condannata. Per “gentile” concessione di Enrico la pena per rogo fu tramutata in decapitazione, avvenuta nel 1536.
JANE SEYMOUR E ANNA DI CLEVES
Perdere tempo non era nello stile di Enrico. Dopo appena dieci giorni dalla morte di Anna Bolena, infatti, convolò a nozze con la giovane Jane Seymour. La ragazza era la moglie perfetta per lui. Era una donna mite, remissiva e senza pretese, decisamente in contrasto con le personalità delle sue precedenti mogli. La sua presenza rallegrò persino i rapporti all’interno della corte. Jane infatti riuscì a far riappacificare Enrico con la figlia Maria, con cui aveva perso i rapporti. Non solo. Finalmente, nel 1537 Jane diede alla luce Edoardo, il desiderato erede al trono. La gioia di Enrico fu presto adombrata dalla morte di Jane. Dopo il parto la donna si ammalò della cosiddetta “febbre puerperale” che la portò alla morte nel giro di dodici giorni. La notizia sconvolse profondamente il re, il quale si rinchiuse nelle sue letture e nell’ozio. Mise su molto peso, e si lasciò completamente andare, apparendo sempre più ingrassato e invecchiato. Nonostante ciò, dopo tre anni, ricominciò a cercare una regina. Non se ne occupò personalmente, ma mandò il suo pittore di corte, Hans Holbein, per cercare una donna adatta. L’uomo tornò con vari ritratti, ma consigliò al re una donna in particolare, Anna di Clèves, principessa tedesca. Nonostante fosse usanza ritrarre le donne di profilo, Hans scelse di ritrarla di fronte. La scelta non era casuale e nascondeva un difetto che non piacque ad Enrico. Anna, secondo lui, aveva infatti caratteristiche fisiche non idonee ai suoi gusti (pare infatti che il suo naso fosse particolarmente importante). Nonostante ciò la sposò comunque. La prima notte di nozze, però, si rivelò un fallimento e non venne consumata.

28 LUGLIO 1540: IL MATRIMONIO CON CATHERINE HOWARD
Malgrado il matrimonio con Anna di Clèves, da alcuni mesi Enrico aveva già iniziato una relazione con Catherine Howard, dama di corte, nipote del duca di Norfolk e cugina di primo grado di Anna Bolena. Appellandosi ad alcuni non chiari cavilli legali Enrico riuscì a divorziare da Anna, così da poter sposare Catherine. La ragazza non era per nulla preparata al ruolo, e non riusciva inoltre a stabilire un rapporto cordiale con Maria, la primogenita del re. Non solo, la sua presenza a corte era macchiata da vecchi trascorsi con un certo Dereham, nominato suo segretario. Enrico, però, cieco d’amore, portava spesso con sé la donna nei suoi viaggi, ignorando il fatto che la donna avesse intrapreso una relazione con un vecchio amante, Thomas Culpeper. Presto le voci iniziarono a girare e a corte arrivarono anche alcune lettere che descrivevano il comportamento adultero della regina. Molti confermarono le dicerie secondo cui Catherine fosse una donna immorale e questo fece infuriare Enrico, il quale fece arrestare molti esponenti della famiglia Howard, Dereham e Culpeper. A Catherine venne confiscato il titolo di regina e fu rinchiusa nell’abbazia di Syon, dove, secondo le fonti, cadde in una profonda depressione. Per aiutarla il vescovo Cranmer le suggerì di far valere il precedente fidanzamento con Dereham, consumato, così da avere l’annullamento del matrimonio con Enrico e quindi salva la vita. Catherine decise invece di far appello al re, chiedendo il suo perdono e la sua grazia. Questo non scalfì in alcun modo Enrico, il quale ne ordinò la deportazione nella Torre di Londra e la morte, avvenuta per decapitazione nel 1542. Le fonti dicono che la donna avesse chiesto il ceppo dell’esecuzione per esercitarsi a poggiare la testa, ma il giorno dopo era comunque talmente debole e provata da aver bisogno di aiuto per camminare. Il giorno della sua morte non aveva nemmeno ventun anni.

LA SOPRAVVISSUTA: CATHERINE PARR
Catherine sposò Enrico nel 1543. La donna era già stata sposata due volte, e nel periodo in cui attirò l’attenzione del re aveva appena intrecciato una relazione con il fratello di Jane Seymour, Thomas. Divenuta regina si adoperò a fondo per riconciliare Enrico, ormai ultra cinquantenne, con le due figlie, Maria ed Elisabetta, e iniziò un dolce rapporto con Edoardo. Per alcuni mesi svolse anche le funzioni di reggente. Nel 1544 infatti Enrico si trovava in Francia e l’Inghilterra fu lasciata alle cure di Catherine, la quale si dimostrò forte e capace nel gestire il regno. Era di spiccata intelligenza e ansiosa di conoscenza, qualità che trasmise anche ad Elisabetta, che allevò dal 1546. Nonostante fosse di stampo cattolico si interessò molto alla disciplina protestante. Questo attirò le inimicizie degli esponenti cattolici della corte, che non persero tempo a correre a dirlo a re. Appena prima che potesse essere arrestata però, Catherine riuscì a convincere il re che in realtà non era protestante, ma che si era interessata all’argomento solo per fare conversazione con lui, allora gravato da un’ulcera molto dolorosa. Questo la salvò e nel 1547, quando Enrico morì, riuscì a sposarsi finalmente con Thomas Seymour.