Luogo comune tipico della facoltà di Filosofia, o comunque di tutte le facoltà dell’ambito umanistico, è quello di essere una fabbrica di disoccupazione non-stop, vista la difficoltà di impiego fisico che un pensatore si trova a dover affrontare. Tutte le discipline ovviamente fanno il loro corso nella storia della conoscenza, e quindi non è in dubbio il fatto che per esempio la storia naturale, trovandosi in una posizione marginale tra le scienze, sia scomparsa dai radar accademici per rifugiarsi nei musei. Allo stesso modo ad oggi certamente la filosofia ha un grado di applicazione pratica all’occupazione sottile e nascosto, anche se non di certo assente.
Ma ecco, al di là della loro vera condizione socio-economica e della loro difficoltà a reclamare un’occupazione certa nella società, questi filosofi non sono mai veramente disoccupati. Da un lato i filosofi hanno tanto a cui pensare, quasi ci fosse poco altro da fare, ma soprattutto essi litigano, sempre e su ogni cosa.
Basti semplicemente entrare in una qualsiasi facoltà di Filosofia del nostro paese o all’estero, le discussioni sulla validità di una qualche affermazione o idea sono onnipresenti e spesso anche molto accese. Le discussioni per i filosofi non sono qualcosa di accidentale, ma piuttosto esse sono punto nodale di ogni sviluppo, dal cui esito dipende non solo l’avanzare del pensiero individuale, ma anche l’umore dei partecipanti per il resto della giornata.
E del resto questa situazione non appartiene solamente ai bassi livelli di discussione filosofica tra coloro che vi si applicano come percorso di studi universitari. Basti infatti prendere una qualsiasi opera di quei filosofi che sono passati alla storia: da Agostino di Ippona per Kant fino a Nietzsche, moltissime opere di filosofi sono ricche di insulti più o meno diretti ai propri antecedenti e rivali. Kant confutava Leibniz, per poi far notare come anche Newton dovesse rimanere al suo posto e non sforare nella filosofia. Agostino dedica poi l’ultima sezione della sua “Natura del bene” per cercare di far capire ai manichei quanto fossero blasfemi. Nietzsche poi porta la questione su un altro livello, disprezzando pressoché ogni filosofo a partire da Platone in poi, con particolare riferimento ai filosofi tedeschi del proprio tempo.

I filosofi litigano, e litigano tanto, soprattutto poi quando si parla di filosofia morale o di questioni politiche. E in ciò forse siamo tutti un po’ filosofi, basti vedere la quantità di contrasti e litigi su questioni morali e politiche che si verificano ogni istante sulla piazza virtuale dei social ma anche pubblicamente tra dichiarazioni, comizi e dibattiti vari. Accordarsi su una verità matematica all’interno della morale come nelle scienze naturali sembra impossibile o comunque sembra essere un atto di fede particolarmente difficile.
Trovare un fondamento alla nostra morale che metta d’accordo chiunque è un’impresa ardua. Già i cristiani hanno provato a ricondurre l’intero universo spirituale dell’uomo alle leggi di Dio. Kant poi ha provato a descrivere una legge universale insita nella morale stessa dell’essere umano. Nietzsche si è in un certo senso dissociato da tutto ciò, applicando una scepsi radicale alla domanda stessa intorno a un simile fondamento. In ogni caso mettere d’accordo tutti sul fatto che esista una legge di gravità per cui se lascio la presa di un piatto esso cade e si rompe è risultato decisamente più facile rispetto al mettere tutti d’accordo su quale sia la scelta migliore per una questione sociale o politica.
Eppure quello della morale è un problema molto importante, decisamente fondamentale per la nostra qualità di vita all’interno della società organizzata, in quanto utile appunto a determinarne la struttura, l’organizzazione e le regole.
Basti poi vedere la lotta intestina nei singoli governi delle diverse nazioni, partendo dalla quantità di dissidi sviluppatasi tra le diverse fazioni, cercando di considerare magari solo quelle discussioni che vertono su temi politici o morali e lasciando decadere invece tutti le frecciatine degne del più scialbo dei gossip. Le opinioni politiche e le prese di posizioni ideologiche sono moltissime, disparate e apertamente contrastanti.
In questo senso all’interno della società per quanto riguarda i problemi ed i temi morali e politici sussiste uno scontro tra opinioni diverse che abbraccia ogni strato sociale, dai pensionati bercianti dei bar di paese a coloro che di queste discussioni ne hanno fatto una professione, alias quei signori nelle cui decisioni sta il destino di un intero paese.
Uno scontro ambivalente
Tale contrasto, scontro di opinioni, non rappresenta tuttavia una semplice di condizione di litigio sussistente per se stessa, ma piuttosto esso è fondamentale per determinare quella che è l’evoluzione della società e il grado di benessere dei suoi membri. Per esempio, se una questione morale quale quella del razzismo si fosse sviluppata nella ragione di quest’ultimo, allora il nostro rapporto, o perlomeno quello prevalente, verso coloro che riteniamo diversi sarebbe evidentemente più violento e meno amorevole.
In questo senso da un lato questa situazione, che oserei definire quasi “ontologica” rispetto alla società, rappresenta un elemento imprescindibile di sviluppo, condizione necessaria per un qualsiasi avanzamento della società. Solo dallo scontro infatti può nascere una sintesi, e se fossimo tutti d’accordo su un’unica idea allora probabilmente la società si appiattirebbe, diventerebbe statica e non più al contrario dinamica verso un mondo migliore. Un contrasto di idee politiche e morali si rende così necessario ai fini della creazione di una strada e di una direzione di evoluzione il cui fine sia sempre quello del benessere allargato della società.

Un simile scontro tuttavia non è costitutivamente legato alla sua funzione “sintetica” o evolutiva, ma piuttosto esso si fonda sulle basi della questione, ovvero sulla struttura stessa dell’essere umano. Per questo motivo è importante non fermarsi solamente a considerare il lato produttivo e positivo dello scontro sociale delle opinioni, ma è fondamentale osservare attentamente anche il suo lato oscuro, costituito di violenza (verbale e non) e discordia. Dall’altro lato infatti uno scontro rappresenta pur sempre un conflitto tra esseri umani, per il quale certamente i partecipanti non guardano al progresso a partire da un simile scontro, ma piuttosto alla semplice e inattaccabile difesa delle proprie convinzioni, chiuse rispetto ad ogni infiltrazione che ne possa minare la costituzione e che possa portare quindi ad una loro riformulazione.
In sintesi, da un lato lo scontro di opinioni rispetto alle idee morali o politiche nella società rappresenta una condizione e un’opportunità per il progresso della società, mentre dall’altro esso rappresenta pur sempre un conflitto causa di divisioni all’interno della società, che si allontana quindi dalla coesione dei suoi membri.
Il nodo della questione
La nostra società punta sempre a quello che è ritenuto un bene, sia esso individuale o collettivo, senza stare a guardare alla quantità delle definizioni di bene che sono state formulate durante la storia dell’uomo. L’obiettivo di una società dovrebbe essere quello di creare una condizione utile al benessere dei membri e degli uomini in generale, che altrimenti si troverebbero immersi in un mondo sicuramente difficile, o comunque potenzialmente di guerra di tutti contro tutti, come formulato da Thomas Hobbes nella sua distinzione tra stato di natura e stato come costruzione artificiale successiva al patto.
In questo senso la ricerca della possibilità di allineare un simile scontro al benessere e al progresso della società rappresenta il nodo centrale della nostra discussione. Come è possibile limitare al minimo il lato conflittuale dello scontro delle opinioni valorizzandone invece il lato produttivo? Come si più mantenere intatta la coesione sociale senza rinunciare alla dialettica del contrasto, e quindi senza appiattire la società su una staticità delle opinioni?
In questo senso non si vuole elevare la coesione sociale a elemento massimo e metafisico a cui la società dovrebbe per essenza aspirare, ma solamente si intende far notare come la coesione sociale sia semplicemente utile e funzionale al benessere di ognuno. Nessuno vorrebbe vivere in uno stato diviso e quindi in conflitto all’interno della propria comunità, mentre invece anche una coesione, ovvero una connessione tra tutti i membri di una precisa comunità o anche tra comunità diverse rappresenta un’ottima condizione utile per una vita pacifica e condotta in tranquillità. Come ottenere o anche solo mantenere una simile condizione senza rinunciare allo scontro e quindi alla diversità delle opinioni?
Così, quando si parla di coesione, non si intende solamente un’unione, un’alleanza tra i semplici membri di una comunità, ma piuttosto si vuole indicare anche quella coesione che sarebbe utile si stabilisse tra i governanti di una comunità, la cui divisione è utile che sussista ma i cui scopi dovrebbero unirsi andando al di là del semplice conflitto di idee.
L’eliminazione dello scontro
In generale, è possibile eliminare questo scontro di opinioni?
Senza nessuno scontro allora nessun conflitto, e in una simile situazione la dissoluzione dell’unità dello stato e della società sarebbe un semplice miraggio. Sotto l’accordo di un’idea certa e indubitabile non ci sarebbe spazio per i litigi e per sviluppare conflitti negativi per il benessere e alla sicurezza di una comunità.
Tuttavia eliminare lo scontro significherebbe radunare al di sotto di un’unica idea fondamentale tutta quanta la popolazione, cosa che innanzitutto sarebbe pressoché impossibile. A partire dallo stato di cose che caratterizza la morale umana e la politica, una simile verità risulterebbe quasi come un’imposizione forzata, data la particolarità di ragionamento che caratterizza ognuno di noi in maniera diversa. In questo senso si perverrebbe ad una situazione non più dinamica, ma piuttosto statica, in cui ogni opinione contraria a quella riconosciuta come valida sarebbe soppressa, e si arriverebbe quindi ad un appiattimento delle discussioni che probabilmente non garantirebbe uno sviluppo adeguato della società.
Una soluzione forse non esattamente conveniente. Eliminare di netto lo scontro di opinioni soprattutto tra gli organi al potere significherebbe eliminare anche una serie di aspetti autentici dell’evoluzione della società in favore di una purissima sicurezza assoluta nella direzione di una coesione e di un potere assoluti.
La morale come problema
In questo senso la soluzione alla questione presentata precedentemente non va ricercata nell’eliminazione dello scontro, nell’affermazione di una sola verità di bene che appiattisca l’intera popolazione su di una sola direzione di pensiero. Piuttosto la soluzione sta nell’approccio allo scontro di opinioni che si può avere davanti ad una discussione, ad ogni livello all’interno della società.
Per poter ricondurre lo scontro delle opinioni e le discordanze nei discorsi intorno a temi socialmente importanti all’interno della ricerca del bene e quindi della coesione sociale è necessario comprendere quale sia la priorità all’interno di una discussione. È necessario in questo senso vedere la morale come un problema, riprendendo una frase del filosofo Friedrich Nietzsche.
La morale in generale e le sue questioni in particolare, comprendendo in esse anche tutte le discussioni politiche devono poter essere considerate qualcosa dalla cui soluzione dipende il nostro stesso destino di individui singoli. Ogni problema morale è importante per la società e tale deve essere considerato, così da poterlo vedere come una questione dalla cui soluzione dipende direttamente il nostro benessere. Se ci fermiamo a considerare solamente la nostra opinione come ciò da cui dipende il nostro benessere, allora lo scontro dialettico delle opinioni non perverrà mai a realizzare pienamente la propria funzione di progresso, ma piuttosto esso si risolverà in un cieco litigio dove ciò che importa è semplicemente l’affermarsi della propria convinzione contro quella opposta, minando così alla coesione sociale sussistente tra i due partecipanti, siano essi due cittadini qualsiasi o due partiti o anche due comunità intere che si trovino all’interno di un dissidio.
Così è importante notare il fatto che finché la morale verrà considerata come qualcosa di astratto e lontano dalla singola persona e dal suo benessere, allora l’unica cosa che ci sembrerà importante all’interno di una determinata discussione sarà semplicemente la nostra opinione e la sua difesa, e non piuttosto la vera soluzione del problema. Non è dal perpetrarsi della nostra opinione che deve dipendere il nostro stesso destino sociale, ma piuttosto esso dovrebbe dipendere dall’effettiva soluzione di un determinato problema affrontato. Lo scontro delle opinioni è ineliminabile, e tentare di eliminarlo con l’applicazione di una ragione unica e universalmente valida sarebbe essenzialmente dannoso. Ma se ognuno di noi, come atteggiamento fondamentale nella vita e in particolare nelle discussioni morali, vedesse la morale come un problema vero dal cui esito dipende il nostro proprio destino individuale, allora lo scontro sarebbe sì conservato, così come la coesione sociale messa a rischio da litigi, discussioni e dissidi.
Ad oggi la morale e la politica sembrano essere scadute nel tifo più calcistico ed irrazionale, portando la nostra società a diventare una lotta senza tregua tra fazioni le cui idee si scontrano senza possibilità di congruenza. A ciò si aggiunge poi la concezione secondo cui le discussioni morali e politiche siano lontane da un effettivo risvolto sul benessere di tutti quanti.
Guardare alla morale come un problema assume dunque ora due precise connotazioni: da un lato con ciò si indica l’affrontare un problema morale come se da esso dipendesse il nostro stesso destino, ovvero come se esso fosse un nostro problema particolare; dall’altro poi con ciò si indica il guardare al problema in sé e non solo alla propria opinione all’interno di una discussione, portando quindi lo sguardo a considerare i rapporti tra la nostra opinione, la soluzione effettiva della discussione e l’opinione altrui.
Concludendo, lo scontro delle opinioni che si può osservare ad oggi in lungo e in largo anche sul web mina alla coesione sociale che sarebbe utile si stabilisse tra i diversi cittadini e le diverse fazioni politiche. In questo senso è possibile conservare il lato dialettico di un simile scontro in favore della coesione sociale attraverso il considerare la morale e la politica ed i loro problemi come qualcosa di precisamente importante per noi, dalla cui soluzione quindi dipende direttamente il nostro benessere personale. Ciò precisamente in quanto la morale, strettamente legata alla politica, e la politica stessa non sono questione di tifo e nemmeno qualcosa di astratto ed intangibile.
Giovanni Ciceri