Il virus cinese ha creato allarme internazionale. L’uomo impotente di fronte ad un mondo che sta diventando sempre più interdipendente.
Dalla Cina, è giunto a noi un nome, Coronavirus e con esso, la paura e la precarietà del possibile contagio globale. In tutto il mondo sono state prese precauzioni affinché questo non accada. In Europa, il Centro per la prevenzione ed il controllo delle malattie (ECDC), ha alzato la classificazione del rischio da “basso” a “moderato”. Come ormai riscontrato, la trasmissione del batterio è da uomo a uomo, eppure com’è possibile che un virus, partito dalla città di Wuhan, lontana da noi 8.659 km, abbia destato così tanta inquietudine nelle nazioni di tutto il mondo?
Nuovo interesse mediatico per Chernobyl
Proprio nella notte tra 5 e 6 gennaio abbiamo visto trionfare ai Golden Globe nella categoria mini-serie, “Chernobyl”, un dramma storico sul disastro nella centrale nucleare sovietica avvenuto nel 1986. La serie ha contribuito a far riaffiorare nella memoria collettiva un buco nero della storia, una storia ancora non troppo lontana da noi. Creata e scritta da Craig Mazin, racconta fedelmente le dinamiche dell’accaduto dando molto spazio agli eroi che si sacrificarono per salvare l’Europa dal disastro nucleare. Ricordiamo infatti che le nubi radioattive raggiunsero l’Europa orientale, la Finlandia, la Scandinavia arrivando a toccare anche l’Italia.
L’uomo non controlla le sue stesse macchine
Il disastro fu causato da gravi mancanze da parte del personale che portarono ad un incontrollato aumento della potenza del nocciolo del reattore della centrale le quali conseguenze causarono la fuoriuscita di materiali e nubi radioattive.
Il sociologo Ulrich Beck pubblica (per puro caso pochi giorni dopo la catastrofe di Chernobyl) il libro “La società del rischio. Verso una seconda modernità”. Nel suo libro, il sociologo tedesco presenta la sua originale tesi secondo la quale la società industriale di oggi, nel creare ricchezza, produce inevitabilmente anche rischi, legati al carattere complesso e quindi difficilmente controllabile delle grandi tecnologie. Beck parla di rischi legati alle conseguenze non previste del progresso e alla perdita del controllo da parte dell’uomo sulle macchine.
Il Coronavirus e lo smarrimento dell’uomo
Il Coronavirus ha fatto luce ancora una volta sui problemi che ha portato e continua a portare la globalizzazione. Le prime misure di sicurezza sono state prese in tutti gli aeroporti del mondo, ma nonostante questo, secondo gli esperti sanitari, non vi è modo per impedire completamente l’arrivo del misterioso virus.
Zygmunt Bauman, sociologo polacco, definì con il termine tedesco “Unsicherheit”, le più dolorose angustie contemporanee designando il complesso delle esperienze definite nella lingua inglese “insecurity” (insicurezza esistenziale) e “unsafety” (assenza di garanzie di sicurezza).
Secondo la teoria di Bauman, per quanto intensi siano gli sforzi, è illusorio credere di poter individuare soluzioni locali a problemi che risultano inevitabilmente globali. L’uomo, da una parte perdendo fiducia nello Stato oramai incapace di difenderlo dalle decisioni globali, e dall’altra perdendo la sua identità in balìa di una quantità irrazionale di stimoli culturali diversi, non fa altro che desiderare la fuga in una «voglia di comunità», che sia una comunità chiusa, che gli faccia ricordare la sicurezza di un ambiente piccolo e familiare. Questo richiamo alla comunità costituisce, per Bauman, una risposta sbagliata a difficoltà reali.
Nell’attuale fase di sviluppo economico, si può parlare di una globalizzazione che investe tutti i campi della vita sociale. Globalizzazione economica (crisi economiche mondiali), globalizzazione ambientale (global warming), globalizzazione informatica (internet e social media), globalizzazione sanitaria (di cui il coronavirus ne è un esempio lampante) ecc.., sono realtà che condizionano l’uomo in modo totalmente diverso rispetto al passato e il sentimento ormai diffuso è quello di impotenza nei confronti di un mondo nuovo e, allo stesso tempo, imprevedibilmente rischioso.
La domanda che a questo punto ci si dovrebbe porre verterebbe sul ruolo investito dai sapienti di questa nuova modernità, i veri detentori delle informazioni necessarie a comprendere i rischi che corre il mondo globale e quanto saranno effettivamente disposti ad adottare un approccio etico (non considerando, dunque, le delicate dipendenze economiche che si celano dietro questi nuovi pericoli) mettendosi a disposizione dell’uomo, avvertendolo sinceramente in caso di situazioni nuove, inattese o fuori controllo.