Non c’è un migliore amico più fedele del cane. Un animale antico quanto l’uomo stesso. Ma quali sono i cani più famosi della storia?

Il canis lupis familiaris è un mammifero della specie dei canidi, indicato più comunemente come “cane”. Con il passare degli anni si è distinto dal suo parente più prossimo, il lupo, diventandone una sottocategoria separata (escludendo i vari incroci tutt’oggi esistenti). Il cane fu il primo animale ad essere addomesticato dall’uomo. I primi collegamenti tra i due risalgono a 30.000 anni fa, anche se i primi fossili di lupo furono ritrovati solo 12.000 anni fa. Fedeli guardiani degli accampamenti prima e delle case poi tutti i cani sono degni di nota. Molti meritano anche un loro posto nella storia. Vediamo quali.
ARGO
Argo fu il cane dell’eroe Odisseo. Compare nel XVII libro dell’Odissea, al verso 290-327. Odisseo adottò e allevò Argo come un cane da caccia quando era solo un cucciolo, abbandonandolo subito poiché chiamato a combattere la guerra di Troia. Omero lo colloca solo alla fine del poema quando, vent’anni dopo la sua partenza, Odisseo torna finalmente ad Itaca, pronto a riprendersi la sua isola. Il cane è molto vecchio, descritto disteso su cumuli di letame, lasciato dimenticato. Nonostante l’età e la probabile cecità riconosce immediatamente il suo padrone, nonostante questi si sia travestito da mendicante per non farsi riconoscere. Non si muove dal suo posto, troppo stanco per farlo, ma alza le orecchie e scodinzola verso Omero in segno di riconoscimento. Dopodiché si lascia andare alla “nera morte” suscitando anche l’unica lacrima che verserà Odisseo fino a fine poema.
PERITAS
Alessandro Magno è già conosciuto nel giro degli amanti degli animali. Aveva infatti un altro fedele amico quadrupede, molto famoso, il cavallo Bucefalo (approfondito qui: “Tutti in sella e andiamo a scoprire i cavalli più famosi della storia”). Insieme a lui troviamo anche il suo cane, Peritas, di razza molossoide, donato ad Alessandro dallo zio Alessandro I d’Epiro. Ancora oggi si dibatte su quale fosse l’effettiva specie dell’animale, ma ciò che è certo è che fu un cane coraggioso, robusto ed agile, meritevole di accompagnare il suo padrone in numerose battaglie. Peritas e Bucefalo sono infatti entrambi presenti vicino ad Alessandro nei rilievi a lui dedicati. Come per il suo cavallo Alessandro dedicò a Peritas tutti gli onori possibili. Il cane era ricordato per la ferocia con cui si buttava in battaglia. Si dice che, nel 331 a.C., nel bel mezzo della battaglia contro Dario III, si scagliò contro un elefante per salvare Alessandro. Non sia chiaro se sia morto nello scontro contro l’animale o tra le braccia del padrone a causa di altre ferite. Quello che conta della sua storia è la sua sepoltura. Come Bucefalo, Alessandro fece seppellire il suo cane con gli onori militari, e poco distante della sua tomba fece erigere una città, l’odierna Jehlum, in Pakistan.

TOGO E BALTO
Il film su Balto mente e neanche poco. La pellicola di animazione del 1995 racconta la storia del cane come una favola epica, dipingendolo come un eroe. Intanto, il vero Balto fu un siberian husky di proprietà di Leonhard Seppala e non un randagio cane-lupo come nella pellicola. Poi non fu lui l’unico a salvare la pelle del piccolo villaggio di Nome, in Alaska. Nel 1925 scoppiò un’epidemia di difterite, per cui si ritenne necessaria un’antitossina introvabile. A causa della neve fitta e insistente l’unica soluzione possibile per rifornire la città fu quella di usare i cani da slitta, già impiegati per portare la posta. Tra le venti squadre di cani adoperate per portare l’antitossina a Nome, spiccò quella del guidatore Leonhard Seppala. Egli si imbarcò nell’impresa con il cane Togo, il suo husky preferito nonché il più veloce, e si avventurò con lui e la sua squadra per ben 420 km, affrontando anche la temuta pianura Norton, dove il ghiaccio era sottilissimo. Balto però si prese gli onori della spedizione. Egli infatti sostituì Togo solo negli ultimi 85 km di corsa fino alla città, apparendo di fatto come l’esecutore del lavoro. Nonostante il merito superfluo in onore di Balto, oltre al film, per lui oggi è presente una statua a Central Park.

LAIKA
La storia di Laika merita un posto d’onore tra le vittime dell’ambizione umana. La piccola randagia di tre anni fu scelta come primo astronauta canino a bordo dell’astronave sovietica Sputnik 2, lanciata nell’orbita bassa il 3 novembre 1957. Lanciare un animale nello spazio non fu un gesto magnanimo o inclusivo. Di contro, mandare avanti un cane era solo un becero esperimento per testare gli effetti del volo spaziale su un essere vivente. L’addestramento di Laika, nome dato per indicare approssimativamente la razza, tra l’husky e il terrier, fu particolarmente duro. La scelta ricadde su di lei in quanto il governo russo era convinto che un cane randagio sarebbe stato più abituato al freddo e alla fame. Il cane doveva adattarsi ai confini della capsula, così, insieme ad altri cani partecipanti, fu chiusa in una cella progressivamente più piccola per oltre venti giorni. La prigionia indusse l’animale a smettere di espletare le sue funzioni biologiche, la rese irrequieta e minò in maniera definitiva le sue condizioni fisiche (e auspicabilmente anche mentali). All’inizio si pensò che Laika non sopravvisse molto alla spedizione, morendo in poche ore per surriscaldamento. Nel 2002 il governo russo rese invece noto che l’animale morì dopo ben sei giorni, a causa del mancato ossigeno. Alcune fonti affermano invece che fu soppressa di proposito prima che l’esperimento finisse.
MENZIONE D’ONORE: CERBERO E CAVE CANEM
Cerbero è forse il cane più conosciuto della mitologia, figlio di Tifone ed Echidna, fratello dell’Idra di Lerna. È descritto come un enorme cane mastino, fornito di tre teste, ricoperto di serpenti velenosi. Suo compito era vegliare sull’ingresso dell’Averno, impedendo a qualsiasi morto di uscirne. Due soli uomini riuscirono ad avere la meglio su di lui. Il primo fu Eracle, il quale, durante l’ultima fatica lo catturò vivo per consegnarlo ad Euristeo, solo per mostrarglielo e poi riportarlo a casa. Il secondo fu invece Orfeo, il quale riuscì ad addormentarlo suonando la lira per lui.
Cave canem non si riferisce ad un vero e proprio cane. In realtà è una frase latina che significa letteralmente “attento al cane”. Era riportata all’ingresso delle abitazioni per avvisare che all’interno era presente un cane pericoloso. La scritta più famosa si trova accanto ad un mosaico presente nella Casa del Poeta Tragico a Pompei. Qui il cane è tenuto al guinzaglio, ed è sempre visibile dalla porta dell’abitazione.
“Se guardi negli occhi il tuo cane, come puoi ancora dubitare che non abbia un’anima?”
Victor Hugo.