Il destino è la via verso la realizzazione di sè, o è la catena che ci inchioda all’inevitabile?
Analizzando il concetto di destino nella serie tv The Witcher, lo si paragonerà a quello di determinismo presente nella filosofia moderna, e,successivamente, alla filosofia di Lèvinas.
Il destino non dimentica
Geralt è un cacciatore di mostri, la cui vita sembra essere contrassegnata da una monotonia mortale.Geralt è rassegnato ad un esistenza dove il sangue e la violenza lo seguono come un’ombra, impedendogli di trovare la pace, ridotta ormai a mero conforto di una possibile morte, presente in ogni suo incarico.Sbeffeggiato e disprezzato da tutti per via della sua professione, l’unica scelta rimastagli è quella di sprofondare in una tetra rassegnazione .Tuttavia, il destino sembra avere altro in serbo per lui.
A seguito di un incarico portato a termine, Geralt, forse per sbeffeggiare il destino, o forse per comprovarne l’esistenza, richiede una ricompensa fortemente legata ad esso: “la legge della sorpresa”.Colui che la subisce, dovrà donare la cosa che ha, ma di cui non è ancora a conoscenza, a chi la richiede.Sfortunatamente per Geralt, ciò non è un randagio o qualche pulce nella barba, ma una bambina dai poteri straordinari.Cosí, avrà inizio un’avventura dal sapore epico e drammatico, “destinata” a cambiare non solo la vita del Witcher, ma dell’intero mondo.
intrappolati nella libertà
Il destino preclude la libertà?
La prima risposta sembra poter essere trovata nel determinismo filosofico.Cos’è il determinismo? Si potrebbe pensare ad esso come ad una sorta di destino, il cui potere però, è limitato proprio a causa della sua esistenza.Come Odino, il destino sacrifica un occhio per ottenere la conoscenza di tutte le cose.L’occhio rappresenta la conoscenza finita che, non essendo universale, è fautrice di una libertà data proprio dalla sua finitezza.Il destino, invece, è limitato dalla sua universalità.Conoscendo il mondo nel suo avvenire, lo ingloba in sè stesso, divenendo spettatore immobile ed eterno del continuo fluire dell’esistenza.Cosí, l’uomo per esso diventa solo un determinato meccanismo inserito in un mondo meccanico, le cui scelte ed azioni possibili sono simili a quelle di una palla posta su un piano incrinato: essa non può far altro che rotolare verso il basso, perché è quella la sua natura e funzione.Cosí, la libertà non diviene altro che la possibilità propria dell’uomo di continuare ad agire, predeterminato e ingabbiato, come un ingranaggio la cui unica possibilità di scelta è quella di continuare ad espletare la propria ed unica funzione;la quale, essendo l’unica possibile, coincide con la sua totale libertà.
Tra finitezza e indeterminazzione, Lèvinas libera l’uomo
Di tutt’altra idea è l’opinione di Lèvinas.Attraverso la nostra finitezza, l’uomo riesce a districarsi dalle catene della totalità dell’essere, ed ad ottenere così la vera libertà.Il Pas Encore ( non ancora ), il rimandare continuamente la morte proprio dell’uomo, lo fa vivere costantemente nell’indeterminazione di un futuro incerto, e proprio per questo aperto ad infinite possibilità.Così, la nostra flebile esistenza, sempre in bilico tra la morte e la vita, ci dona la vera libertà.Il futuro, indeterminato e infinito, annichilisce il destino, che può agire solo sulla totalità prevedibile e determinata, spezzando definitavamente le catene del nostro avvenire.