Il 9 Marzo del 1842 il Nabucco di Giuseppe Verdi viene rappresentato per la volta volta nel Teatro Alla Scala di Milano. Allora la città, e tutta la penisola, erano dominate dagli austriaci ed iniziavano a sorgere i primi malcontenti, sfociati, poi, nella rivolta del 1848.
L’opera doveva chiamarsi inizialmente Nabucodonosor ma, a causa del nome troppo lungo, fu chiamato da tutti il Nabucco. Il nome è ispirato dal Re babilonese e la vicenda alla lotta degli ebrei per liberarsi dalla schiavitù. Fu il primo dei tanti successi di Verdi e per gli italiani un inno di liberazione dalle dominazioni straniere.
Chi è Giuseppe Verdi
La storia di Giuseppe Verdi inizia il 10 ottobre del 1813 in un piccolo villaggio vicino Parma, Le Roncole di Busseto. Giuseppe, fin da piccolo, manifestò tanto interesse per la musica, convinse l’organista della chiesa di Le Roncole, don Pietro, a impartirgli gratuitamente le prime lezioni di musica, e suo padre a comprargli una vecchia e malandata spinetta per esercitarsi. Quando morì don Pietro, fu ingaggiato al suo posto come organista della chiesa. Ricevette per l’incarico un misero compenso, ma anche quei pochi soldi servivano. Giuseppe percorreva a piedi quattordici chilometri per andare a suonare l’organo a Le Roncole. A Busseto però ebbe la fortuna di conoscere Antonio Barezzi, un ricco e generoso commerciante, appassionato di musica. Fu un incontro decisivo: Barezzi intuì il futuro luminoso del ragazzo, si affezionò a lui e decise di aiutarlo finanziariamente per farlo proseguire negli studi musicali. Fu respinto dal Conservatorio di Milano, ma non si è mai dato per vinto, non ha mai rinunciato a voler diventare un compositore. Ha incarnato la figura del patriota sposando gli ideali del Risorgimento e, nella sua musica, ha voluto trasmettere questi ideali.
Va, pensiero sull’ali dorate
Nabucodonosor (questo il nome autentico dell’opera) racconta l’assedio di Gerusalemme da parte del re babilonese. Nella prima parte dell’opera siamo a Gerusalemme. Gli ebrei hanno prigioniera Ferena, figlia di Nabucco, e l’affidano a Ismaele, figlio del re di Gerusalemme, ma Ismaele, quando era prigioniero a Babilonia, era stato liberato da Ferena: si amano e lui vuole liberarla. Ma il piano salta per l’arrivo dell’altra figlia di Nabucco, Abigaille, anche lei innamorata di Ismaele. Passa il tempo, e l’opera continua a Babilonia, dove sono stati portati i prigionieri ebrei dopo la conquista di Gerusalemme. Abigaille scopre di essere figlia di una schiava, quindi Ferena è l’unica figlia di Nabucco. La gelosia di Abigaille esplode perché la sorellastra regna al posto del padre, che è via in guerra, ma soprattutto le ruba l’amato Ismaele. Abigaille si impossessa del regno e Nabucco perde la ragione. Nel suo odio per Ismaele e Ferena, Abigaille ordina lo sterminio degli ebrei, che vicino al fiume piangono il ricordo della “patria, sì bella e perduta”, nel coro Va, pensiero. Alla fine Nabucco guarisce, riprende il regno, salva gli ebrei e accetta di credere nel Dio degli ebrei. “Oh mia patria sì bella e perduta!” è il verso chiave
del Nabucco: è il pianto degli ebrei di 2500 anni fa, ma è anche il pianto degli italiani del nord, che dal 1815 vivono sotto l’assedio degli austriaci. Negli anni Quaranta, Verdi scrive molte opere politiche, in cui racconta storie di secoli prima ma parla della
situazione del Lombardo- Veneto di allora.
Il coro del Nabucco diventa il simbolo della lotta contro gli austriaci e su tutti i muri si
legge “Viva Verdi”, dove “Verdi” è una parola fatta con le iniziali di “Vittorio Emanuele Re D’Italia”, Oltre all’uso negli anni del Risorgimento anti-austriaco, questo coro ha una lunga storia di utilizzo politico.
Il contesto storico
I moti del 1848, detti anche rivoluzione del ’48 o Primavera dei popoli, furono un’ondata di pro- cessi rivoluzionari intrapresi dai borghesi che sconvolsero l’Europa. Il loro scopo fu quello di abbattere i governi della Restaurazione per sostituirli con governi liberali. La scintilla che fece deflagrare il fermento rivoluzionario in tutta Europa fu rappresentata dalla “campagna dei banchetti” che portò a una rivoluzione a Parigi, il 22-24 febbraio e, successivamente, coinvolse tutta l’Europa. Solo l’Inghilterra vittoriana, in un periodo di stabilità politica ed economica (soprattutto grazie alle riforme del 1832 che avevano pacificato la classe borghese) e, all’opposto, la Russia, in cui era praticamente assente una classe borghese (e di conseguenza una opposta classe proletaria) capace di ribellarsi, furono esentate dalla portata distruttrice, creatrice e rigeneratrice delle rivoluzioni del 1848.
Le cinque giornate di Milano
Le cinque giornate di Milano furono un’insurrezione combattuta dal 18 al 22 marzo 1848 a Milano tra la popolazione della città e le truppe austriache. Fra il 16 e il 17 marzo 1848 a Milano si diffuse la notizia dei moti rivoluzionari scoppiati in Francia, Austria, Ungheria, Boemia e Croazia. La città, sotto la dominazione asburgica, insorse e dopo cinque giornate di violenti combattimenti contro le truppe austriache, al comando del maresciallo Radetzky, si liberò degli occupanti. Nella terza giornata (20 marzo 1848) il consiglio di guerra milanese respinse la proposta di armistizio degli austriaci e si costituì un governo provvisorio. Il giorno successivo (21 marzo 1848) i milanesi conquistarono tutte le caserme e le posizioni tenute ancora dagli austriaci; in serata iniziò la ritirata di Radetzky con le sue truppe, che si allontanarono dalla città. All’alba del 23 marzo, dopo aver aperto le porte, Milano accolse i primi volontari provenienti da Genova e Torino. Carlo Alberto emanò un decreto in cui annunciava ai popoli della Lombardia e del Veneto che stava accorrendo con il suo esercito in appoggio agli insorti; questo annuncio segnava l’avvio verso la Prima guerra di indipendenza. Durante le storiche Cinque Giornate di Milano, i milanesi furono protagonisti di un evento straordinario, che ha lasciato un segno indelebile nella storia della città, della Nazione e dell’Europa intera. I milanesi, uomini e donne di ogni età, classe sociale o condizione culturale, si riscattarono da uno straniero arrogante e dominatore, combattendo con coraggio e coesione.