Sognare è evadere dalla realtà, distaccarsi da essa, liberarsi delle preoccupazioni e di ciò che non va. Sarebbe forse meglio vivere sempre in questa idillica dimensione parallela o è giusto che rimanga una tregua isolata nella faticosa vita quotidiana?
Questo dilemma tra sogno e realtà, tra una felicità costruita e immaginata e la durezza delle situazioni in cui la vita ci immerge, permea il film “Inception” e l’operetta morale di Giacomo Leopardi “Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare”. Vediamo attraverso di essi l’attrazione che il mondo onirico esercita sull’uomo.
“Inception” e il sottile confine tra sogno e realtà
Il sogno è la dimensione in cui si muovono i personaggi della pellicola “Inception”. Uscita nel 2010 e diretta da Christopher Nolan essa presenta una trama complessa e articolata e offre spunti interessanti riguardo la concezione della realtà e dello spazio onirico. Leonardo Di Caprio interpreta il protagonista Cobb, un estrattore, capace cioè di carpire i segreti delle persone insinuandosi nei loro sogni. Ciò è reso possibile grazie ad una macchina che permette il sogno condiviso, ovvero più individui sedati partecipano ad un unica visione onirica. Le vicenda principale prende avvio quando Mr. Saito richiede a Cobb di praticare l’innesto. Si tratta di impiantare un’idea in un altro soggetto, in questo caso in Robert Fischer, facendo in modo che sembri sorta spontaneamente nella sua mente. Per riuscirci viene radunata una squadra e progettato nei minimi particolari il piano d’azione, secondo un sistema di sogni a matrioska. Infine l’impresa, estremamente pericolosa e folle, viene compiuta e Cobb ottiene la ricompensa pattuita, ovvero la possibilità di ritornare dai propri figli. Tuttavia il finale del film rimane in sospeso senza svelare allo spettatore se l’ultima scena di riunione familiare sia reale o parte di un sogno. Conclusione in perfetta linea con i continui interrogativi che il film pone allo spettatore: cos’è veramente reale? E se tutti stessimo sognando e vivessimo in un mondo fittizio?
Mal e Cobb: la via di fuga nel mondo onirico
Nel turbolento e avvincente susseguirsi delle scene di azione, in parallelo si giunge ad esplorare ciò che si agita nella psiche di Cobb. Un agglomerato di rimorsi, rimpianti e il desiderio vano di rifugiarsi in un mondo libero dalla sofferenza dell’assenza della coniuge e della forzata lontananza dai figli.
Nei miei sogni siamo ancora insieme.
Lui e Mal, la moglie suicidatasi, solo durante il sonno possono nuovamente ricongiungersi. Tempo prima entrambi avevano trovato il modo di immergersi nel Limbo, ovvero uno stato di puro subconscio, e vi avevano vissuto insieme a lungo, affascinati dal mondo che avevano creato grazie alla loro immaginazione. Mal ad un certo punto era talmente affascinata da questo universo parallelo da perdere l’interesse per la realtà autentica. Cobb si vide costretto ad impiantare in lei l’idea che il suo mondo non fosse reale. Tuttavia in essa questa divenne un’ossessione che, diversamente da quanto voluto dal marito, la portò a credere che ciò che aveva sempre considerato reale altro non fosse se non un ulteriore livello onirico, dal quale per svegliarsi era necessario uccidersi. Per questo per Cobb, diviene sempre più necessario rifugiarsi nel sogno per continuare a “tenere in vita” la moglie, per ricordare i momenti felici, per non sentirsi attimo dopo attimo responsabile della follia di lei. Il sogno diviene quindi una via alternativa verso una possibile felicità, una dimensione in cui gli errori non ci siano e in cui si possa essere padroni di tutto.
Nel “Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare” la felicità è nel sogno
Il tema del sogno come fuga dall’arida verità è presente anche nel poeta di Recanati Giacomo Leopardi. In “Dialogo di Torquato Tasso e del suo genio familiare”, operetta del 1824, i personaggi discutono riguardo il piacere che deriva dall’immaginare e sognare. Tasso, imprigionato nell’Ospedale di Sant’Anna si lamenta con uno spirito della mancanza dell’amata Leonora. Pensando a lei riesce quasi a rinascere, a obliare tutti i patimenti e ad essere quasi felice. Riflette sul fatto che nel suo pensiero ella sembri una dea, di come la lontananza renda sublime ciò che quando è presente è normale. Il genio gli promette per consolarlo di fare in modo che la possa vedere in sogno.
Tasso: Gran conforto: un sogno in cambio del vero.
Genio: che cosa è il vero?
Tasso: Pilato non lo seppe meno di quello che lo so io.
Genio: Bene, io risponderò per te. Sappi che dal vero al sognato, non corre altra differenza, se non che questo può qualche volta essere molto più bello e più dolce, che quello non può mai.
Anzi in sogno lei sarà ancora più bella, e riempirà il cuore di sensazioni dolci. La conversazione arriva al punto che la conclusione inevitabile è che solo nel sognare l’uomo può trarre piacere. Anche per Leopardi il rimedio per l’infelicità connaturata all’esistenza sembra essere, per certi versi, il ripararsi nella dimensione alternativa dell’inconscio, dell’irrazionale.
Così, tra sognare e fantasticare, andrai consumando la vita; non con altra utilità che di consumarla; che questo e l’unico frutto che al mondo se ne può avere, e l’unico intento che voi vi dovete proporre ogni mattina in sullo svegliarvi.