Il “lavoro più antico del mondo”: scopriamo con sguardo critico il fenomeno della prostituzione

È il “lavoro più antico del mondo”, eppure non è regolarizzato. Si riaccende la questione della prostituzione con la proposta della consigliera nazionale svizzera Marianne Streiff-Feller: il divieto alla prostituzione è giusto o sbagliato?

Fonte: Gio su Unsplash

La richiesta mossa è quella del “modello nordico”, racconta il giornale Ticinonline in un articolo di questo mercoledì (link). A parlare è la deputata del Partito evangelico Marianne Streiff-Feller, che già dal 2015 opera contro la pratica della prostituzione in Svizzera. La mozione ha già scatenato diverse opinioni, riaprendo il dibattito svizzero sulla libertà di prostituzione.

CHI È A FAVORE…

“Prestare il proprio corpo allo sfruttamento è contrario alla dignità di una donna”, così si sarebbe espressa Streiff-Feller, denotando all’atto prostitutivo un carattere negativo e denigrante. L’attenzione della politica viene volta alla condizione di subordinazione della donna, che vedrebbe nella prostituzione una sua espressione. Nella questione si aggiungono il fenomeno tremendo della tratta sessuale, la deliberata vendita di persone per il commercio illegale del sesso, e la violenza di genere. Potrebbe apparire riduttiva la versione della deputata, che sembra vedere alla prostituzione come una questione d’interesse esclusivamente femminile, eppure è anche vero che i numeri parlano di un 72% di vittime femminili rispetto al 38% della componente maschile (fonte: ASVIS).

Ma cos’è questo “modello nordico”? Con questa espressione si fa riferimento alle leggi adottate in Svezia, dove dal 1999 è vietato comprare servizi sessuali, ma non venderli. In questo modo, il cliente diventa l’unico punito. Sempre secondo Marianne Streiff-Feller, questa riforma avrebbe “portato a una forte riduzione della prostituzione e di conseguenza anche dello sfruttamento sessuale e della tratta di esseri umani” nel Paese nordeuropeo (fonte: VoceEvangelica).

…E CHI È CONTRO

Dublino, Settembre 2015. Amnesty International propone la depenalizzazione della prostituzione, un grande numero di sex workers si muovono con l’associazione per far riconoscere i propri diritti. Le accuse mosse alla legalizzazione della prostituzione vengono smontate da chi è a favore, si aggiungono le voci autorevoli della WHO (World Health Organization) e della GAATW (Global Alliance Against Traffic in Women) che si pronunciano sulle questioni della tratta sessuale e sul fenomeno delle malattie sessualmente trasmissibili (fonte: IlFattoQuotidiano). In un breve pampleth di 7 pagine, la GAATW racconta di come la criminalizzazione del cliente (il “modello nordico” agognato da Streiff-Feller) non ha ridotto il traffico di esseri umani, comporta una maggiore competizione fra sex workers, non ha ridotto i casi di violenza subita (si veda in Italia i recenti avvenimenti di cronaca nera: uccise due prostitute a Sarzana) e ha definitivamente tolto la voce ai diretti interessati: chi lavora nel mondo del sesso.

L’attenzione della politica, critica la GAATW, dovrebbe essere posta nei casi di coercizione alla prostituzione, senza criminalizzare l’intero commercio sessuale, grazie al quale molti vedono la possibilità di un compenso lavorativo. Una maggiore regolamentazione, unita a precise leggi che vadano a sfiduciare il mercato nero, dove realmente vivono in cattività donne, uomini e, ancora peggio, bambini, potrebbe, al contrario, permettere maggiore sicurezza nei confronti di chi si prostituisce. Fra le manovre auspicate: regolamentari controlli di salute, rafforzamento delle pene su chi abusa i sex workers – in quanto l’abuso sessuale è una possibilità anche nell’economia del sesso, magari sussidi e aiuti economici.

UNA PROSPETTIVA FILOSOFICA SULLA PROSTITUZIONE

Fra i punti più interessanti della questione, rientrano la libertà di fare del proprio corpo ciò che si vuole e la questione della liberazione sessuale. Reduce da una lunga tradizione “prudista”, la stessa Italia viene accusata spesso di far vincere la morale cristiana, che fa coincidere la prostituzione all’impossibilità di redenzione. La prostituzione, con l’avvento cristiano, diventa un peccato, un “male della società”. Tantissime sono le testimonianze dalla Grecia e dalla Roma Antica, dove il lavoro sessuale era accompagnato da tasse obbligatorie per i clienti e controlli sanitari (fonte: Istituto EuroArabo). Forse, oltre al ’68, i nostri stessi antenati possono ancora insegnarci molto sul mondo del sex working.

Il movimento di liberazione sessuale ha permesso grandi passi in avanti, promuovendo una maggiore apertura alla sessualità ed ai discorsi che la riguardano. La possibilità di disporre del proprio corpo come si vuole, potrebbe essere vista come una capacità innovativa e non discriminante. Questo, naturalmente, nel caso in cui vi sia un’appropriata protezione della categoria dei sex workers ed una maggiore attenzione ai problemi che una cultura dello stupro alimenta.

La questione resta irrisolta, eppure l’ago della bilancia non è nelle mani di chi dovrebbe: la posizione meno favorita nella discussione è sempre quella di chi lavora nella prostituzione, che soffre lo stigma di una società ancora antiquata, costretti a lavorare senza tutele e nell’illegalità.

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.