Una breve analisi dell’uomo-massa descritto da Ortega y Gasset permette di vedere in Voldemort una sua estremizzazione.

Voldemort si crede onnipotente ma non si accorge che proprio la sua abilità, privata di una guida morale, lo dirige verso il suicidio. La ricerca dell’immortalità lo porta a voler sacrificare l’interezza della sua anima.
Gli Horcrux si rivelano la debolezza di Voldemort
Occhi rossi, fisionomia serpentesca, pallore: Voldemort si presenta così nei libri della saga di Harry Potter. La sua sete di potere lo inserisce nel novero degli antagonisti più spietati delle storie fantasy: non accenna a remore quando ha la possibilità di uccidere in culla colui che avrebbe potuto porre fine al suo dominio di terrore. La salvezza del neonato è sua madre, Lily Potter: la donna, facendo da scudo al figlio, fa sì che la maledizione rimbalzi addosso al mago oscuro. Questi è debole e temporaneamente si dissolve in forma incorporea. La sua anima, infatti, è stata volontariamente spezzata attraverso continui omicidi in modo da poter poi nasconderne i frammenti in oggetti che non avrebbero dovuto mai essere trovati: gli Horcrux. In questa maniera egli sperava di eternarsi. Harry Potter, grazie al sacrificio della madre, si salva, ma porterà in sé, fino alla fine della saga, un pezzo di colui che assassinò i suoi genitori. Gli altri oggetti magici, vasi canopi dello spirito, verranno cercati e distrutti dal protagonista e dai suoi amici. Eliminando quelli si compie un parziale assassinio del loro vecchio detentore, a cui sono indissolubilmente legati.

Voldemort si dimostra una caricatura dell’uomo-massa contemporaneo
Il filosofo spagnolo Ortega y Gasset, in Ribellione delle masse, parla dell’uomo-massa. Questo prodotto sociale affonda le radici nel XIX secolo quando gli intellettuali (da Hegel a Nietzsche) prospettavano l’avvento di una comunità di uomini privi di una guida spirituale, mossi dalla mera ricerca del piacere, passivi nei confronti delle sovrastrutture, nichilisti. Figli di coloro che hanno combattuto per una democrazia diffusa, si ritrovano con una facilità materiale che gode dei frutti senza vederne la fonte. La sicurezza sfrontata dell’uomo-massa sfocia nell’ingratitudine verso quanto ha reso possibile la facilità della sua vita. La fortuna non gli rende necessario il confronto e la richiesta di aiuto, si sente padrone della sua vita e onnipotente come non mai nella storia dell’uomo: non esistono limitazioni materiali né poteri sociali superiori. I diritti comuni dell’uomo e del cittadino vengono passivamente acquisiti come semplice godimento.
Probabilmente J.K. Rowling aveva in mente questo concetto, perché la costruzione degli Hocrux da parte di Voldemort è sintomatica della considerazione egoistica del personaggio, dell’assenza di morale e di un’innato istinto di onnipotenza. Si inizia così a delineare una zona di convergenza tra l’uomo medio contemporaneo e la sua rappresentazione estremistica nella figura del Signore Oscuro.
L’incapacità di guardare fenomenologicamente la realtà manifesta l’ingenuità di Voldemort
In L’uomo e la gente, Ortega y Gasset parla di uno “sguardo radicale”, indicando con tale concetto uno sguardo fenomenologico in grado di dare senso e valore all’oggetto che stiamo considerando. Questa parte teoretica diventa filosofia pratica nel momento in cui sostituiamo l’oggetto esperito con un altro essere umano. Lo “sguardo radicale” è un intreccio della cosa data per così com’è nel campo cosiddetto oggettivo, e le sensazioni e i ricordi che questo evoca nel soggetto esperiente. Si differenzia dalla percezione superficiale comunemente attuata, perché implica la coscienza di un coinvolgimento personale in ogni momento dell’esistenza. Da ciò l’irripetibilità e l’unicità di ogni singolo individuo. Nel momento in cui si considerano le cose percepite come oggetti inanimati, ci si accorge che essi interferiscono nella nostra vita in quanto ostacoli o mezzi per il raggiungimento di determinati fini. Tuttavia essi non potranno mai contrastare le nostre intenzioni in modo attivo, in quanto, appunto, inanimati.
Questa capacità è riservata all’uomo, alla persona che appare nella nostra vita: esso si presenta a noi come essere psicofisico, dotato di una sua propria individualità diversa dalla nostra, inaccessibile per noi.
Secondo questa interpretazione, appare contraddittoria la volontà di Voldemort di trasmettere parti della propria anima agli oggetti, in quanto da essi dovrebbe provenire una visione prospettica identica a quella del soggetto, che in realtà si pone da una diversa angolazione. Da Leibniz a Ortega y Gasset, passando per Husserl, il punto di vista soggettivo non può essere mai sostituito da quello di un altro che potrebbe prendere il suo posto.

Gli Horcrux, come la reificazione dell’uomo, uccidono l’uomo stesso
Possiamo solo dedurre dell’altro ciò che tramite una trasposizione dall’”io” al “tu” crediamo appartenergli, sulla base di ciò che ho coscienza riguardo a me stesso. Il suo mondo interiore mi è inaccessibile direttamente, tramite un’esperienza immediata. Questo parallelismo tra il mio mondo interiore e quello dedotto dell’altro è chiamato “empatia” (Einfühlung). Nel momento in cui non accogliamo l’altro nella sua presenza psicofisica, come un altro a noi simile ma irriducibilmente diverso, attuiamo una posizione di sguardo ingenua che porta ad una reificazione dell’individuo. In parole povere, consideriamo l’altro come un oggetto privo di volontà, sentimenti ed emozioni. L’anima dell’uomo si impoverisce, perde la vivacità del confronto, dell’ignoto, si confonde negli oggetti. Gli uomini, ridotti a cose dall’atteggiamento superficiale, sono considerati dal soggetto entità passive, su cui poter attuare il proprio dominio, incrementando il senso di onnipotenza tipico dell’uomo-massa.
Nella saga, la strage di innocenti perpetrata da Voldemort dimostra quanto il personaggio sia vittima di questa visione distorta del reale. Inoltre, la sua anima fatta a pezzi per mezzo di omicidi è sintomatica della considerazione cosale della persona, intesa quale mezzo per la riuscita dei propri scopi. La ricerca di immortalità acceca Voldemort al punto di sacrificare, oltre a molte vite, l’interezza della sua stessa anima. Decide di perdere la totalità di sé, in funzione del mantenimento in eterno di una vita in equilibrio tra l’essere e il non essere. Gli oggetti diventano animati e l’uomo diventa oggetto, i confini sono diafani e sarà proprio quella la sua debolezza. Hegelianamente: l’oggetto diviene il sepolcro della coscienza. “Al fondo della pretesa umanizzazione delle cose si intravede la reificazione dell’uomo”.