Il Congresso di Vienna, 9 giugno 1815

Parliamo di Storia.

Con il termine tecnico Lungo Ottocento si intende una classificazione cronologica avanzata dallo storico Eric Hobsbawm secondo la quale si indica il XIX secolo, sul piano storiografico, avente inizio il 1789 e fine il 1914 -al posto delle date convenzionali 1801-1900- poiché profondamente pilotato dalla Rivoluzione Francese e dagli eventi che condussero allo scoppio della Prima Guerra Mondiale.

 

Klemens von Metternich

 

Esistono innumerevoli interpretazioni cronologiche sulla suddivisione dei periodi storici, il che inevitabilmente non consacra la visione di Hobsbawm come definitiva -soprattutto per ciò che concerne il Diciannovesimo e il Ventesimo secolo-, tuttavia personalmente di questa sua versione condivido l’identificazione del Congresso di Vienna come chiave di volta responsabile della concatenazione di eventi che si sarebbe, da lì in avanti, susseguita. In particolar modo , fu un passaggio cruciale che stravolse l’andamento della storia italiana in maniera inaspettata.

 

La Battaglia di Waterloo.

 

Il Congresso di Vienna viene abitualmente visto come l’episodio che segna la fine delle guerre Napoleoniche,  anche se ebbe luogo più di una settimana prima dello scontro decisivo svoltosi presso Waterloo. Perché allora può essere considerato un Turning Point e non un semplice punto di fermo? L’esperienza napoleonica, nella sua alienante unicità, fu comunque figlia della Rivoluzione Francese,un derivato diretto degli ideali di quest’ultima, e colonna portante dei sentimenti post-rivoluzionari ed antimonarchici(nell’accezione tradizionale del termine) in Europa Occidentale. Avvicinandosi la conclusione della seconda esperienza di governo napoleonico, i grandi imperi dell’Ancièn Regime (Inghilterra, Russia, Austria e Prussia) si riunirono il primo novembre 1814insieme ai vecchi regnanti francesi a Vienna, sotto l’egida del diplomatico austriaco Klemens von Metternich. Il loro obiettivo, incredibilmente reazionario e totalmente contro la tendenza verso cui virava la società del primo Ottocento, era quello di restaurare in toto i principi monarchici del 1600, cercando in ogni modo di nullificare i valori e i progressi rivoluzionari che i moti francesi portarono in Europa nel 1789.

 

Vignetta satirica sulla spartizione dei poteri al Concerto delle Nazioni.

 

In base ai cosiddetti principi di legittimità di equilibrio, i regnanti di fatto si spartirono il controllo del continente assegnando numerose aree di influenza e istituendo vari stati cuscinetto, al fine di tenere a bada la Francia ed evitare che una situazione come quella napoleonica potesse ripetersi. Effetto collaterale di questo vulgar display of powerfu in primo luogo la radicalizzazione dei sentimenti nazionalistici ed identitari, in particolare nell’area balcanica e mediterranea. I principi egualitari ed antimonarchici diffusi dalla Rivoluzione Francese ebbero enorme successo in queste aree, e la loro soppressione arbitraria venne vista come un affronto anacronistico. Secondariamente ne conseguì l’effettiva ridefinizione della geopolitica europea, così profonda da stravolgere interamente l’assetto che si era creato nei precedenti cinquant’anni.

 

L’Europa dopo il Congresso

 

Il Sacro Romano Impero, sciolto ufficialmente nel 1806, non fu ricostituito, e al suo posto venne creata una confederazione di stati tedeschi che essenzialmente fu la base su cui Bismarck fonderà l’Impero Tedesco. Ben più radicale fu l’intervento sulla penisola italiana: la flebile tendenza unitaria incoraggiata da Napoleone stesso venne stroncata sul nascere e il teatro venne nuovamente frammentato, riportando la situazione a livelli medievali. L’eccessiva strumentalizzazione politica del popolo italiano da parte dei vecchi imperi portò ad una crescente volontà irredentista che dopo l’esperienza dei moti del 1848 sfocerà nelle Guerre d’Indipendenza Italiane, mentre l’Impero Austriaco dovette affrontare un disastroso declino di prestigio internazionale: offuscato dalla nascente superpotenza tedesca e dalla spinta centrifuga dei nazionalismi slavi, arrancherà fino alle porte della Prima Guerra Mondiale con un solo intento: sopravvivere all’avvento del nuovo secolo. Inoltre, la tentata spinta della Restaurazione venne obliterata dal neonato fenomeno del decolonialismo e dall’ascesa delle sovranità nazionali nel Nuovo Mondo.

 

 

Nel corso del Lungo Ottocento, eccezion fatta per i casi sopracitati, le misure prese dal Congresso di Vienna soccombettero agli articolatissimi giochi diplomatici che i baluardi dell’Antico Regime intrapresero nell’epoca del vapore, rendendo di fatto tali provvedimenti totalmente inefficaci per i loro scopi ma incredibilmente influenti a livello storiografico: senza il Congresso, verosimilmente si sarebbe creato uno scenario parallelo le cui ramificazioni non avrebbero portato ai nostri due conflitti mondiali.

Per quanto detto Concerto delle Nazioni (soprannome del Congresso) possa essere considerato una forma embrionale di una Società delle Nazioni, la visione di Hobsbawn si rivela infine tragicamente efficace nel constatare la totale inefficacia della negazione del cambiamento: per quanto macchiati dall’alienazione napoleonica, gli ideali della Rivoluzione uscirono da questo tormentato angolo di storia più forti che mai, tanto da indurre l’avvento di nazioni che senza di esso sarebbero rimaste solo una lontana ipotesi.

 

La Carboneria fu una delle conseguenze imputabili alla politica restaurazionista.

 

«L’Europa è in fiamme: dalle ceneri sorgerà un nuovo ordine di cose, o, meglio, l’antico ordine apporterà la felicità ai nuovi regni» disse Metternich all’apertura delle sedute. Considerando le tendenze politiche che imperversano al giorno d’oggi, sarebbe saggio fare un esame retrospettivo degli avvenimenti per imparare dalla Storia e non dimenticarci che, bene o male, si ripete sempre.

 

Andrea Vigorito