Il viaggio social dei migranti: come i social network cambiano la migrazione

La “socializzazione” dei migranti

Nell’era della globalizzazione molto spesso i migranti, con una maggiore influenza nei giovani, dispongono di smartphone che sono ormai diventati uno strumento di viaggio fondamentale. Oltre all’utilizzo pratico che i migranti fanno dello smartphone durante il viaggio, può essere interessante approfondire quali sono i meccanismi sociali che questi strumenti innescano (dall’aiuto reciproco fra viaggiatori, alla rete solidale fra chi può aiutare, ai rapporti commerciali con i trafficanti).

Un rapporto realizzato il 16 maggio 2016 da Open University e chiamato “Mapping refugee media journey: smartphones and social media networks” analizza una delle sfaccettature della questione: si occupa infatti del rapporto fra migranti e organizzazioni nazionali e sovranazionali veicolate dal mezzo dei social network. Richiede alla Commissione Europea di agevolare la collaborazione fra Stati membri, agenzie di stampa, aziende tecnologiche e agenzie governative e non al fine di fornire un background affidabile di informazioni e consigli per i migranti che intraprendono il viaggio. Il nodo centrale è che molti paesi non rispettano gli imperativi morali imposti dall’ONU nell’aiutare con informazioni digitali i migranti: infatti questi Stati non vogliono essere accusati da una porzione dell’opinione pubblica interna e europea di facilitare i flussi migratori in entrata. Questo atteggiamento determina una scarsità delle informazioni fornite da enti ufficiali sui social network e, di pari passo, un’atteggiamento restio dei migranti ad accogliere come vere le poche informazioni ricevute. La diffidenza nei confronti di organizzazioni ufficiali e non da parte dei migranti (spesso essi ricevono intimidazioni e sfruttamento da alcune di queste) fa si che loro tendano a lasciare meno tracce digitali possibili avvalendosi di software criptati come whatsapp e affidandosi alle informazioni dei trafficanti sui social media che li espongono a pericoli sempre maggiori.

Diversi utilizzi delle piattaforme social

Nel primo atlante dei minori non accompagnati in Italia realizzato da Save The Children sono riportate, fra molte altre informazioni, le funzioni che gli smartphone permettono ai migranti minori. Prima di tutto l’utilizzo dei social network e della rete permettono di trovare le motivazioni per intraprendere il viaggio in cerca di miglior sorte, consentono poi di organizzare i dettagli dei viaggi che sono però spesso scarni e non affidabili. Sono importanti inoltre per rimanere in contatto sia con i famigliari rimasti a casa, sia per scambiarsi informazioni di vitale importanza con altri migranti in viaggio. Infine sono una base fondamentale per ricostruirsi un vita nei paesi di arrivo perché possono favorire l’integrazione e la socializzazione.                                                                 

Collegato all’utilizzo dei social network da parte dei trafficanti c’è l’emblematica vicenda riportata dal sito online “Today” della pubblicità su una pagina facebook di “un’organizzazione” per viaggi dalla Turchia all’isola di Lesbo. Con tanto di foto e prezzi speciali il trafficante ha potuto quindi diffondere la voce della propria attività su facebook in assoluta tranquillità, senza che le autorità facessero qualcosa al riguardo.

L’esempio di Bereket

Il progetto di Save The Children del 2014 “Il viaggio di Bereket” voleva, invece, sensibilizzare l’opinione pubblica sulla condizione dei migranti creando un profilo social sul quale quotidianamente un bambino di 15 anni, Bereket appunto, postava ogni passo del suo viaggio fra foto video e pensieri. Il soggetto in questione non era però reale, ma un personaggio inventato modellato sulle molteplici testimonianze di migranti adolescenti. L’iniziativa ha avuto un buon riscontro dal punto di vista solidale. L’obiettivo era quello di creare un individuo li dove per l’opinione pubblica europea esistono solo “esemplari”. Il termine esemplare è ripreso dall’analisi che fa Adorno sulla concezione degli ebrei da parte dei nazisti. Evitando inopportune solitudini, il collegamento sta nel fatto che l’opinione pubblica non prova empatia con un esemplare mentre la prova nei confronti di un individuo (per questo STC ha creato questo interessante profilo social).

Conclusioni sociologiche

Il comportamento dei migranti sui social network può avere interpretazioni sociologiche: la diffidenza nei confronti delle organizzazioni ufficiali e l’affidarsi invece ai trafficanti evidenzia sicuramente una mancanza di fiducia verso le istituzioni. Sicuramente i contesti politici dai quali provengono sono complessi e andrebbero maggiormente approfonditi caso per caso.

Lo scambio continuo di informazioni utili fra migranti in viaggio indica un senso di appartenenza al gruppo sociale, se non altro per parità di condizione, che è in controtendenza con l’anomia Durkheiniana contemporanea: d’altronde lo stesso Durkheim evidenzia nell’ambito del suo studio sui suicidi che nei momenti di crisi (come può essere la crisi umanitaria dei migranti) i gruppi coinvolti tendono a compattarsi e ad aumentare il grado di integrazione veicolata, nell’era moderna, dal mezzo dei social network.

In ultima analisi i social network sono utili al fine di integrarsi nella società d’arrivo, come detto precedentemente. Questo mezzo se usato correttamente dal migrante può aiutare ad uscire dal “tipo” dello straniero teorizzato da Simmel. Può essere cioè un mezzo per assottigliare le differenze particolari che vengono amplificate nel contatto con individui di società diverse.

Lorenzo Giannetti

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