Il rapporto fra le donne e Venezia raccontato attraverso la storia di Veronica Franco

Qual è il rapporto fra le donne e Venezia? Chi era Veronica Franco? Cercheremo di rispondere a queste domande.

File:Venezia in Italia in miniatura.jpg - Wikimedia Commons

Rollingstone.it pubblica un articolo in merito al rapporto tra Venezia e le donne, collegandosi all’opera dello scrittore Alberto Toso Fei: “Venezia in Numeri”. In questo articolo tratteremo di alcune donne veneziane che contribuirono con le loro parole a rendere grande la Serenissima.

Il rapporto fra le donne e Venezia

La società veneziana era naturalmente di stampo maschile, governata esclusivamente da uomini per gli uomini, ma le libertà concesse alle donne raramente avevano eguali nel mondo contemporaneo alla Serenissima. Avevano infatti diritti sui figli, come quello di nominare i loro tutori e di detenere la patria potestà. Potevano possedere dei beni, sui quali esercitavano il pieno controllo, partecipavano alla vita sociale e gestivano alcune attività economiche, alcune legate all’ambito artistico ed intellettuale. Inoltre avevano il consenso di dettare testamento, davanti alla cui pratica il marito non doveva presentarsi per non condizionare il loro pensiero. Gli uomini non dovevano sorvegliare le attività economiche che esse gestivano e queste potevano stipulare qualunque tipo di contratto. Al compimento della maggiore età la fanciulla usciva dal controllo paterno, ottenendo il pieno potere delle sue decisioni. Erano tutelate dalla legge e le violenze carnali erano pesantemente sanzionate. Molte volte, in caso di assassinio, i loro colpevoli venivano condannati. Fatto non così scontato in quanto raramente veniva avviato un processo ai danni di un uomo quando la vittima era donna.

Pertanto la libertà concessa al “secondo sesso” permise loro di ottenere un posto all’interno della società, è il caso per esempio di Marietta Barovier, titolare di una vetreria a Murano nel Quattrocento. Fu lei ad inventare la perla rosetta, Inoltre presso l’Archivio di Stato di Venezia è presente un documento risalente al 1373 che testimonia la creazione di un’azienda al femminile a cui capo vi erano due imprenditrici vedove (Uliana e Caterina) che fabbricavano profumi. Sempre in questa città si distinsero menti geniali, come quella di Modesta Pozzo o Moderata Fonte (nata nel 1555) e diventata una delle poetesse più brillanti del Cinquecento. All’interno della sua opera principale si discute della condizione femminile, ritenendo inadeguata e non legittimabile la superiorità maschile.

Il suo scritto viene pubblicato grazie all’intervento di un’altra grande donna: Lucrezia Marinelli, scrittrice a sua volta del trattato “Le nobiltà, et eccellenze delle donne: et i diffetti, e mancamenti de gli houmini” in risposta a quello pubblicato da Giuseppe Passi col titolo “Dei donneschi difetti” (1599). L’emancipazione di cui lei parla si coglie anche in Veronica Franco, poetessa che si scaglia a difesa delle donne fragili, parlando di conflitto fra i sessi.

Veronica Franco

Veronica Franco fin da bambina imparò dalla madre ad usare la propria bellezza a suo vantaggio e venne “educata al profitto”, ricorrendo ad amicizie potenti. Divenne in breve tempo una prostituta e, a causa di questo, venne annullato il suo matrimonio con il medico Paolo Panizza, il quale disconobbe il figlio nato nel 1564. La madre di Veronica però la condusse verso la prostituzione d’alto livello, facendola diventare ufficialmente cortigiana nel 1566. La ragazza decise di investire nello studio per migliorarsi nella conversazione e nella poesia, riuscendo a 20 anni ad entrare nella lista più importante delle prostitute veneziane: il Catalogo de tutte le principal et più honorate cortigiane di Venetia. In seguitò entrò nei circoli letterari più famosi, partecipando ai dibattiti e curando antologie di poesia. 

Nel 1575 a causa di alcuni disordini sociali, a seguito della peste, perse alcune delle sue ricchezze poichè la sua casa venne saccheggiata, ma le recuperò in breve tempo, prima di lasciare la città l’anno seguente. La sua fuga fu dovuta all’inarrestabile avanzata della Peste di San Carlo, perse quindi contatti con i figli e fece ritorno nella sua città solo l’anno successivo, proponendo al consiglio cittadino la creazione di una casa per prostitute, gestita da lei, ma non venne sostenuta.

Venne incarcerata nel 1580 e portata davanti all’Inquisizione Veneziana per reati connessi alla stregoneria. Si testimoniò contro di lei che venne vista ricorrere a sortilegi ed a invocazioni diaboliche. Si difese brillantemente durante il processo ma la sua scarcerazione fu consentita solo dall’intervento di personaggi illustri della Serenissima che testimoniarono in suo favore. Sono interessanti le deposizioni trascritte perchè ci permettono di evidenziare i suoi legami con buona parte della nobiltà veneziana. Dopo il processo, tutti i suoi clienti della nobiltà veneziana la esclusero da ogni sua partecipazione e perse tutte le ricchezze ed i beni materiali, morì povera.

File:Venezia-punta della dogana.jpg - Wikimedia Commons

Le sue opere

Veronica Franco quale cortigiana “onesta” di una città prosperosa e cosmopolita, visse circondata dagli agi per la maggior parte della sua vita, ma  senza la protezione ed i riconoscimenti che spettavano alle cittadine rispettabili della comunità. Ammirevole fu il fatto che, a prescindere dal suo lavoro, le venne attribuito il titolo di poetessa, dimostrando come le sue opere venissero elogiate. Queste risalgono al primo periodo della sua vita dove la miseria e la povertà non la toccavano e poteva dedicarsi con tutta se stessa alle sue creazioni.

Nella cultura femminista viene considerata come un simbolo della libertà femminile e della lotta di genere, in quanto scrive: «Se siamo armate e addestrate siamo in grado di convincere gli uomini che anche noi abbiamo mani, piedi e un cuore come il loro; e anche se siamo delicate e tenere, ci sono uomini delicati che possono essere anche forti e uomini volgari e violenti che sono dei codardi. Le donne non hanno ancora capito che dovrebbero comportarsi così, in questo modo riuscirebbero a combattere fino alla morte; e per dimostrare che ciò è vero, sarò la prima ad agire, ergendomi a modello.» Pubblicò il suo primo volume di “Terze rime” nel 1575, dove compaiono 18 capitoli con le sue opere e 7 di altri autori. Seguono “Lettere familiari a diversi” che sono 50 epistole scritte in gioventù, accompagnate da due sonetti in onore del re Enrico III di Francia che aveva personalmente conosciuto sei anni prima. In merito alla sua produzione scrive umilmente:

Io sono tanta vaga, e con tanto mio diletto converso con coloro che sanno per avere occasione ancora d’imparare, che, se la mia fortuna il comportasse, io farei tutta la mia vita e spenderei tutto ‘l mio tempo dolcemente nell’academie degli uomini virtuosi…

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