IL CROLLO DEL PONTE MORANDI CI FA RIFLETTERE SULLA ‘NDRANGHETA E LA SUA INFLUENZA

Il crollo del ponte Morandi a Genova del 14 agosto 2018 ha rivelato informazioni non trascurabili sul tentato recupero di un camion frigo carico di hashish che ‘ndrangheta cercò di recuperare invano.Trattiamo validi spunti per ricostruire la cornice del potere ‘ndranghetistico.

Ci avventuriamo nella giungla dell’illegalità affiancati da Antonio Nicaso, un ranger-analista pronto ad anatomizzare il Re della Savana e i suoi nuovi strumenti politico-economici. La caduta del ponte e conseguente scoperta del camion frigo stupefacentemente carico è solo un caso limite all’ascesa finanziaria e affaristica della vigorosa felina ‘Ndrangheta.

L’HOLDING DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA È ANCORA IN AUGE

Ndrangheta è un intreccio di continuità e trasformazione: un fenomeno criminale calabrese che ha ulcerato i corpi investigativi della DIA( Direzione Investigativa Antimafia), un organismo soffocato da continue cronache giudiziarie e imponenti operazioni antimafia. Ordigni esplosivi ad innesco a miccia e mitragliette sono solo reminiscenze di una vecchia condotta strategica ormai soppiantata; oggi assistiamo a operazioni svolte alla luce del sole, una luce capace di detergere il sangue dei massacri dai loro mandanti. Le nuove fattezze della mafia calabrese hanno carattere decentralizzato, soffrono di sindrome da“occhio presbite”: non operano più in confini circoscritti e determinati, anzi, vivono l’epoca dell’interconnessioni e social media come opportunità per avvicinarsi alle radure giurisdizionali più vantaggiose: luoghi laddove le giurisdizioni sono opache e l’occultamento di cospicui flussi finanziari quasi un diritto, come il paradiso franco della Triple Frontera.

L’holding dell’illecito colpisce anche il gaming, alleata e complice delle proprie strategie espansionistiche è il paradiso fiscale Malta, sede principale della piattaforma del gioco d’azzardo online controllato dalla ‘ndrangheta; dietro un video poker ,seduto a una comoda poltroncina rosso scarlatto siede un fiacco trentenne che balla apaticamente il tip tap dell’azzardo, una vittima logorata tanto dai suoi vizi quanto dal grasso e grosso ventre della malavita.

LA VERITÀ GRIDA “MAFIA!“ E IL MERCATO RESTA SPAESATO

I due giovani pesci continuano a nuotare per un po’, e poi uno dei due guarda l’altro e gli chiede “ma cosa diavolo è l’acqua?

Camminiamo nelle strade, giriamo angoli sbucando su viali periferici; osserviamo e passiamo e finiamo puntualmente di dorso a vicende potenzialmente interessanti ma con uno sguardo poco informato o vile per coglierne le retrovie.

Wallace ne fa una metafora ma la mafia ne fa molto di più: un mezzo, una strategia attua ad assuefare i mercati ai capitali mafiosi; giovani brillanti universitari che fanno uso delle migliori università italiane per immolare le proprie conoscenze al Santuario della consorteria. Un’organizzazione affaristica che ha come propri affluenti i meandri del dark web e la criptofonia:

droghe sintetiche pagate dalle nuove opportunità dei codici binari online e il reinvestimento dei proventi in giurisdizioni franche; sistemi di comunicazione “inattaccabili“ garantiti da cellulari anti-intercettazione provvisti di metodi di crittografia avanzata. Se il mercato viene baciato dalla Dea bendata, sta all’antica Minerva essere meno miope e paralizzare in flagrante un’ndrangheta che sorseggia violenza e fa delle isole finanziarie off-shore ottime prede, sprovviste di sgherri “anti-riciclaggio“ pronti a farle da scudo. Può la Legge giustiziare o sbattere dietro le sbarre un uomo che né spara e né ha il denaro macchiato in Italia? No, ma può avere collaboratori di giustizia:

serve capacità analitica e cooperazione internazionale, sopratutto in quei luoghi dove non esistono registri dei proprietari degli investimenti e diventa doveroso realizzarli per combattere un fenomeno che angustia più di una nazione.

IL PROGETTO I-CAN: UNA BOCCATA D’OSSIGENO PER LA LEGALITÀ

L’uomo nero è una scarpa lercia e consumata che pesta il terreno e risuona silenziosa portando con sé solo sottomissione e rispetto. A ciò si contrappone la solidità di un aculeo ben saldo al terreno in grado di penetrare il silenzio e arrivare al ventricolo dell’organizzazione: il progetto I-Can, una stretta collaborazione tra Interpol, carabinieri e polizia, con l’adesione di tredici paesi partecipanti alla condivisione di informazioni e risorse investigative.

Un’iniziativa idonea al rafforzamento delle linee risolutive del problema malavitoso: una pennellata abrasiva alle mura della latitanza ed espansione delle cosche incarcerando più di 36 latitanti, tra cui Rocco Morabito.

La tecnologia potrebbe fare da eroina nella caccia all’uomo ma gli investimenti statali sono difficilmente ottenibili e i nuovi sistemi informatici anche: l’analisi dei social network, teoricamente efficace, perde consistenza nelle mani di una DIA impossibilitata nell’agire a causa dei mancati fondi . In attesa di ulteriori svolgimenti siamo bloccati sotto le macerie di un fenomeno che resiste nonostante tutte le evidenze pubbliche. Siamo nella morsa dell’uomo nero e sembra quasi che la pressione dei suoi polpastrelli sui nostri caldi e rilassati colli ci piaccia, e anche tanto.

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